Dopo un lungo e acceso dibattito, il governo israeliano del leader di estrema destra Bennet ha incassato stanotte in parlamento una bruciante sconfitta. Esulta l’ex premier Netanyahu che, pur favorevole alla legge, ha votato contro per dare una spallata al nuovo esecutivo
della redazione
Roma, 6 luglio 2021, Nena News – Al primo test politico, il neo governo israeliano di Bennet è caduto: dopo un lungo e acceso dibattito che si è prolungato per tutta la notte, infatti, il parlamento israeliano non è riuscito a far passare la controversa legge che impedisce i ricongiungimenti familiari ai palestinesi dei Territori Occupati (Cisgiordania o Gaza) sposati con quelli con cittadinanza israeliana. Il risultato parlamentare di ieri è stato di 59-59, un “pareggio”che è in realtà una dura sconfitta per Bennet. Per il leader di estrema destra, questo voto doveva rappresentare anche un primo test di fiducia al suo governo formatosi a giugno con l’unione di elementi centristi, di sinistra (sionista) e anche di partiti arabi.
Ai due astenuti della Lista Araba Unita (che siede nella coalizione governativa), si sono aggiunti i voti contrari del blocco di destra guidato dall’ex premier Netanyahu. Si faccia però attenzione: la contrarietà dell’opposizione di destra non è affatto per il contenuto della legge che il leader del Likud condivide, ma perché non far passare l’estensione del provvedimento voleva dire provare a dare una spallata al fragile governo Bennet. Durante il dibattito parlamentare, proprio quest’ultimo aveva accusato Netanyahu e i partiti suoi alleati di “giocare con la sicurezza di Israele” e di voler eliminare uno strumento “fondamentale” per prevenire il “terrorismo”. L’ex primo ministro gli aveva replicato dicendo che “il ruolo dell’opposizione è quello di rovesciare il governo. Un governo pericoloso e fondato su forze antisioniste che non è in grado di preservare il carattere ebraico dello Stato di Israele”.
La legge sulla cittadinanza risale al 2003 (è stata rinnovata anno per anno) e fu approvata allora come “necessità per evitare il terrorismo”. Si era in piena Seconda Intifada quando diversi attentati furono compiuti anche da alcuni palestinesi in possesso di documenti israeliani. Ma il motivo – non detto pubblicamente – di questa legge è forse soprattutto un altro: la necessità da parte di Tel Aviv di impedire la crescita demografica della popolazione “araba” in Israele per mantenere così la “maggioranza ebraica”.
Fu comunque proprio la giustificazione ufficiale di prevenire “atti di terrorismo” che portò la Corte Suprema israeliana nel 2012 a respingere la petizione di alcuni gruppi di diritti umani locali contro questo provvedimento giudicato da loro “discriminatorio”. Una decisione, quella del massimo tribunale israeliano, che non ha posto quindi fine ad una misura che continua a incidere fortemente sulla vita di migliaia di palestinesi d’Israele e dei Territori Occupati: pur di vivere insieme al proprio coniuge, numerosi cittadini palestinesi d’Israele sono stati costretti a trasferirsi in Cisgiordania o a Gaza.
Secondo alcuni osservatori, con il fallimento del voto di ieri, ora migliaia di palestinesi sposati a cittadini israeliani potrebbero rivendicare finalmente i loro diritti di cittadinanza. Una possibilità che appare però più una pia illusione che qualcosa di veramente fondato. Nena News