Incontrandosi a New York, il presidente statunitense e il premier israeliano hanno discusso ieri della “minaccia” iraniana lasciando da parte, come era prevedibile, la questione palestinese. Il leader dello stato ebraico parlerà oggi all’Assemblea dell’Onu dove dovrebbe rivolgersi direttamente alla Guida Suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei
di Roberto Prinzi
Roma, 19 settembre 2017, Nena News – Combattere “l’influenza maligna dell’Iran” e “ottimismo nella regione” per il raggiungimento della pace tra israeliani e palestinesi. Questo, in sintesi, il risultato del terzo incontro ufficiale tra il presidente Usa Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Il vertice tra i due leader, tenutosi a New York il giorno prima dell’apertura dei lavori dell’Assemblea Generale dell’Onu, era stato anticipato dalle parole di Trump alla stampa in cui il presidente aveva espresso tutto il suo ottimismo verso la risoluzione del conflitto israelo-palestinese: “C’è una buona chance che ciò possa accadere. Molte persone dicono di no, ma io credo che con l’abilità di Bibi [Netanyahu] e l’altra parte abbiamo una possibilità. Stiamo lavorando duramente affinché ciò accada e vedremo quello che accadrà”. Parole vaghe, prive di alcun fondamento, giusto da dare in pasto alla stampa e a chi, all’interno dell’Autorità palestinese, crede (o finge di credere) al reale impegno Usa per risolvere la questione della Palestina.
La realtà dei fatti è invece ben diversa: come era prevedibile, infatti, il dramma palestinese è stato marginale nel loro incontro. I due alleati si sono limitati a ripetere il solito ritornello: “continuare gli sforzi per raggiungere un accordo di pace permanente” tra israeliani e palestinesi esprimendo “ottimismo” per la possibilità che la pace possa nascere “dall’espansione delle opportunità economiche”. Liquidata velocemente la causa palestinese, si è poi passati al vero tema: il “pericolo” Iran. Gli Usa, si legge in una nota rilasciata dalla Casa Bianca, “si sono impegnati a difendere la loro sicurezza e quella degli israeliani dagli iraniani e dai siriani”. “Le due parti – recita il comunicato – hanno discusso della loro ininterrotta cooperazione in una serie di campi e hanno sottolineato come i loro obiettivi siano contrastare l’influenza maligna iraniana nella regione e risolvere la crisi siriana secondo gli interessi americani e israeliani”.
Maggiori dettagli del loro incontro sono stati rivelati alla stampa dallo stesso Netanyahu, apparso visibilmente soddisfatto per il risultato del meeting con Trump. Secondo il premier, infatti, l’amministrazione Usa vuole modificare l’accordo sul nucleare iraniano: “Gli americani – ha spiegato – hanno cambiato il loro approccio verso l’Iran. Noi consideriamo come loro questa intesa terribile. C’è un reale interesse da parte statunitense a risolvere i problemi dell’accordo”. Tra questi, ha aggiunto il premier, quello “più grande non è se l’Iran viola l’accordo, ma se lo rispetta. A breve avranno accesso all’arricchimento dell’uranio su scala industriale e potranno costruire un arsenale di bombe atomiche. E’ questo il problema più grande dell’accordo”. Non poteva poi mancare l’ennesima frecciata ad Obama: “La posizione del presidente Trump sull’Iran è identica alla nostra. Non era così con la precedente amministrazione. Come noi, il presidente ritiene l’Iran la radice di tutti i problemi del Medio Oriente”.
Ecco perché, nonostante il “forte desiderio” di promuovere la pace tra israeliani e palestinesi espressogli personalmente da Trump, Netanyahu ha detto che l’inquilino della Casa Bianca si concentrerà nel discorso di oggi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite soprattutto sull’Iran. Trump, ha rivelato Bibi, “non è entrato nei dettagli nelle questioni [affrontate]. Spera che ci saranno progressi con i palestinesi e ha dato ad un suo team il compito di realizzarli. Jared Kushner, Jason Greenblatt e David Friedman sono persone eccellenti. Condivido il suo desiderio di giungere alla pace, ma non comprometterò i nostri interessi vitali, soprattutto la sicurezza” perché “pace e sicurezza, sicurezza e pace sono connesse. Non ci sarà la pace senza che Israele abbia accordi di sicurezza inviolabili. Una intesa senza sicurezza durerebbe esattamente due ore”.
La posizione fortemente anti-iraniana del premier trova ampi consensi in Israele. L’ultimo a ribadirlo è stato il capo del Mossad Yossi Cohen. Secondo quanto riportato domenica dal Canale due della televisione israeliana, per Cohen “l’Iran è la Nord Corea di ieri [il riferimento è al lancio missilistico di Pyongyang dell’altro giorno, ndr] per cui dobbiamo agire ora così da non svegliarci con la bomba nucleare [iraniana]”. Cohen è convinto che bisogna abbandonare la posizione prudente di altri ufficiali israeliani che chiedono invece a Tel Aviv di non spingere Washington ad una nuova “avventura” mediorientale visto quanto accaduto poco più di dieci anni fa con Saddam e le sue (inesistenti) armi di distruzione di massa.
Che l’Iran, con i suoi alleati regionali, resti la principale preoccupazione della coalizione governativa israeliana è dimostrato dal fatto che Netanyahu oggi (ore 19 italiane) dovrebbe rivolgersi direttamente alla Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Khamenei, nel suo discorso alle Nazioni Unite.
Intanto, da Gerusalemme, dove presenziava ieri ad una cerimonia per un nuovo campus dell’esercito israeliano, mostra i muscoli anche il ministro alla difesa israeliano Avigdor Liberman. Il leader di Yisrael Beitenu ha detto che “Israele è più preparato che mai ad un futuro conflitto militare, ma deve continuare a migliorarsi per rispondere alle crescenti minacce regionali”. Le dichiarazioni del vulcanico ministro sono state forse una risposta a quelle pronunciate poco prima dal Capo di Stato Maggiore dell’esercito iraniano secondo cui “Haifa e Tel Aviv saranno rase al suolo se il regime sionista farà una mossa sbagliata”. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir