Il blocco che fa capo all’Arabia Saudita ha annunciato oggi la chiusura dello spazio marittimo, aereo e dei confini terrestri del povero Paese arabo. L’Iran, accusato di essere dietro l’attacco missilistico di sabato, nega qualunque coinvolgimento. Nel caos, lo “Stato islamico” ne approfitta e torna a colpire: almeno 15 vittime ieri
della redazione
Roma, 6 novembre 2017, Nena News – Si fa tesissima la situazione in Yemen. Stamane la coalizione militare a guida saudita ha dichiarato che chiuderà lo spazio aereo, marittimo e i confini terrestri del Paese per arrestare il flusso di armi provenienti dall’Iran diretto ai ribelli houthi. La decisione, riporta l’agenzia di stampa saudita Spa, è la risposta della monarchia wahhabita al missile lanciato sabato dal territorio yemenita contro la capitale Riyadh. Un attacco che non ha causato né danni né feriti perché intercettato dal sistema difensivo saudita, ma che ha scatenato la furia dell’Arabia Saudita che ha parlato a riguardo di “un atto di guerra” e di una “pericolosa escalation” voluta dai miliziani houthi sostenuti da Teheran.
A dare manforte ai ricchi alleati arabi è stata Washington che, con il presidente Donald Trump, ha subito colto l’occasione per accusare i nemici iraniani. Ma il capo delle Guardie rivoluzionarie iraniane ha ieri smentito categoricamente qualunque coinvolgimento della Repubblica islamica sciita nell’attacco e ha definito le parole del leader statunitense “calunnie”.
Se il blocco totale annunciato ieri dalla coalizione nasce ufficialmente per colpire i ribelli houthi, le principali vittime saranno gli yemeniti perché aggraverà le loro condizioni umanitarie già di per sé insostenibili. Finora, infatti, sono stati registrati più di 700.000 casi di colera (almeno 2.000 morti) e sono 7 i milioni di persone a rischio carestia. Senza poi dimenticare che, da quando la coalizione ha dato inizio al conflitto nel marzo del 2015, sono stati uccisi almeno 10.000 yemeniti.
Proprio i ripetuti blocchi aerei e navali imposti dai sauditi hanno aggravato in questi due anni la situazione umanitaria del Paese impedendo l’invio di aiuti, che siano cibo o medicinali, ad una popolazione ormai stremata. Una politica che le Nazioni Unite e numerose ong hanno più volte denunciato (soprattutto nell’area settentrionale dello Yemen controllata dagli houthi), ma che ha lasciato indifferente la comunità internazionale. Questa volta Riyadh ha provato a giocare di anticipo affermando che, nonostante le chiusure annunciate, sarà concesso agli operatori umanitari di ricevere gli aiuti. Parole che non convincono molto le organizzazioni non governative che, a partire da Medici senza Frontiere, sono stati più volte target dei raid aerei mortali dell’alleanza a guida saudita alleata dell’Occidente.
Il lancio del missile da parte houthi ha avuto però anche un’altra risposta: una intensificazione dei bombardamenti aerei del blocco guidato da Riyadh. Secondo fonti vicine ai ribelli soltanto ieri si sono registrati 29 attacchi: 15 nella capitale Sana’a controllata ancora dagli houthi e 14 nei distretti di Sinhan e Bani Bahloul.
I raid giungevano nelle stesse ore in cui un’autobomba esplodeva nella città meridionale di Aden, la “capitale temporanea” del governo yemenita sostenuto dalla coalizione e riconosciuto internazionalmente. Il bilancio (temporaneo) parla di 15 morti e 20 feriti. L’attentato, avvenuto contro un centro di una unità investigativa, è stato rivendicato dallo Stato Islamico (Is). Secondo una prima ricostruzione, dopo che la macchina imbottita di esplosivo è stata fatta saltare in area uccidendo 6 ufficiali, circa 30 uomini armati hanno fatto irruzione nella struttura liberando decine di detenuti dalle loro celle, alcuni dei quali avrebbero imbracciato le armi e combattuto a fianco dei miliziani contro le forze di sicurezza.
Fonti locali affermano che nel corso del raid sono stati presi in ostaggio un imprecisato numero di persone, ma nel momento in cui scriviamo non giungono conferme ufficiali. L’attacco di ieri pone fine ad un periodo di relativa quiete ad Aden dove si è insediato il presidente Abd Rabbuh Mansour Hadi da quando è stato cacciato dalla capitale San’a in mano agli houthi.
L’Is non rivendicava un attacco in Yemen da quasi un anno: l’ultimo attentato ad opera del “califfato” è avvenuto sempre ad Aden lo scorso 16 dicembre e ha ucciso 48 persone e ferito 84 soldati che erano in fila per ricevere il proprio stipendio. Il discorso jihadista è però per lo più qui egemonizzato da Aqap, la “filiale” locale di al-Qa’eda, che è riuscita ad approfittare del caos politico e sociale che regna localmente per guadagnare ampie fette di territorio nel sul est del Paese. Nena News