La Commissione Intelligence del Senato pubblica un rapporto in cui accusa i servizi segreti di torture sistematiche e inutili contro i prigionieri sospettati di terrorismo. Si temono reazioni in Medio Oriente. La CIA si difende con una sentenza della Corte Suprema israeliana.
di Chiara Cruciati
Roma, 10 dicembre 2014, Nena News – Allerta in tutto il mondo arabo: il rapporto della Commissione Intelligence del Senato Usa, resoconto di 500 pagine che anticipa l’approfondita analisi dei metodi della CIA post-11 settembre, fa tremare le ambasciate all’estero. La Casa Bianca non nasconde la preoccupazione: dopo cinque anni di indagini, il re è nudo. È nudo Bush, l’allora presidente Usa, è nudo Obama che deve ora giustificare il programma sistematico e terribile di torture nel più vasto contesto delle nefandezze compiute in nome della guerra al terrorismo.
Durante l’amministrazione del guerrafondaio Bush junior, si legge nel rapporto lungo 6.300 pagine e che analizza i casi di 119 prigionieri, i servizi segreti Usa hanno portato avanti “un programma di interrogatori”, ovvero torture sistematiche, contro individui sospettati di aver commesso o voler commettere atti di terrorismo, all’interno di carceri segrete oltre mare. Il noto waterboarding, privazione del sonno, isolamento, pestaggi, scariche elettriche, minacce di abusi sessuali, idratazione rettale per i prigionieri tenuti in interrogatorio per giorni senza bere né mangiare.
Per molti non è certo una novità: da anni si parla dei metodi alla Guantanamo e alla Abu Ghraib, i famigerati carceri a Cuba e in Iraq, dove soldati e funzionari dei servizi segreti umiliavano, torturavano, picchiavano i prigionieri vestiti con la tuta arancione. La stessa che oggi i miliziani dell’Isis fanno indossare agli ostaggi occidentali prima di decapitarli.
Il Senato ci va giù pesante. I metodi utilizzati per far confessare i presunti terroristi – o semplicemente per farli crollare psicologicamente e fisicamente – non sono serviti a niente: si tratta – dice il rapporto – di tecniche “brutali e inefficaci, che hanno indotto sofferenze e dolore”. Ovvero una mera punizione e non metodi di inchiesta reali. Non solo: la CIA sapeva bene quanto accadeva ma ha minimizzato e “fornito più volte informazioni inaccurate al fine di ostacolare un’appropriata indagine sui metodi di interrogatorio”.
La CIA ha mentito. Un terremoto politico per un Obama già alle prese con scandali e fallimenti ereditati dal predecessore. Il presidente si è affrettato a condannare tali misure “contrarie e incompatibili con i nostri valori” e ad accusare la sua stessa intelligence di aver “danneggiato significativamente l’immagine dell’America e la sua posizione nel mondo”.
Ed è questo il timore maggiore: rappresaglie, vendette, azioni contro i simboli del potere Usa all’estero, soprattutto in Medio Oriente. Alle ambasciate è stato imposto lo stato d’allerta massimo: non sarebbe la prima volta che simili scandali provocano la rabbia delle popolazioni interessate, soprattutto in Medio Oriente, azioni estemporanee ma a volte utilizzate a dovere da gruppi che puntano a rafforzare le proprie posizioni a livello locale. “Ci sono indicazioni che la pubblicazione del rapporto potrebbe mettere a rischio strutture e individui Usa nel mondo – ha detto il portavoce della Casa Bianca, John Earnest – Per questo l’amministrazione ha preso misure di sicurezza da attuare in loco”.
La CIA tenta di difendersi: il direttore Brennan ha ripetuto ieri che le tecniche usare negli interrogatori “hanno garantito informazioni e contribuito a evitare attacchi e quindi a salvare vite umane”. E spingendosi ben oltre il limite, la CIA ha detto che i metodi utilizzati sono serviti a ottenere informazioni vitali: “Impossibile immaginare come avremmo potuto ottenere gli stessi risultati nella riduzione del potenziale di Al Qaeda senza le informazioni dei prigionieri”. Un’eventualità che il Senato rigetta: nella maggior parte dei casi la tortura non ha affatto contribuito a fornire informazioni di intelligence o a prevenire attacchi.
Ai servizi segreti Usa resta l’ultima carta, offerta dall’alleato israeliano: per salvarsi la faccia, i legali della CIA hanno tirato fuori dal cilindro – come fosse una giustificazione alla tortura sistematica e terribile di prigionieri – una sentenza della Corte Suprema israeliana. Nel momento in cui l’inchiesta del Senato è partita, i servizi segreti hanno subito tentato di difendere i propri metodi e alla Commissione Intelligence hanno mostrato la decisione dell’Alta Corte di Tel Aviv che giustifica l’uso della tortura “per prevenire imminenti, significativi danni fisici a persone, se non ci sono altri mezzi per impedirli”.
La sentenza in questione, risalente alla fine degli anni ’80, vieta ai servizi di sicurezza israeliani l’uso della tortura negli interrogatori di sospetti, ma permette “l’uso moderato di pressione fisica” nel caso in cui l’informazione cercata sia urgente. La CIA con l’acqua alla gola, certa della condanna, aveva tentato l’ultima carta, non certo la migliore per salvare la pelle. Nena News