Scritto da Sonia Grieco, “Abbiamo stretto molte mani” segue l’evoluzione di INTERSOS, da piccola Ong a organizzazione umanitaria internazionale impegnata negli scenari più critici del pianeta
di Silvia Lanzano
Roma, 26 maggio 2014, Nena News – “Abbiamo stretto molte mani” è una storia fatta di persone e di relazioni. Con centinaia di protagonisti, le cui voci si alternano e intrecciano per ricostruire l’essenza di un cammino ancora in corso.
Il volume, edito da Carocci e scritto da Sonia Grieco, ripercorre la storia di INTERSOS, l’organizzazione umanitaria nata a Roma nel novembre 1992 per rispondere alla drammatica situazione della Somalia, allora insanguinata dalla guerra civile e piegata dalla carestia e dalla fame.
Scorrendo le pagine di questo libro si comprende come in poco più di venti anni INTERSOS abbia esteso il suo raggio di azione arrivando a raggiungere 35 paesi colpiti da crisi umanitarie – guerre, carestie, calamità naturali – e portando soccorso a milioni di persone in pericolo.
La giornalista raccoglie le testimonianze personali dei tanti operatori che si sono avvicendati nelle diverse missioni. Il libro segue così l’evoluzione di INTERSOS da piccola ONG con sede “in due stanzette in via Boncompagni” a organizzazione umanitaria internazionale impegnata negli scenari più critici del pianeta, dove agisce in collaborazione con le agenzie e i programmi delle Nazioni Unite, oltre a lavorare a stretto contatto con la Commissione europea.
Un’avventura che ha visto l’organizzazione in prima linea anche in Italia. E se oggi il numero delle ONG di sviluppo e umanitarie nel Paese arriva a circa trecento, negli anni Novanta INTERSOS è stata la prima realtà italiana attiva nelle aree di crisi e nelle situazioni di emergenza, svolgendo così un ruolo fondamentale di apripista nel panorama della cooperazione allo sviluppo.
Davvero quella raccontata nel libro è una storia straordinaria. Non una semplice sequenza dei numerosi interventi compiuti, dalla Somalia alla Mauritania, dall’Angola dilaniata dalle mine agli scenari di guerra nei Balcani, fino alla Cecenia, l’Afghanistan e l’Iraq. Ma la storia di una scelta che potremmo definire ideologica: quella di agire, come si dice nel libro, “come profughi tra i profughi”. Annullando ogni scivolamento nell’interventismo inutile perché imposto dall’alto, studiato a tavolino e quindi del tutto ignaro delle dinamiche locali e delle reali esigenze delle persone soccorse.
“È la società civile il pilastro dell’azione umanitaria, noi siamo il suo strumento”, afferma nel libro il segretario generale di INTERSOS Marco Rotelli. Compito della ONG è “portare aiuti immediati e proteggere chi è in pericolo, ma anche e soprattutto coinvolgere, far partecipare, ridare dignità, suscitare il senso di responsabilità e, ove richiesto, favorire il dialogo, mettere in comunicazione le parti”.
Così il soccorso agli sfollati e ai rifugiati e le operazioni di rientro nei paesi di origine diventano sempre per gli operatori di INTERSOS “un viaggio insieme”, in cui si stringono delle mani appunto, si intrecciano relazioni, per poter garantire il ritorno a una vita degna dopo sciagure e tragedie spietate, difficili perfino a raccontarsi.
“Dignità” è una parola che ritorna di frequente nelle parole dei tanti uomini e donne che hanno vissuto il loro impegno nei quasi mille interventi che INTERSOS ha compiuto dalla sua fondazione. “Per noi l’obiettivo è preservare la dignità di persone che sono in un momento di grave difficoltà e lo facciamo tentando di renderle partecipi”, come spiega Alda Cappelletti, direttrice regionale della ONG per l’Asia e il Medio Oriente.
“Quando mi chiedono cosa fa INTERSOS, qualche volta la prima cosa che mi viene di rispondere è che costruiamo molte latrine”, afferma con sorridente understatement il presidente e fondatore della ONG Nino Sergi, che aggiunge però come “di fronte a ognuna delle crisi in cui siamo intervenuti abbiamo cercato di esprimere il nostro punto di vista, prendendo posizione e proponendo percorsi politici e operativi”. Perché la realtà è che INTERSOS, come emerge anche dai racconti dei suoi operatori, cerca di ricostruire con slancio e professionalità – seguendo quello che in gergo viene detto “community based approach” – i presupposti per la ripresa della normalità della vita, la convivenza, la pace.
Non tutto naturalmente è roseo e lineare. Il libro offre infatti anche una panoramica delle tante difficoltà quotidiane e degli incerti scenari futuri, in un Paese che negli ultimi anni ha tagliato sistematicamente i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo a favore degli interventi militari di pseudo “peace keeping”. E dove negli ultimi tempi è fiorita una selva di non meglio identificate ONG, impegnate soprattutto nel marketing e nella raccolta fondi.
La scelta di INTERSOS è di continuare ad agire “lontano dai riflettori”, lì dove si trovano “gli invisibili, coloro che spesso sono dimenticati”. E di operare in modo trasparente. Non a caso in appendice al volume sono pubblicate alcune tabelle con indicati, tra gli altri dati, la distribuzione dei fondi impiegati nelle attività e l’elenco dei finanziatori, senza dimenticare l’ultimo bilancio approvato della ONG.
Il libro si chiude con i suoni e i colori di una festa sul lago a Yambio, in Sud Sudan. L’impressione che ne emerge, tra la musica e i balli degli operatori di INTERSOS e della gente del posto, rientrata a casa dopo la guerra, è quella più autentica. È la vita, che si preserva e a cui si va incontro con ostinazione pur nelle avversità, in armonia con le persone cui si cerca di tendere la mano. Nena News