Da 41 anni, ogni 6 novembre, il Marocco commemora l’anniversario della Marcia Verde. Quella che viene celebrata come una mastodontica missione sacra di reintegrazione territoriale è in realtà l’esordio dei soprusi ai danni del popolo sahrawi
di Daniela Minieri
Roma, 9 novembre 2016, Nena News – Il 16 ottobre 1975 la Corte Internazionale di Giustizia confermò l’assenza di legami giuridici tra il Sahara Occidentale e il Regno de Marocco. La sera stessa Re Hassan II indirizzò un risoluto discorso al popolo marocchino. Concedendosi la facoltà di interpretare liberamente le conclusioni della Corte a suo favore, il Re persuase il proprio popolo dell’appoggio dei giudici dell’Aia.
Fu pubblicamente rivelato un progetto che, preparato nella totale segretezza, andava sotto il nome in codice di “Operazione Fath”. Altro non era che l’annuncio della Marcia Verde, una marcia “pacifica” che avrebbe condotto 350.000 “pellegrini” a infrangere le frontiere del Sahara Occidentale.
Così fu. All’alba del 6 novembre fu superato il 27° parallelo che funge da frontiera tra il Marocco e il Sahara Occidentale. Travolto da un grande fervore, dal desiderio di entrare nella storia dell’umanità, Hassan II fece di questo avvenimento uno spettacolo internazionale chiamando sulla scena delegazioni di diversi paesi stranieri. Era l’azione decisiva: un abuso di potere, la sottrazione agli obblighi internazionali, l’invasione arrogante del Sahara Occidentale in nome di diritti storici e di una sovranità nazionale da difendere ad ogni costo.
L’ardore patriottico di Hassan II era il riflesso di un nazionalismo esasperato che si è servito della mobilitazione popolare attratta dalla forza accattivante e asfissiante dei mass media. Prima di abbandonare il trono, il diabolico artigiano della Marcia Verde disse del suo successore, Mohammed VI, attuale sovrano della monarchia alawita: «Non è come me e io non sono come lui. Ma a me interessa che faccia proprie due cose fondamentali: essere patriottico fino al sacrificio supremo e tenere stretto il potere qualsiasi cosa succeda».
Ogni 6 novembre, da quarantun anni, dalla capitale del Sahara occupato, Layooune, viene recitato l’inno colonialista marocchino: devozione nella difesa dell’unità e sovranità del Paese, preservazione della stabilità e sicurezza, perpetuazione dell’occupazione del “triangolo utile”, vale a dire del Sahara Occidentale.
Il ritorno all’Unione Africana: la propaganda ingannevole
Colpo di scena: quest’anno Sua Maestà il Re, Mohamed VI, ha tenuto il suo discorso di commemorazione dell’epopea nazionale marocchina, a Dakar, capitale senegalese. La scelta reale ha suscitato lo stupore della comunità internazionale. In realtà, si tratta di una strategia politica ben precisa: il ritorno del Marocco in seno alla famiglia istituzionale africana, l’Unione Africana, «senza chiedere il permesso a nessuno», o meglio a qualcuno.
Si ricordi che nel febbraio del 1982, la Repubblica Araba Sahrawi Democratica, RASD, diventò 51° membro di diritto dell’Organizzazione dell’Unità Africana (sostituita nel 2002 dall’Unione Africana). In segno di protesta, nel novembre del 1984 il Marocco si ritirò dall’Organizzazione, asserendo che «essendo uno dei fondatori dell’unità africana», non avrebbe potuto «esserne il seppellitore».
Il Senegal è stato scelto dal Re giacché appoggiò le ragioni marocchine dell’uscita dall’istituzione africana e perché «è stato in testa ai difensori dell’integrità territoriale e degli interessi superiori del Marocco» considerando la questione del «Sahara marocchino come causa nazionale propria».
Dakar è il punto di partenza di un tour nei Paesi sub-sahariani che il Re è intenzionato ad effettuare sempre nel quadro di questo ritorno all’Unione Africana con la promessa di poter dar voce al continente nei forum internazionali e di impegnarsi nella strategia di sviluppo settoriale in Africa. Questo ritorno gli permetterà di avere il sostegno necessario per difendere quelli che Rabat definisce «diritti legittimi» e per «correggere le contro-verità divulgate dagli avversari dell’integrità territoriale in particolare in seno all’Unione Africana».
