Il Segretario delle Nazioni Unite l’ha rimossa (mantenendo però houthi e governo yemenita) per la “significativa diminuzione delle uccisioni e delle mutilazioni causate dai raid aerei” e per aver implementato misure che mirano a proteggere i bambini. L’Onu nega che la sua decisione sia dovuta a pressioni da parte di Riyad
della redazione
Roma, 16 giugno 2020, Nena News – Con una mossa neanche troppo a sorpresa considerato il peso politico di Riyad, ieri il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha rimosso la coalizione a guida saudita dalla lista nera di coloro che hanno ucciso e ferito bambini in Yemen. Nel suo rapporto annuale presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Guterres ha riferito che l’anno scorso in Yemen sono stati feriti o uccisi 222 bambini dalla coalizione, 313 dai loro rivali sciiti houthi e 96 da parte del governo yemenita di stanza ad Aden.
Il segretario dell’Onu ha spiegato che Riyad e soci saranno rimossi dalla lista (restano invece gli altri due attori del conflitto yemenita) per la “significativa diminuzione delle uccisioni e delle mutilazioni causate dai raid aerei” e per aver implementato misure che mirano a proteggere i bambini. Tuttavia, ha precisato Guterres, la coalizione sarà soggetta ad un anno di monitoraggio e “qualsiasi fallimento” sulla diminuzione delle uccisioni dei bambini causerà un suo rientro nella lista l’anno successivo. La decisione ha scatenato già le prime proteste di alcune associazioni umanitarie. “Il Segretario generale aggiunge un nuovo livello di onta alla sua ‘lista della vergogna’ rimuovendo la coalizione saudita e ignorando le evidenze dell’Onu relative alle continue violazioni compiute contro i bambini”, ha commentato Jo Becker, direttrice per Human Rights Watch della sezione relativa ai diritti dei bambini.
Riyad e alleati erano nella blacklist da 3 anni. Erano stati aggiunti per la prima volta nel 2016, ma erano stati rimossi poco dopo dall’ex Segretario dell’Onu Ban Ki-Moon in attesa di un esame più accurato. Ban Ki-Moon accusò allora l’Arabia Saudita di esercitare una pressione “inaccettabile” dopo che alcune fonti rivelarono all’agenzia Reuters che i sauditi avevano minacciato di tagliare i finanziamenti all’Onu a causa del suo inserimento nella lista nera (la monarchia wahhabita ha sempre respinto queste accuse). Le accuse di aver ricevuto pressioni per cancellare Riyad e soci dalla lista sono arrivate puntuali anche quest’anno e sono state immediatamente respinte dal Palazzo di Vetro. Virginia Gamba, inviata dell’Onu per bambini e conflitti armati, è stata di laconica: “Posso rispondere molto, molto chiaramente: assolutamente no”.
Il 5 ottobre del 2017 la coalizione era stata aggiunta per l’uccisione e la mutilazione di 683 bambini e per 38 attacchi documentati contro scuole e ospedali nel 2016. Nonostante la grave accusa, il rapporto delle Nazioni Unite non volle arrivare fino in fondo allo scontro con Riyadh. In un passaggio del testo, infatti, il documento sottolineava come il blocco sunnita stava prendendo alcune misure per proteggere la vita dei minori e sottolineava come a violare i diritti dei giovanissimi yemeniti nel 2016 non fosse stata la sola: a farle “compagnia” c’erano già allora gli houthi (sostenuti dalla nemica Iran) e il governo di Aden (appoggiato, invece, dalla coalizione). Oltre ad al-Qa’eda nella Penisola araba (il ramo yemenita dell’organizzazione jihadista). Commentando i risultati del report, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres allora aveva spiegato come la blacklist non servisse “soltanto a sensibilizzare” ma anche a “promuovere misure che possono diminuire le tragiche difficoltà che i bambini vivono nel conflitto”.
Nonostante le rassicurazioni dell’Onu, sulla cancellazione decisa ieri dal Palazzo di Vetro qualche legittimo dubbio resta: in Yemen i raid della coalizione continuano a mietere vittime tra la popolazione civile. Il doppio standard usato ad esempio con gli houthi lascia più di qualche perplessità. Rimuovere un attore di un conflitto da questa speciale lista nera dell’Onu non obbliga i paesi segnalati a passare concretamente all’azione, ma piuttosto mira ad esercitare pressioni su di loro nella speranza che possano implementare misure per proteggere i bambini. Si entra nella blacklist per uccisione, ferimento, abusi, rapimenti e reclutamento di bambini e per aver colpito scuole e ospedali e per aver negato l’ingresso di aiuti per i minori. Nena News