Colpito l’aeroporto, voli ritardati. Il Sudafrica decide di investire 20 miliardi tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi, mentre crescono le accuse per la vendita di armi sudafricane alle petromonarchie
della redazione
Roma, 27 luglio 2018, Nena News – Stamattina la città costiera di Hodeidah, da mesi campo di battaglia tra la coalizione a guida saudita e il movimento Ansar Allah dei ribelli Houthi, è stata di nuovo colpita come accade da tempo: sei pescatori sono stati uccisi, altri 22 feriti, quando un raid aereo ha centrato tre barche.
Sempre più pericoloso per i pescatori yemeniti avventurarsi in mare, tra bombardamenti sauditi, arresti e confische delle piccole imbarcazioni con l’accusa di trasportare armi per i ribelli. Che continuano comunque nella loro resistenza contro l’offensiva militare iniziata nel marzo 2015: dopo essere arrivati con i missili fino a Riyadh, ieri secondo la tv al-Masirah – legata agli Houthi – un drone avrebbe colpito l’aeroporto internazionale di Abu Dhabi.
Le autorità degli Emirati Arabi negano e quelle aeroportuali parlano solo di un incidente a un veicolo che non ha provocato ritardi nei voli senza fare riferimento al drone. Diversa la versione dei passeggeri che sui social riportavano di diversi voli in ritardo. Per l’ala militare Houthi il drone ha volta per 1.500 km prima di raggiungere Abu Dhabi: per il portavoce Houthi, il generale al-Jafri, la prova delle capacità del movimento di mettere a rischio le infrastrutture dei paesi della coalizione sunnita.
“Siamo in guerra, veniamo attaccati ogni giorno – ha detto ad al Jazeera un altro portavoce, Mohammed Abdul-Salam – La nostra gente viene massacrata ogni giorno, le nostre città e i nostri aeroporti colpiti dalla coalizione sauditia-emiratina. Dunque perché si sorprendono se attacchiamo le loro posizioni?”. È di pochi giorni fa, infatti, un altro attacco: i ribelli hanno colpito due petroliere saudite nel Mar Rosso, provocando la sospensione del trasporto di greggio nello strategico stretto di Bab al-Mandab, uno delle prede più succose della guerra.
E mentre torna ad esplodere l’epidemia di colera in Yemen, dopo mesi di crisi con oltre 2mila morti e milioni di contagi (3mila i nuovi casi solo a luglio, secondo Save the Children), sul lato degli sponsor della coalizione l’attenzione si sposta da Stati Uniti ed Europa al Sudafrica: il presidente Ramaphosa, a conclusione di una visita tra Riyadh e Abu Dhabi, ha investito 10 miliardi di dollari per ognuno dei due paesi. Un rapporto che si inserisce all’interno dell’incremento costante della vendita di armi alle due petromonarchie dall’inizio della guerra contro lo Yemen.
Secondo il South African National Conventional Arms Control Committee (Ncacc), tra il 2016 e il 2017 il Sudafrica ha venduto armi, sistemi di sorveglianza, munizioni e veicoli blindati a sauditi ed emiratini per un valore di quasi 230 milioni di dollari. Il Ncacc cita video, apparsi su al-Masirah, dove si vedono armamenti sudafricani impiegati sul campo yemenita, tra cui un drone Seeker II con su scritto “Made in South Africa Carl Zeiss Optronics Pty Ltd”.
È invece dello scorso giugno la visita a Riyadh dell’ex presidente sudafricano Zuma per l’inaugurazione della fabbrica militare al-Khari, costruita con un investimento di 240 milioni di dollari in collaborazione con l’azienda sudafricana Rheinmetall Denel Munitions. Produce un minimo di 300 razzi di artiglieria e 600 proiettili al giorno.
E se il flusso di armi verso il Medio Oriente è in costante aumento negli ultimi anni, il Sudafrica riesce a occupare le prime posizioni tra i primi esportatori di armi verso Abu Dhabi. Eppure la legge interna vieta “il trasferimento di armi convenzionali a governo che sistematicamente violano o sopprimono i diritti umani e le libertà fondamentali” e “il trasferimento di armi convenzionali che possono contribuire all’escalation di conflitti militari regionali”. Nena News