Inoltre, lo sviluppo di una fitta rete di relazioni commerciali con i diversi Paesi del continente africano permetterebbe al Marocco di rafforzare la sua presenza economica nel continente e di legittimare l’occupazione del Sahara Occidentale. Invitando tutti gli Stati africani ad assumere con devozione e in uno spirito di collaborazione e solidarietà lo sviluppo e la stabilità delle «Province del Sud», il Marocco ha promesso a chi era e gli sarà fedele di essere il difensore dell’avvenire africano. Ovviamente, ad essere sacrificato ancora sarà il popolo sahrawi.
Questa machiavellica propaganda si inserisce, fra l’altro, in un momento di grande protagonismo internazionale per il Marocco. Marrakesch ospiterà fino al 18 novembre la COP22, vale a dire la ventiduesima edizione della Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico indetta dalle Nazioni Unite. Un’altra occasione per pubblicizzare l’occupazione del Sahara Occidentale disegnato come parte integrante del Marocco sul sito web dedicato alla Conferenza. Infatti, una quota crescente di programmi di energia rinnovabile che il Marocco promuove sul sito ufficiale della COP22, avranno luogo nel Sahara illegalmente e brutalmente occupato.
Siemens e l’italiana Enel sono le aziende più coinvolte in questo partenariato di “energia verde” con il Marocco. La Conferenza, iniziata il 7 novembre, è stata infatti inaugurata dal Ministro degli Affari Esteri marocchino, Salaheddine Mezouar, il quale non ha perso occasione per ricordare l’annuale celebrazione dell’occupazione del Sahara Occidentale da parte del proprio Paese durante il discorso di apertura.
L’invasione prima e l’occupazione e annessione poi del Sahara Occidentale, conforme ad altri casi storici di anschluss, è così promossa a livello internazionale. Mentre al di là del Mediterraneo si decanta la pace “per rendere il mondo un posto sicuro per la democrazia”, quella stessa democrazia è oggi complice e colpevole di aver inchiodato ad un muro minato le vite di un intero popolo, il popolo sahrawi, derogando a quel nocciolo duro di valori tanto osannati.
L’intera comunità internazionale, dominata dai suoi animali politici più selvaggi, è complice del dramma di un popolo sacrificato da anni in nome di bramosie di potere e di guadagno, un popolo che non ha acconsentito ai progetti di saccheggio delle proprie risorse, della propria terra. Un popolo umiliato da una propaganda storica, diplomatica e mediatica, ingannevole e repellente. Nena News
Signora Minieri, credo che prima di scrivere un articolo del genere si debba informare sulla storia del conflitto, e sulle prove che presenta il marocco sulla sua legittimità sul “sahara occidentale”.
“brutalmente occupato” non é per niente vero.. si assicuri che non sia lei sotto effetto di propaganda prima di accusare altri.
Questo conflitto é risultato dal colonialismo, e dal fatto che il marocco é stato colonizzato(protettorato) da spagna e francia assiemeche se lo sono sparito come vogliono, da qui nasce il problema che un pezzo dell’attuale Algeria era in realtà sotto il potere marocchino, per una questione di onore il marocco ha perso le sue terre all’algeria perché essa era governata da generali introdotti dalla Francia e dopo da sporchi comunisti, il tutto portò alla guerra…
Questo conflitto é il motivo per il quale l’algeria ha creato il fronte polisario ragruppando un paio di traditori marocchini (spie francesi e loro figli), e continua ad esserci perché c’é una gran rivalità fra i due paesi in ogni campo, e perché é una via molto utile a molti paesi, per usare il Marocco cheha bisogno di supporto internazionale
oltretutto le tribu nomadi nel deserto del “sahara occidentale” hanno sempre prestato fedeltà e obbedienza alle governance Marocchine (ne é prova la storia).
Signora Minieri, credo che prima di scrivere un articolo del genere si debba informare “Bene”
Dal 1975 fino ad oggi ONU non ha mai usato il termine “Occupazione” ha sempre usato il termine “territorio conteso” Usare il termine “occupazione” per indicare la presenza marocchina nel Sahara occidentale è sbagliato. Per legge: In un territorio conteso non si può parlare di “occupazione” parola che invece andrebbe applicata quando uno Stato invade un altro Stato sovrano e ne occupa una parte (IV Convenzione di Ginevra) il Sahara occidentale non è uno stato, è considerata un “territori non autonomo” per cui non si tratta di “Occupazione” ma di “territorio conteso”.