Venerdì 27 settembre si è conclusa la settimana di mobilitazione globale contro i cambiamenti climatici lanciata dal movimento Friday for Future. Importanti manifestazioni si sono svolte anche nei Balcani
di Marco Siragusa
Roma, 28 settembre 2019, Nena News – Il 20 settembre migliaia di studenti sono scesi in piazza nelle principali città dei Balcani in occasione del secondo sciopero globale contro i cambiamenti climatici. I movimenti chiedono ai propri governi l’attuazione urgente di politiche in grado di limitare l’inquinamento e l’impegno a ridurre l’utilizzo di materiali altamente inquinanti come la plastica. Le città della regione godono del triste primato di città piú inquinate d’Europa con gravi conseguenze sulla salute dei cittadini e sui bilanci statali in termini di costi sanitari.
Serbia
Alcune centinaia di persone, principalmente studenti delle scuole e universitari, hanno preso parte alla manifestazione organizzata dai movimenti Friday for Future Serbia e Serbian Green Youth nella capitale Belgrado. Il corteo ha attraversato le strade principali della città, ormai da anni al centro di importanti progetti di trasformazione urbana, per concludersi di fronte alla Facoltà di Filosofia dove si è tenuta un’assemblea pubblica. Nei cartelli che hanno colorato il corteo era possibile leggere slogan come “Svegliati e unisciti! I giovani chiedono cambiamenti”, “Non abbiamo un pianeta B, reagiamo adesso!”, ed ancora “Il capitalismo sta uccidendo il pianeta”.
Croazia
In Croazia sono state ben 4 le città coinvolte dalle manifestazioni di Friday for Future Croatia. Il corteo piú importante è stato quello organizzato nella capitale Zagabria che ha visto la partecipazione di circa mille persone. Il movimento chiede al governo l’adozione di un piano d’azione per la transizione energetica, l’abbandono dei progetti di costruzione di centrali termoelettriche che utilizzano combustibili fossili e del gasdotto adriatico-ionico. La protesta è stata sostenuta anche dalla Biblioteca Nazionale e Universitaria di Zagabria inserita all’interno del progetto Libraries 4 Future. L’iniziativa ha come obiettivo il coinvolgimento attivo delle biblioteche di tutto il mondo nel dibattito pubblico sulla crisi climatica tramite l’organizzazione di eventi pubblici e il libero accesso alle informazioni e agli studi sul tema. Nel 2018 la Biblioteca ha vinto l’IFLA Green Library Award grazie all’organizzazione del Green Festival in cui sono state presentate ricerche scientifiche all’avanguardia in materia di sostenibilità ambientale.
Oltre Zagabria, partecipati cortei di protesta si sono svolti anche nelle altre principali città croate come Osijek, Rijeka e Spalato.
Bosnia
Decisamente meno partecipate le manifestazioni in Bosnia-Erzegovina. All’appuntamento lanciato da Save the Children e Climate Save Bosnia presso la Fiamma Eterna di Sarajevo hanno partecipato poche decine di giovani. Tra le rivendicazioni principali la chiusura delle centrali termoelettriche e la definitiva approvazione della legge sulla protezione ambientale bloccata da ben 7 anni. Un centinaio invece i manifestanti a Mostar con un corteo che ha attraversato le strade del centro città.
Eppure la Bosnia è uno dei paesi piú coinvolti dai cambiamenti climatici in atto. Solo quest’anno sono state ben tre le inondazioni che hanno colpito il paese mentre lo scorso dicembre Sarajevo è stata dichiarata tra le capitali piú inquinate del mondo. In un dossier presentato a giugno di quest’anno da due associazioni ambientaliste bosniache, Arnika ed Eko Forum, la causa principale dell’inquinamento dell’aria è dovuto all’obsolescenza dei pochi complessi industriali ancora funzionanti, primo fra tutti l’acciaieria della Arcelor Mitteral (proprietaria dell’Ilva di Taranto) di Zenica. L’utilizzo del carbone per il riscaldamento delle abitazioni e delle centrali termoelettriche e l’utilizzo di auto inquinanti risalenti agli anni ’80 e ’90 sono tra le altre cause dell’elevato tasso di polveri sottili che soffoca il paese.
Kosovo
Un centinaio di giovani e giovanissimi si è radunato anche a Pristina, capitale del Kosovo, per protestare contro l’apertura di ulteriori centrali elettriche. Due di queste dovrebbero essere costruite all’interno del Parco Nazionale di Sharri.
Al centro della protesta di venerdí vi era anche l’opposizione al progetto di costruzione della centrale a carbone “Kosovo e Re”. Nato nel 2017 con la firma di un accordo tra il governo kosovaro e il consorzio statunitense ContourGlobal, il progetto aveva inizialmente ottenuto il sostegno della Banca Mondiale. L’anno successivo peró la Banca aveva bocciato l’iniziativa in quanto contraria all’obiettivo di riduzione dell’uso del carbone. Nonostante ció le autorità kosovare hanno confermato l’intenzione di proseguire nei lavori cercando altrove i finanziamenti necessari.
Albania
Global Climate Strike anche a Tirana, capitale dell’Albania. La mobilitazione è stata sostenuta da una lettera firmata da oltre 150 ONG nazionali e internazionali. Nel documento indirizzato al premier Edi Rama si chiede lo stop alla costruzione di ben 45 centrali idroelettriche lungo il fiume Vjosa e in particolare quella di Kalivac, già fortemente criticata per il suo impatto ambientale sia dalla Commissione Europea che dal Parlamento.
Altre manifestazioni si sono svolte a Podgorica (Montenegro) e Skopje (Macedonia).
Sebbene il numero dei partecipanti al Global Climate Strike nei Balcani non è per nulla paragonabile a quello degli altri paesi europei, le proteste hanno avuto il merito di porre al centro del dibattito pubblico una maggiore attenzione ai temi dell’ambiente e dei cambiamenti climatici in un’area che stenta ancora oggi ad attuare, o anche solo immaginare, un alternativo modello di sviluppo. Nena News