Teheran ha annunciato di aver rilasciato temporaneamente 70.000 detenuti per limitare il Covid-19. Ma, denuncia il commissario speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran Javed Rehman, tra questi ci sono solo quelli con pene inferiori ai 5 anni e non quelli politici, molti dei quali arrestati durante le proteste anti-governative di novembre
della redazione
Roma, 11 marzo 2020, Nena News – Un appello alle autorità iraniane per liberare temporaneamente tutti i prigionieri politici rinchiusi nelle carceri iraniane nel tentativo di fermare la diffusione del Coronavirus. A farlo è stato ieri il Commissario speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran, Javaid Rehman. La richiesta di Rehman nasce dopo che la magistratura iraniana lunedì ha deciso di rilasciare temporaneamente 70.000 detenuti così da limitare il contagio del Covid-19. L’Iran, dopo la Cina, Sud Corea e l’Italia, presenta finora i casi più alti di diffusione del virus al mondo: sono più di 8.000 le persone risultate positive al Coronavirus, almeno 291 i morti. Tuttavia, ha fatto notare ieri il Commissario dell’Onu, ad essere liberati dalle autorità giudiziarie rientrano solo coloro che stanno scontando pene per meno di 5 anni, mentre i prigionieri politici e altri che hanno ricevuto sentenze più gravi (molte delle quali collegate alla loro partecipazioni alle proteste anti-governative di novembre) restano ancora in carcere.
“Un numero di cittadini iraniani e dalla doppia nazionalità sono a serio rischio qualora dovessero prendere il Coronavirus. Hanno realmente paura per le loro condizioni”, ha detto Rehman durante una conferenza stampa tenuta a Ginevra. Alla domanda sul caso di attivisti come Narges Mohammadi – leader del bandito Centro dei difensori dei diritti umani, “forzatamente arrestata” nel 2015 secondo il Gruppo dei diritti umani Iran (IHR) – l’alto ufficiale ha parlato di “questione preoccupante”. “Pertanto – ha spiegato – ho raccomandato allo stato della Repubblica islamica dell’Iran di rilasciare tutti i prigionieri”. Un suo portavoce ha successivamente chiarito che Rehman si stava riferendo solo ai prigionieri politici e a quelli di coscienza.
Prima del rilascio temporaneo annunciato da Teheran questa settimana, le autorità iraniane, citate da un rapporto presentato a gennaio da Rehman al Consiglio dei diritti umani dell’Onu, avevano comunicato di avere 189.500 detenuti. Tra questi, ci sarebbero centinaia di persone arrestate durante le proteste anti-governative di novembre. “Sono molto preoccupato che centinaia se non migliaia di loro stanno affrontando difficoltà in prigioni sovraffollate” ha detto l’alto ufficiale dell’Onu, sottolineando come i carcerati dovrebbero essere sottoposti a test per il Coronavirus. Il rischio che il Covid-19 si possa essere diffuso nelle prigioni è alto per l’Onu: già lo scorso mese Rehman aveva denunciato come il sovraffollamento delle celle e le loro condizioni poco salubri stessero diffondendo malattie come tubercolosi ed epatite C. Citando poi alcuni detenuti, aveva anche riferito che i prigionieri avevano dovuto comprarsi il sapone. In una situazione del genere, ha ieri denunciato, le possibilità di contenere il Covid-19 sono “inadeguate”. Ma è in generale come Teheran sta affrontando l’emergenza virus che non convince affatto Rehman. “Secondo le mie stime, lo stato ha fatto troppo poco e troppo tardi [per fronteggiare il problema]”. Uno degli esempi citati è la decisione di fare le parlamentari lo scorso mese che hanno causato grossi assembramenti di persone nella città di Qom (dove si sono registrati molti casi del virus). “Abbiamo saputo, e abbiamo informazioni a riguardo, che poco è stato fatto concretamente e che tuttora l’azione [governativa] non è appropriata”. Nena News