Un video pubblicato poco fa mostrerebbe il cadavere dell’ex presidente yemenita. La notizia non è ancora ufficiale, ma arrivano conferme della sua uccisione anche da media a lui vicini. Decine di vittime negli scontri tra gli ex alleati houthi e i sostenitori di Saleh. Gueterres (Onu) invita a porre fine alla escalation di violenza e a rimuovere il blocco imposto dai sauditi
AGGIORNAMENTO ore: 13:45 Un video apparso sui social mostrerebbe il cadavere dell’ex presidente Saleh.
ore 13:10 Secondo la Reuters, gli houthi avrebbero fatto saltare in aria la casa di Saleh a Sana’a. Mistero sul destino del presidente
Il suo partito nega la sua uccisione nell’esplosione (sostenuta dai media iraniani). Secondo quanto hanno riferito ad al-Jazeera alcune fonti vicino a Saleh, a morire sarebbe stato invece il suo capo della sicurezza Hussein al-Hamidi.
Gli houthi, intanto, hanno conquistato stamane la maggior parte delle zone della capitale appartenenti all’ex presidente.
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della redazione
Roma, 4 dicembre 2017, Nena News – È altissima la tensione in Yemen dove ormai si è del tutto sfasciata l’alleanza (di convenienza) tra i ribelli sciiti houthi e l’ex presidente Ali Abdullah Saleh proclamata nel 2015. Agli scontri sanguinosi tra gli ex alleati iniziati mercoledì, si sono aggiunti poi, tra la notte di sabato e domenica, i bombardamenti della coalizione guidata da Riyadh contro varie postazioni houthi nel sud della capitale Sana’a.
I raid sauditi rappresentano il primo endorsement ufficiale di Riyadh nei confronti dell’ex presidente “nemico” Saleh che sabato aveva annunciato di essere pronto a fare pace con la coalizione, abbandonando nei fatti gli houthi filo-iraniani. Gli scontri sanguinosi tra gli ex alleati, riferisce la Commissione internazionale della Croce Rossa, avrebbero finora provocato la morte di decine di persone. Il capo ribelle Abdul Malik al-Houthi ha confermato la gravità delle violenze registrate in questi giorni parlando di 40 persone uccise o ferite (60 per le autorità di sicurezza di Sana’a).
Nel caos totale che regna nel Paese, la verità è tra le prime a pagare dazio: ieri la Guardia Repubblicana di Saleh ha smentito le notizie diffuse dagli houthi secondo cui i ribelli zaiditi (lo zaydismo è una variante dello sciismo) avrebbero preso il controllo di gran parte della capitale (tre basi militari, il distretto diplomatico e di altri quartieri limitrofi), della città di Dhamar (sud di Sana’a) e le regioni confinanti. Così come è stata smentita dagli Emirati Arabi Uniti la notizia del lancio di un missile da parte degli houthi verso una centrale nucleare emiratina.
Ma sono le parole pronunciate sabato da Saleh, quelle sì sicuramente vere, a fare ancora discutere perché potrebbero rappresentare un punto di svolta nel conflitto yemenita. “Invito i nostri fratelli negli stati vicini a fermare l’aggressione e di rimuovere l’embargo [imposto dalla coalizione lo scorso mese]” ha detto l’ex presidente in un discorso televisivo. “Promettiamo ai nostri fratelli e vicini che quando il cessate il fuoco avrà luogo e il blocco sarà rimosso, noi dialogheremo direttamente attraverso la legittima autorità rappresentata dal nostro parlamento”.
Il leader yemenita – che ha governato il Paese per 33 anni prima di essere costretto nel 2012 a cedere il potere all’allora suo vice ministro Hadi a causa delle proteste della popolazione – è di fatto tornato all’ovile: Saleh, infatti, è stato storicamente un alleato dell’Arabia Saudita e le ha voltato le spalle schierandosi con gli houthi filo-iraniani (duramente repressi quando era alla guida del Paese) per mero opportunismo politico quando l’amministrazione di Hadi è scappata ad Aden, nel sud dello Yemen. Non sono pochi gli analisti che ritengono ora le sue dichiarazioni frutto di una intesa raggiunta con i sauditi, un cambio di casacca ufficiale e non solo quindi una “apertura” verso Riyadh. Una tesi, quest’ultima, che sembrerebbe essere confermata dai raid aerei di queste ore della coalizione anti-houthi. Del resto, le gravi tensioni interne tra gli ex alleati non sono estemporanee, ma vanno avanti dalla scorsa estate ed erano state ricomposte (almeno ufficialmente) con non poche difficoltà in questi mesi.
Le parole di Saleh sono state immediatamente condannate dagli houthi che hanno parlato di “golpe”. Ben diverso è stato il commento della coalizione a guida saudita che sostiene il presidente Hadi. “La decisione del Congresso generale del popolo [di Saleh] di scegliere di stare dalla parte del suo popolo libererà lo Yemen dalle milizie fedeli all’Iran” si legge in una nota pubblicata dall’agenzia statale saudita. Favorevole alla giravolta compiuta dal leader del Congresso generale del popolo, è stato anche il commento di Hadi. “Dichiariamo la nostra determinazione a mantenere l’eredità araba dello Yemen e l’unità del suo territorio, di cooperare con ogni cittadino yemenita che agisce per sbarazzarsi di queste gang violenti” recita un comunicato del governo di Aden.
Le violenze di questi giorni preoccupano il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che ha invitato ieri pomeriggio tutte le parti belligeranti a porre fine agli scontri armati e ha espresso forte preoccupazione per “l’intensa escalation”. “Ambulanze e team medici non possono soccorrere i feriti e le persone non riescono ad uscire per comprare cibo e beni necessari. Gli operatori umanitari non possono viaggiare e mettere in atto i programmi umanitari, necessari se si pensa che milioni di yemeniti hanno bisogno di aiuti per sopravvivere” ha detto Guterres.
Una situazione aggravata dal blocco (non ancora del tutto rimosso) imposto dalla coalizione lo scorso 6 novembre dopo che un razzo houthi, intercettato poi dal sistema difensivo saudita, era stato lanciato verso Riyadh. L’embargo sullo Yemen ha aggravato le già disperate condizioni della popolazione locale impedendo l’arrivo di aiuti umanitari nel Paese: ieri il Segretario Generale ha ribadito l’appello ad “una urgente ripresa di tutte le importazioni commerciali senza le quali milioni di bambini, donne e uomini rischiano la fame, le malattie e la morte”.
Sono inquietanti i dati Onu sul conflitto yemenita: oltre 10.000 morti, più di 2.000 le vittime di colera, 17 milioni di persone bisognose di cibo, 7 milioni a rischio fame. Almeno un milione di bambini è in pericolo se l’epidemia di difterite non viene arrestata, 400.000 donne incinte, insieme ai loro figli, potrebbero morire per mancanza di medicine. Nena News