I segreti del successo del partito di Erdogan: controllo e censura di media considerati “ostili”, avvio di una campagna massiva contro i movimenti curdi dietro il paravento della lotta all’IS, demonizzazione delle opposizioni e gli attentati che hanno insanguinato prima Suruc, poi Ankara
di Francesca La Bella
Roma, 2 novembre 2015, Nena News - I dati delle elezioni turche sembrano parlare chiaro: il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) con il 49,41% dei voti e 316 seggi può formare un nuovo Governo senza necessità di coalizioni. Dopo che nelle elezioni di giugno, il Partito di Recep Tayyp Erdogan e Ahmed Davutoglu si era fermato al 40,87% e a 258 seggi configurando la necessità di elezioni anticipate a causa dell’impossibilità di creare un Governo di coalizione, la campagna elettorale serrata dell’AKP sembra aver premiato il Partito islamico, incoronandolo nuovamente alla guida del Paese. Per comprendere meglio i risultati di questa tornata elettorale e al cambio, apparentemente drastico, nelle scelte degli elettori, bisogna osservare attentamente questi cinque mesi di campagna elettorale e l’impatto degli eventi sul destino dei diversi partiti.
AKP: l’unico vero vincitore
La campagna elettorale dell’AKP è stata intensa e pervasiva e ha permesso al Governo uscente di ottenere altri quattro anni alla guida del Paese. Nonostante non siano stati raggiunti i 330 seggi minimi per la modifica della Costituzione, necessaria per permettere l’ampliamento dei poterei del Presidente della Repubblica come voluto da Erdogan, il supporto all’AKP sembra essere aumentato in maniera significativa in questi cinque mesi. Vari possono essere i fattori che hanno contribuito a questo incremento. Da un lato la non accettazione di mediazioni con gli altri Partiti e la forte spinta ad elezioni anticipate, ha convinto sia una percentuale di non-votanti sia una parte di sostenitori di altri gruppi a scegliere l’unico Partito che sembrava potesse offrire un Governo solido, stabile e duraturo. Il sentimento di insicurezza veicolato dalla guerra in Siria, dall’azione dello Stato Islamico (IS) e dal rinnovato aumento degli scontri tra Ankara e militanti curdi sembra aver spinto molti elettori verso la sicurezza rappresentata dall’AKP.
Le scelte del Governo in questi mesi si sono, dunque, dimostrate efficaci. L’avvio di una campagna massiva contro opposizioni di sinistra e movimenti curdi dietro il paravento della lotta all’IS ha polarizzato l’opinione pubblica, obbligando molti a una scelta di fronte. Allo stesso tempo, il controllo e la censura di media considerati “ostili” ha limitato le possibilità di propaganda di altre compagini, permettendo all’AKP di guadagnare spazi di espressione sempre più ampi e privi di voci discordanti. Infine, la demonizzazione delle opposizioni e gli attentati che hanno insanguinato prima Suruc, poi Ankara, hanno permesso al Partito di Erdogan di ergersi a tutore di una nazione sull’orlo della guerra civile, dove solo una mano forte avrebbe potuto riportare la stabilità. Da questo punto di vista sembra significativo far notare come, dopo l’annuncio della vittoria dell’AKP, sia gli indici di borsa, sia i valori della lira turca abbiano assistito ad un immediato incremento: una consacrazione della vittoria anche dal punto di vista economico.
CHP: un lieve incremento del sostegno non basta per governare
Il Partito Popolare Repubblicano (CHP) è il secondo Partito di Turchia. Nato dalla tradizione Kemalista e caratterizzato da una forte impronta laica, il Partito più longevo della storia turca ha, in queste elezioni, assistito a un lieve aumento dei suoi voti, rispetto alla tornata elettorale di giugno. Grazie al forte radicamento in alcune provincie occidentali come Smirne e Mugla, nonostante la campagna elettorale segnata da censure e violenze, il Partito Repubblicano è riuscito ad ottenere 134 seggi in Parlamento. La capacità del Partito guidato da Kemal Kilicdaroglu è stata quella di canalizzare lo scontento della popolazione per la deriva dittatoriale e censoria del Governo di Ankara, senza, però, assumere posizioni radicali. Da un lato il CHP non ha negato la sua disponibilità a possibili coalizioni con l’AKP come dimostrato nei colloqui successivi al 7 giugno, dall’altro, al momento della chiusura coatta di tre emittenti televisive, il Partito Repubblicano si è dimostrato inflessibile e pronto a avviare una campagna per la libertà di espressione.
