Israele rimuove i metal detector ma li sostituisce con telecamere. Il boicottaggio continua: all’alba preghiera ancora fuori dalla Spianata. Oggi meeting d’urgenza della Lega Araba
AGGIORNAMENTI:
ore 15.20 – ALTA CORTE ISRAELIANA: RESTITUIRE I CORPI DEI TRE PALESTINESI UCCISI IL 14 LUGLIO
Ieri la Corte Suprema israeliana ha ordinato la restituzione entro 30 ore dei corpi dei tre palestinesi, residenti a Umm al Fahem, uccisi dalla polizia israeliana il 14 luglio dopo aver sparato a due agenti, uccidendoli.
Intanto prosegue la protesta a Gerusalemme. Poco fa l’Associazione della Stampa estera ha denunciato il respingimento da parte israeliana dei giornalisti presenti nella zona: la polizia sta impedendo ai reporter di entrare in alcune parti della città vecchia. Conferma la stessa polizia, per bocca del portavoce Rosenfeld: “Ai giornalisti è vietato l’ingresso in specifiche aree dove ci sono scontri”.
ore 14 – FOTO E VIDEO – LA MARCIA DELLE DONNE
Stamattina in città vecchia un gruppo di donne palestinesi ha marciato a difesa della Spianata delle Moschee. Le foto e i video del nostro direttore, Michele Giorgio
ore 12 – TRA I FERITI IERI SERA MEDICI, GIORNALISTI E UNA BAMBINA
Ieri notte durante la protesta in città vecchia, la polizia israeliana ha attaccato i manifestanti ferendo tra gli altri mecici, giornalisti e una bambina di 10 anni. In migliaia hanno partecipato alla preghiera nottura dell’Ishaa, fino all’intervento della polizia che ha picchiato e disperso la folla. Subito sono scoppiati scontri in alcuni quartieri di Gerusalemme est con i giovani palestinesi che hanno lanciato pietre agli agenti.
I video pubblicati da Ma’an News:
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della redazione
Roma, 26 luglio 2017, Nena News – La protesta palestinese continua: a più di 24 ore dalla rimozione da parte delle autorità israeliane dei metal detector dalla Spianata delle Moschee, ieri e stamattina i fedeli musulmani hanno continuato a pregare fuori.
La ragione è l’annuncio di un nuovo piano, telecamere di sorveglianza ad alta tecnologia da implementare entro sei mesi che permettono di scansionare i volti e identificare chi entra nella Spianata. Per i leader religiosi musulmani, che ieri si sono riuniti per discuterne, cambia poco: telecamere o metal detector, resta l’elemento centrale scatenante le proteste, ovvero il controllo da parte israeliana della Moschea di Al Aqsa.
Questa mattina lo ha ribadito Ikrema Sabri, capo del Comitato supremo islamico: non torneremo fino alla rimozione delle telecamere. E, ha aggiunto, un avvocato in rappresentanza palestinese si metterà in contatto con Israele per affrontare la questione.
La rimozione dei metal detector era stata decisa dal governo israeliano, insieme ai servizi segreti (da subito contrari) e alla polizia (che aveva insistito per la nuova misura), dopo la crisi esplosa a Gerusalemme ma anche nei rapporti con il mondo arabo a partire dalla Giordania. L’accordo raggiunto con Amman – il ritorno della guardia dell’ambasciata israeliana che ha ucciso due cittadini giordani dopo essere stata aggredita con un cacciavite – aveva condotto poche ore dopo alla rimozione.
Ma non basta: i palestinesi insistono perché non intendono riconoscere a Israele il controllo della Spianata. E così ieri notte e stamattina all’alba il boicottaggio di Al Aqsa è proseguito. Da parte sua l’Autorità Nazionale Palestinese ha ribadito il congelamento dei rapporti con Israele, a partire dal coordinamento alla sicurezza. Ieri il presidente Abbas ne ha confermato la sospensione: “Tutte le misure messe in atto fino ad oggi devono essere rimosse e le cose tornare normali a Gerusalemme, così potremo riavviare le relazioni bilaterali”.
Israele continua ad affermare che le misure in questione sono legate esclusivamente alla sicurezza: ieri l’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, ha definito “il mantenimento della sicurezza la nostra priorità” mentre quella dei palestinesi “è accendere la violenza”. Una posizione rigettata dai palestinesi, secondo i quali il vero scopo israeliano è assumere lentamente il controllo di quello che definiscono il Monte del Tempio per una futura divisione del sito, come accaduto a Hebron con la Moschea di Abramo, dal 1995 divisa in due.
Ma soprattutto l’obiettivo palestinese è vincere una battaglia identitaria a Gerusalemme, città occupata secondo il diritto internazionale, in cui dal 1967 Israele porta avanti politiche volte alla riduzione della presenza palestinese attraverso discriminazione nei servizi, demolizioni di case, status legale atipico.
Prevista per oggi la riunione straordinaria della Lega Araba a cui prenderanno parte i ministri degli Esteri degli Stati membri. Secondo il comunicato della presidenza, il meeting è stato indetto “sulla base della richiesta della Giordania in coordinamento con l’Anp per discutere delle aggressioni e i provvedimenti israeliani adottati a Gerusalemme”. Nena News