Tra aprile e agosto le Nazioni Unite fanno sapere di aver ridotto di più di un terzo i suoi programmi umanitari nel Paese. Intanto l’Arabia Saudita denuncia una “macchia di petrolio” non lontano dalle coste di Hodeidah che potrebbe aggravare la situazione umanitaria
della redazione
Roma, 25 settembre 2020, Nena News – Nello Yemen dimenticato dalla politica e dalla gran parte dei media, continua ad aggravarsi la situazione umanitaria. Mercoledì le Nazioni Unite hanno dichiarato di aver tagliato gli aiuti in 300 strutture sanitarie presenti nel Paese a causa della mancanza di finanziamenti. Ridotta anche la distribuzione di cibo. Tra aprile e agosto, ha spiegato l’Onu, più di un terzo dei suoi programmi umanitari è stato ridotto o del tutto cancellato, annunciando drastici tagli “nelle prossime settimane a meno che non si ottengano altri finanziamenti”.
La coordinatrice umanitaria dell’Onu Lisa Grande è stata chiara: solo 1 miliardo di dollari è stato ricevuto dei 3,2 miliardi necessari. “E’ una situazione impossibile – ha aggiunto Grande – E’ la peggior crisi umanitaria nel mondo. Ciononostante, non abbiamo le risorse necessarie per salvare le persone che stanno soffrendo e che moriranno se non le aiutiamo”. I dati sono del resto noti da tempo: dopo oltre 5 anni di guerra voluta dai sauditi contro i ribelli sciiti houthi (pro-iraniani), almeno 24 milioni di persone (più di tre quarti dell’intera popolazione yemenita) necessitano di aiuti e protezione. Ecco perché, sottolinea Grande, “le conseguenze di finanziamenti insufficienti sono immediate, enormi e devastanti. Quasi ogni lavoratore umanitario racconta di una famiglia che ha fame o di qualcuno che è malato e che non riusciamo ad aiutare perché non abbiamo fondi”.
Nel lanciare il suo allarme, la coordinatrice delle Nazioni Unite non è sola. La scorsa settimana altri due alti ufficiali dell’Onu avevano comunicato al Consiglio di Sicurezza le loro paure per l’aggravamento della situazione umanitaria in Yemen. I due diplomatici avevano criticato diversi paesi donatori, tra cui l’Arabia Saudita, per non aver rispettato le loro promesse riguardo agli aiuti. In particolare Mark Lowcock, sottosegretario generale per gli affari umanitari, aveva detto che “lo spettro della carestia” è tornato. L’inviato Onu Martin Griffiths, invece, aveva sottolineato come il Paese possa “allontanarsi dalla strada della pace”, indicando tra le sfide che deve affrontare lo Yemen “l’aumento dei conflitti, i crescenti bisogni umanitari e la pandemia di Covid-19”.
I problemi non finiscono però qui. L’Arabia Saudita, infatti, ha scritto in una lettera inviata all’Onu di aver individuato “una macchia di petrolio” vicino ad una vecchia petroliera (la Fso Safer) situata a 37 miglia a nord della città portula di Hodeidah (sulla costa occidentale del Paese) sottolineando il rischio di una catastrofe umanitaria qualora la nave dovesse avere delle perdite. La petroliera contiene 1,14 milioni di barili di petrolio greggio leggero e, secondo l’Onu, potrebbe scaricare in mare 4 volte il petrolio fuoriuscito dalla petroliera Exxon Valdez nel 1989. La colpa sarebbe da attribuire agli houthi che non avrebbero effettuato la necessaria manutenzione all’imbarcazione da quando l’anno sequestrata al governo nel 2015. I ribelli sciiti sono anche accusati di aver ripetutamente impedito all’Onu l’ispezione della petroliera.
Se la Safer dovesse perdere petrolio, sostiene l’Onu, si potrebbe arrivare nel peggiore dei casi a una chiusura di 6 mesi del porto di Hodeidah (controllato dagli youthi) che a sua volta porterebbe ad un aumento dei costi di carburante del 200%. Il prezzo del cibo – il 90% è importato – raddoppierebbe peggiorando così la crisi alimentare che già colpisce più di 20 milioni di yemeniti. Il porto di Hodeidah è infatti luogo di transito della maggior parte degli aiuti di cibo da parte dell’Onu. Nena News