Parallelamente, anche sul piano della lotta tra Ankara e militanti curdi nel sud est del Paese, il CHP ha assunto una posizione mediana, condannando sia il Governo per l’azione indiscriminata contro la popolazione curda e per l’innalzamento del livello di violenza nel Paese, sia il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) per aver indebolito il Partito Democratico del Popolo (HDP) scegliendo il ritorno alle armi dopo l’attentato di Suruc. In questa maniera, il CHP è riuscito a rafforzare la propria credibilità come Partito di opposizione moderato, pur non riuscendo ad ottenere una vera e propria vittoria che gli permettesse di entrare nel Governo.
MHP: il grande sconfitto
La campagna elettorale dell’AKP, chiaramente indirizzata a guadagnare il voto dei nazionalisti, sembra aver dato i risultati sperati. Il Partito del Movimento Nazionalista (MHP), in questa tornata elettorale, avrebbe, infatti, perso 39 seggi, la maggior parte a favore del Partito islamico. Le motivazioni alla base del crollo del quarto Partito di Turchia (per numero di seggi, ma terzo per percentuale di voti ottenuti) possono essere ben sintetizzate dalle parole pronunciate dal Segretario del Partito, Devlet Bahceli, al momento dell’annuncio dei dati elettorali: il clima di terrore diffusosi nel Paese a seguito di violenze e attentati, avrebbe convinto molti simpatizzanti del Partito nazionalista a scegliere, in questa seconda tornata elettorale, la stabilità di un Governo a guida AKP. Pur avendo superato la soglia del 10%, entrando di diritto nel Parlamento turco, il MHP si trova ora in una situazione di debolezza avendo perso voti e supporto anche nelle provincie da sempre fedeli al Partito, come Kilis ed Osmaniye. Dopo il rifiuto di Bahceli di qualsiasi coalizione e il rinnovato interventismo di Ankara contro il movimento curdo, molti elettori nazionalisti si sono riconosciuti nel nuovo corso del Partito di Governo ed hanno ri-direzionato il loro voto verso chi avrebbe potuto, vincendo, portare avanti, anche se con le dovute differenze ideologiche, il progetto nazionalista di Grande Turchia.
HDP: una vittoria a metà
Il partito turco-curdo vede un calo di circa tre punti percentuali rispetto a giugno e si attesta a 59 seggi. Un decremento significativo che non impedisce, però, al HDP di entrare in Parlamento e di continuare il proprio percorso nonostante le difficoltà oggettive attraversate in questi mesi. Molto è successo nelle aree del sud-est della Turchia a maggioranza curda dopo il 7 giugno: dopo un periodo di apparente pacificazione tra militanti curdi e Governo centrale, una nuova fase bellica si è aperta e continua ancora oggi.
Le azioni del PKK e delle sue milizie contro lo Stato turco, accusato di sostenere le azioni dell’IS nell’area e di seminare la paura reprimendo indiscriminatamente la popolazione locale solo perché curda, hanno portato a un intervento di ampia scala di Ankara nell’area. Dopo mesi di scontri armati in tutte le maggiori città delle provincie sud-orientali, arresti di militanti e rappresentanti politici e imposizioni di coprifuoco anche lunghe giorni, come nel caso di Cizre, le elezioni si sono svolte in un clima di grande tensione. La presenza di numerosi osservatori internazionali non ha impedito che venissero denunciati brogli e violazioni delle procedure in diversi seggi. Se in alcune cittadine, come Yuksekova, il Governo di Ankara aveva preventivamente vietato, per questioni di sicurezza, l’utilizzo delle scuole della città come seggi e la popolazione ha dovuto spostarsi nelle città vicine per votare, in altre città sono state denunciate azioni della polizia contro gli elettori e gli osservatori fuori e dentro ai seggi: scontri e gas lacrimogeni a Van, militari all’interno del seggio a Cizre, militari schierati a ridosso dei seggi nei principali quartieri di Diyarbakir.
Le condizioni di voto e lo stato di latente guerra civile degli scorsi mesi non basterebbero, però, a spiegare il calo dei voti diretti al HDP. Da un lato, a fronte di una situazione sempre più polarizzata, il HDP ha dovuto schierarsi, perdendo, come logica conseguenza, sia una parte di voti moderati sia una parte di voti radicali. Dall’altro, la grande vittoria di giugno aveva fatto sperare che fosse possibile giungere ad una soluzione della questione curda attraverso il canale parlamentare. Gli avvenimenti di questi mesi e la sfiducia nel Governo a guida AKP, hanno, in parte, ridimensionato questo sentimento. Sembra, però, necessario ricordare che il superamento della soglia del 10% era considerato, a giugno, un successo sperato, ma non sicuro e la presenza di 59 membri del HDP nel nuovo Parlamento rende questa tornata elettorale, comunque, vittoriosa per il Partito curdo-turco. Nena News