Ieri il presidente egiziano al-Sisi ha ratificato un provvedimento che limiterà le organizzazioni non governative locali e straniere. Pene fino a cinque anni di carcere e multe fino a 55.000 dollari per i trasgressori. Insorgono i gruppi della società civile
della redazione
Roma, 30 maggio 2017, Nena News – Continua in Egitto il giro di vite contro i gruppi della società civile. Sei mesi dopo l’approvazione della Camera dei rappresentanti egiziana, ieri, infatti, il presidente egiziano al-Sisi ha ratificato la controversa legge che regolerà (di fatto limiterà) le organizzazioni non governative. Secondo il nuovo provvedimento, le ong straniere dovranno pagare fino a 16.500 dollari per iniziare ad operare nel Paese e saranno costrette a rinnovare il loro permesso su base regolare. Nessuna organizzazione, inoltre, potrà pubblicare i risultati di uno studio o di un sondaggio senza il permesso dello stato. Il testo della riforma prevede anche la creazione di un organismo di rappresentanza dei servizi di sicurezza dello Stato (Amn Al-Dawla), dell’intelligence e dell’esercito. La legge impone alle 46.000 organizzazioni non governative attive nel paese di conformarsi entro un anno alla nuova legge, pena lo scioglimento. Secondo il nuovo provvedimento, inoltre, le donazioni superiori a 550 dollari dovranno essere approvate dal governo. Se ciò non dovesse avvenire entro 60 giorni, allora la richiesta dovrà essere considerata automaticamente rigettata.
L’esecutivo deciderà poi chi potrà costituire una ong e dovrà sapere per quale motivo lo vuole fare obbligando le associazioni ad agire all’interno del “piano di sviluppo dello stato” e restringendo le loro attività in aree non considerate dalle autorità locali una priorità. Le ong locali e straniere, si precisa nel testo, non dovranno svolgere attività politiche o compiere qualunque azione che possa danneggiare la sicurezza nazionale, l’ordine e la salute pubblica Una precisazione, quest’ultima, che è letta dai gruppi della società civile come l’ennesima conferma dell’intenzione al-Sisi di silenziare il dissenso. Pene severissime per chi non rispetterà il nuovo provvedimento: fino a cinque anni di carcere e multe fino a 55.000 dollari.
L’approvazione del testo lo scorso novembre da parte della Camera dei rappresentanti egiziani scatenò le proteste delle organizzazioni per i diritti umani e di diverse formazioni politiche di opposizione. Secondo loro, la riforma ha come obiettivo implicito quello di ostacolare la presenza delle ong in Egitto imponendo forti restrizioni sulle loro attività. Intervistato dalla Reuters, il direttore al Cairo dell’Istituto per gli studi dei diritti umani Mohammed Zaree, non ha usato giri di parole per commentare il nuovo provvedimento: “Questa è la legge peggiore della storia, lo stato sta operando senza strategia o visione”.
Zareh è una delle tante vittime della repressione del presidente golpista al-Sisi: non può lasciare il Paese ed è stato accusato di aver “ricevuto fondi da entità straniere per danneggiare la sicurezza nazionale”. Accuse che sono comuni a molti difensori dei diritti umani: oltre al divieto di viaggiare all’estero, molti di loro si sono visti congelare i beni nell’inchiesta del 2011 sul finanziamento straniero dei gruppi della società civile. Alle accuse mossegli contro, il regime si difende: i suoi provvedimenti mirano a proteggere lo stato. Le organizzazioni umanitarie, infatti, sono accusate dal governo di ricevere fondi stranieri per “seminare il caos” e molte di loro sono già sotto inchiesta per come hanno ottenuto i finanziamenti.
Ad essere colpite dalla riforma approvata ieri da al-Sisi saranno anche le organizzazioni non politiche. Quelle che, per intenderci, giocano un ruolo importante in campo sociale dando vestiti, cibo e fornendo cure sanitarie e istruzione agli strati più poveri della società (in Egitto milioni di persone vivono con meno di due dollari al giorno). Un contributo indispensabile se si pensa che il taglio dei sussidi, l’aumento dei prezzi in seguito alla svalutazione della moneta locale e l’innalzamento delle tasse hanno impoverito ancora di più gli egiziani. Proprio di fronte al peggioramento della situazione economica, Zaree sostiene che ai gruppi della società civile dovrebbe essere consentito di “operare per i bisogni della comunità offrendo i servizi che il governo non dà invece che essere interdetti nello svolgere le attività”. Nena News