Via libera all’Operazione “Sinjar Libera”, lanciata dal Consiglio di Sicurezza regionale curdo per strappare il distretto agli uomini del Califfato. Gli obiettivi: proteggere i civili rimasti dopo il massacro degli yazidi lo scorso anno, separare i territori dello Stato islamico in Siria e Iraq e creare una zona cuscinetto per proteggere il Kurdistan
della redazione
Roma, 12 novembre 2015, Nena News - E’ cominciata questa mattina l’offensiva delle forze curde irachene per la riconquista di Sinjar, occupata la scorsa estate dai miliziani dello Stato islamico e teatro del massacro della minoranza yazida da parte degli uomini del cosiddetto califfato. Stando a quanto dichiarato dal generale Ezzedine Saadun all’AFP, i peshmerga starebbero avanzando su più assi per liberare il centro del distretto, aiutati dai raid della coalizione anti-Isis a guida Usa.
Il Consiglio di Sicurezza regionale curdo ha dichiarato all’Associated Press che a poche ore dall’inizio delle operazioni le sue forze hanno preso il controllo di una parte dell’autostrada 47 isolando completamente Sinjar dalle roccaforti Isis in Siria e nell’Iraq settentrionale. I villaggi di Gabarra a ovest e di Tel Shore, Fadhelya e Qen sul fronte orientale sarebbero stati messi in sicurezza.
Fondamentali, secondo il generale Seme Busal, comandante di una delle linee del fronte, sono stati i raid della coalizione anti-Isis: “Le truppe [peshmerga, ndr] – ha dichiarato all’Associated Press – stanno tenendo le loro posizioni, in attesa di rinforzi e ulteriori attacchi aerei in modo che possano poi entrare nel centro della città. Gli attacchi aerei sono stati molto importanti per arrivare al punto dove si è ora”. A coordinare i raid, secondo una troupe dell’AP, ci sarebbe una piccola unità americana in cima a un colle lungo la linea del fronte.
La Coalizione ha reso noto che nel corso degli ultimi giorni sono stati effettuati 24 attacchi aerei che, tra gli altri obiettivi, hanno centrato nove unità tattiche dei militanti, nove aree di sosta e distrutto 27 posizioni di combattimento. Grande assente, anche questa volta, è Baghdad, che già lo scorso dicembre aveva ignorato le richieste del presidente curdo Barzani di inviare munizioni alle sue truppe e non aveva contribuito in alcun modo alla controffensiva lanciata dai peshmerga - poi fallita – per liberare il martoriato distretto nord-occidentale iracheno.
Sono molteplici gli obiettivi dell’offensiva, denominata “Operazione Sinjar Libera”: da un lato bloccare l’autostrada 47, che collega Mosul – la roccaforte irachena dell’Isis – alla sua omologa siriana Raqqa, per tagliare i rifornimenti del califfato che finora hanno tranquillamente attraversato i due paesi. “Riconquistare Sinjar – ha spiegato il comandante curdo Rawan Barzani al Washington Post – è fondamentale, perché l’Isis si troverà così a dover scegliere tra Raqqa e Mosul”.
Dall’altro, però, le forze curde lavorano per stabilire una zona cuscinetto che possa proteggere la città e i suoi abitanti dal fuoco dell’Isis. Nell’agosto dello scorso anno, infatti, l’offensiva del califfato sul distretto ha portato alla mattanza di gran parte dei suoi abitanti, gli yazidi, minoranza con una sua propria religione derivante dagli antichi culti mesopotamici. Accusati dai miliziani jihadisti di essere eretici e adoratori del diavolo, un numero imprecisato di uomini yazidi sono stati uccisi in massa, mentre le donne sono state violentate, schiavizzate e spartite per divertimento tra gli uomini del califfato al di qua e al di là della frontiera irachena.
Decine di migliaia di yazidi si sono rifugiati all’inizio di agosto di quell’anno sul monte Sinjar, assediati dai miliziani di al-Baghdadi. In quel momento la Coalizione ha cominciato a bombardare l’Isis, mentre i combattenti curdi siriani liberavano un sentiero su un fianco della montagna per far scendere i civili e ricondurli nel Kurdistan iracheno attraversando il territorio siriano. I prigionieri rimasti sono stati aiutati lo scorso dicembre dalla controffensiva dei peshmerga sull’altro fianco della montagna: molti dei civili sono riusciti a fuggire, ma le forze curde irachene sono state respinte dagli uomini del Calffato all’ingresso della città.
A monte, però, sta la necessità sempre più impellente di proteggere il Kurdistan iracheno, troppo vicino ai territori conquistati dall’Isis e, seppur risparmiato in passato dagli attacchi dei jihadisti, sempre più nel mirino di al-Baghdadi. Nena News