Secondo l’esercito, l’attacco di stamattina a Beit Hanoun è “in risposta” al lancio di un razzo dalla Striscia verso il sud d’Israele. Sul quotidiano al Quds, intanto, il ministro della Difesa israeliano Liberman promette: “la prossima sarà l’ultima guerra a Gaza”. Bitan (Likud) propone: “revocare la cittadinanza al direttore della ong B’Tselem”
della redazione
Roma, 24 ottobre 2016, Nena News – L’aviazione israeliana è tornata stamane ad attaccare la Striscia di Gaza. Fonti della sicurezza palestinesi fanno sapere che ad essere colpita è stata una postazione militare di Hamas a est di Beit Hanun (nord di Gaza). L’attacco avrebbe provocato solo danni materiali.
Secondo l’esercito, il raid è “in risposta” al lancio di un razzo da Gaza verso l’area di Shar HaNegev (sud d’Israele) dove sono suonate in mattinata anche le sirene di avvertimento. “Un missile è stato sparato verso il sud d’Israele, ma non ha colpito il nostro territorio” si legge in una breve nota degli apparati di sicurezza dello stato ebraico. La radio pubblica israeliana sostiene che il razzo sarebbe caduto all’interno della stessa Striscia di Gaza. Nessun commento giunge per ora dal lato palestinese.
Come era prevedibile, Tel Aviv ha subito accusato Hamas di essere responsabile per l’attacco di oggi , sebbene a compiere gli attacchi siano stati recentemente altri gruppi armati palestinesi. Soprattutto cellule jihadiste affiliate all’autoproclamato califfato islamico che provano a colpire “l’entità sionista” (Israele), ma solo per provocare una reazione di quest’ultima contro Hamas, il movimento islamico che governa il piccolo lembo di terra dal 2007.
La schermaglia di stamattina a confine giunge nel giorno in cui il quotidiano palestinese al-Quds ha pubblicato (non senza suscitare molta rabbia tra i palestinesi) una lunga intervista al ministro della difesa israeliano Avigdor Liberman. Il leader di Yisrael Beitenu ha minacciato di distruggere “completamente” Hamas in una futura guerra, ma che al momento lo stato ebraico non ha alcun interesse ad iniziare una nuova offensiva su Gaza. Il falco Liberman ha poi affermato che lsraele sarebbe la prima a rimuovere l’assedio sulla Striscia, a costruire le infrastrutture economiche cruciali nel territorio palestinese (porto e aeroporto in particolare) se “il lancio dei missili, gli attacchi dai tunnel e gli spari finissero”. Una dichiarazione che avrà convinto ben pochi palestinesi che conoscono bene la profonda ostilità anti-araba di Liberman.
Il ministro ha poi lanciato dure bordate contro Hamas accusata di aver speso mezzo miliardi di dollari in infrastrutture militari trascurando la ricostruzione delle case distrutte (da Israele) durante l’offensiva Margine protettivo dell’estate del 2014. Il “pacifista” Liberman ha poi ribadito la sua idea di soluzione del conflitto israelo-palestinese: da un lato il trasferimento delle città arabe del Triangolo (centro d’Israele) al futuro stato di Palestina, dall’altro l’annessione d’Israele dei principali blocchi colonici della Cisgiordania. E sempre a proposito di pace, Liberman ha attaccato il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas accusandolo di non voler giungere veramente ad una pacificazione con gli israeliani.
Fa discutere, intanto, la proposta del parlamentare israeliano David Bitan di togliere la cittadinanza ad Hagai el-Ad, il direttore della organizzazione israeliana dei diritti umani B’Tselem. A monte della rabbia del governo contro el-Ad (premier Netanyahu in primis) vi è l’intervento che l’ong ha fatto due settimane fa al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite durante il quale ha denunciato l’occupazione israeliana e la costruzione illegale delle colonie nei Territori palestinesi in Cisgiordania. Il discorso di el-Ad ha mandato su tutte le furie Netanyahu che ha accusato la ong di “negare i diritti degli ebrei, di diffondere bugie e distorcere la storia”. Come ulteriore punizione, il primo ministro ha anche promesso che proibirà ai volontari del servizio civile di lavorare con l’organizzazione dei diritti umani.
In una intervista con il canale 2 israeliano Bitan, presidente della coalizione governativa alla Knesset nonché membro dello stesso partito di Netanyahu, ha proseguito quanto già tracciato dal premier: “ho esaminato se, legalmente parlando, posso chiedere al ministro degli interni di togliere la cittadinanza al direttore esecutivo di B’Tselem”. “Ho controllato – ha aggiunto – ma al momento non c’è alcuna possibilità legale di farlo. Ma [ad ogni modo] dobbiamo revocarla”. Secondo Bitan, le azioni di el-Ad sono “una palese violazione della fiducia che un cittadino israeliano deve avere nei confronti dello stato e, perciò, deve trovarsi una nuova nazionalità”.
La risposta della ong è stata affidata ad un comunicato: “da quasi 50 anni i palestinesi non hanno cittadinanza e diritti. Ora il presidente della coalizione, il messaggero del premier, vuole revocarla a chi parla contro questa realtà”. “Le minacce di Bitan – continua B’Tselem – non fermeranno né il nostro lavoro, né quello di migliaia di israeliani che si oppongono all’occupazione”. Dura anche la sinistra che giudica le dichiarazioni di Bitan “pericolose”. “In un Paese democratico – ha spiegato la leader di Meretz, Zehava Galon – la cittadinanza è un diritto basilare. Non è un dono concesso a chi è ben visto agli occhi del presidente della coalizione governativa”. Nena News