Il co-leader dell’Hdp, in prigione dal 4 novembre scorso, non si presenta in tribunale. Si conclude domani la marcia per la giustizia indetta dal Chp, presente anche il partito di sinistra pro-kurdo
della redazione
Roma, 8 luglio 2017, Nena News – “Sono ancora un parlamentare con immunità. Rappresento la volontà del popolo. Trovo illegale e immorale essere ammanettato per un viaggio lungo ore. Il mio diritto a un giusto processo è stato impedito”.
Con queste parole Selahattin Demirtas, co-leader del Partito Democratico dei Popoli (Hdp), fazione di sinistra pro-kurda, in prigione insieme ad altri 10 parlamentari dal 4 novembre scorso, ha spiegato le ragioni del rifiuto a presentarsi in tribunale.
L’udienza era prevista per ieri ma Demirtas ha rifiutato di essere ammanettato nel veicolo che lo stava conducendo in una Ankara blindata dalla polizia: gli ufficiali della gendarmeria turca hanno imposto le manette, pena il rinvio del processo. Demirtas si è opposto. È saltata così la prima udienza in cui il co-leader sarebbe stato presente fisicamente nella corte penale di primo grado: le precedenti si erano tenute via etere, attraverso un video.
Su Demirtas pesano accuse di sostegno al terrorismo per un secolo e mezzo di carcere, fato condiviso con la co-presidente dell’Hdp Figen Yuksekdag. Attraverso gli avvocati Demirtas ha inviato un messaggio ai suoi sostenitori: “L’avevo detto il giorno precedente e doveva essere chiaro: se fossi stato portato all’udienza, mi sarei rifiutato di essere ammanettato durante il trasporto. […] Il caso in cui sono imputato non ha ancora una data precisa, anche se sono passati otto mesi. Resisteremo all’ingiustizia in ogni circostanza e proteggeremo la dignità del volere della gente che rappresentiamo”.
E mentre i suoi co-presidenti restano in prigione insieme a otto parlamentari, l’Hdp annuncia la partecipazione alla manifestazione di chiusura della marcia per la giustizia indetta dai repubblicani del Chp, prevista per domani a Istanbul.
Dopo 480 km di cammino, 24 giorni di marcia, decine di migliaia di persone sono in dirittura di arrivo. Destinazione il carcere nel distretto di Maltepe dove è detenuto da quasi un mese il deputato Chp Enis Berberoglu, condannato a 25 anni di prigione per aver passato al quotidiano Cumhuriyet le informazioni sulla consegna di armi dai servizi segreti turchi agli islamisti attivi in Siria.
Con la propria adesione l’Hdp spera – e lo dice esplicitamente nel comunicato di ieri – di “portare avanti la lotta e continuare a costruire, contribuendo alla democratizzazione” del paese. Parole che in qualche modo ricalcano quelle del leader del Chp, Kemal Kilicdaroglu, nonostante le tante differenze con la sinistra rappresentata dall’Hdp. Ieri, in preparazione dell’arrivo a Istanbul ha ribadito che la marcia non è solo una richiesta di rilascio per il proprio deputato, ma una camminata per chiunque voglia giustizia.
Nel mirino dei repubblicani, che puntano a farsi partito leader del fronte delle opposizioni, schiacciato dalla super alleanza Akp-Mhp, c’è lo stato di emergenza, una lotta con la quale hanno portato in piazza 50mila persone (ma nel comizio finale gli organizzatori ne aspettano un milione) e attirato l’ira di Erdogan che ha accusato il Chp di incitare al terrorismo. Nena News