In corso nel piccolo paese del Golfo non c’è solo lo scontro tra sunniti e sciiti, tra il presidente Hadi e i ribelli Houthi, ma un conflitto diplomatico tra Riyadh e Teheran con opere di addestramento, finanziamento e armamento, su fronti opposti.
di Francesca la Bella
Roma, 13 marzo 2015, Nena News – La crisi yemenita ha radici profonde. Radici che affondano in un terreno di povertà, esclusione e mancato riconoscimento dei diritti fondamentali di gran parte della popolazione. La crisi, però, sembra oggi ancor più grave e le divisioni ancor più profonde rispetto a qualche mese fa. Si configura una nuova divisione dello Yemen tra nord e sud come è stato fino al 1990. Sarebbero cambiati solo gli attori di questo dramma: il nord e la capitale Sana’a nelle mani delle milizie Houthi e il sud e la neo-rinominata capitale Aden come sede del Governo del Presidente Abd Rabbuh Mansour Hadi. Una guerra civile, dunque, che con arresti, sequestri e massacri da entrambe le parti, starebbe portando alla creazione di due entità statuali.
Guerra civile, colpo di Stato, profonda divisione etnico-religiosa tra sciiti e sunniti sono state le parole chiave principali di quello che è stato detto e scritto in quest’ultimo periodo sul piccolo Paese della Penisola arabica. Alla situazione interna si è, però, spesso trascurato di sovrapporre la dimensione internazionale. Per quanto piccolo e poverissimo, lo Yemen è un Paese altamente strategico per le dinamiche e gli interessi internazionali ed area. Molti sono i soggetti interessati ai risvolti degli eventi yemeniti e forte è l’interferenza internazionale nelle dinamiche interne. Così, mentre le ambasciate della maggior parte dei Paesi stranieri chiudevano e ordinavano l’evacuazione dei propri cittadini, i Paesi del Golfo e l’Iran hanno deciso di prendere parola e di schierarsi, anche se non sempre in maniera ufficale, su uno dei due fronti.
Il Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) avrebbe, infatti, accettato di ospitare nella capitale dell’Arabia Saudita un tavolo negoziale tra le parti in conflitto. A richiedere la mediazione del Consiglio sarebbe stato l’ex Presidente Hadi e l’accettazione sarebbe legata al fatto che lo Yemen viene considerato parte integrante della sicurezza dell’area. Sembrerebbe altresì che il CCG abbia chiesto formalmente la partecipazione della dirigenza Houthi all’incontro, che non ha ancora una data ufficiale, di Riyadh di modo da garantire la legittimità del meeting e l’eventuale messa in atto delle decisioni prese nel suo corso. Durante la conferenza stampa a seguito della seduta del Consiglio che ha dato l’annuncio, il portavoce, Khaled Al-Attiyah, Ministro degli Esteri del Qatar, ha anche tenuto a delineare alcuni aspetti fondamentali per la sicurezza del Medio Oriente in senso ampio. A questo proposito l’invito all’Iran a sviluppare il proprio programma nucleare all’interno dei confini delineati dalla IAEA (International Atomic Energy Agency) e la richiesta di operare per il mantenimento dell’integrità irachena sono un chiaro indizio dei timori del CCG in merito al ruolo di Teheran nella questione yemenita.
Da molto tempo, ormai, il territorio yemenita è diventato campo di battaglia della “Guerra fredda” tra Iran e Arabia Saudita. Una guerra diplomatica tra Riyadh e Teheran che ha trovato molti terreni di scontro nei Paesi dell’area dove i due Paesi si sono sempre trovati, con opere di addestramento, finanziamento e armamento, su fronti opposti. Nel caso dello Yemen questo risulta ancor più significativo per il lungo confine condiviso tra il territorio yemenita e la monarchia saudita. Così, se le dichiarazioni del Consiglio e la volontà di spostare i negoziati a Riyadh sembrano parte della strategia saudita di mantenere un certo grado di controllo diretto sulla situazione yemenita, anche l’Iran, che a lungo ha perseguito una strategia di appoggio non ufficiale, sembra ora aver scelto di ricoprire un ruolo maggiormente attivo. All’indomani dell’annuncio del CCG, anche Teheran ha, infatti, preso parola sulla questione per bocca del vice Ministro degli Esteri, Hossein Amir Abdollahian, accusando il Presidente Hadi di guidare il Paese verso la disintegrazione e la guerra civile con la sua scelta di ritirare le dimissioni e di spostare la capitale ad Aden.
L’aver reso, da entrambe le parti, così palese il dissidio potrebbe essere sintomo di una situazione in veloce evoluzione. Le incognite sono, però, molte. I gruppi Houthi sceglieranno di sedere al tavolo del negoziato? Il Consiglio di Cooperazione del Golfo, già pronto ad una azione militare a seguito della presa del potere da parte degli Houthi, opterà per la via militare se i colloqui dovessero fallire? L’Iran ricoprirà un profilo da spettatore o da attore nella questione?
Queste domande probabilmente troveranno una risposta solo con il succedersi degli eventi, ma ciò che ci preme in questo momento sottolineare è la netta frattura che sta attraversando l’intero Medio Oriente e lo Yemen nel nostro caso specifico. Nel contesto yemenita, infatti, questo solco è sempre più profondo e lascia spazio allo sviluppo di movimenti radicali come lo Stato Islamico o AQAP (Al Qaeda nella Penisola Arabica). Il sostegno informale, ma sostanziale, a questi gruppi per indebolire gli avversari, il Governo Assad in Siria come i gruppi Houthi a Sana’a, non solo ha acuito i già esistenti problemi di sicurezza, ma potrebbe cancellare ogni possibilità di riconciliazione e di soluzione della problematica nel breve periodo. Le ingerenze esterne e le variabili interne potrebbero, dunque, portare un ulteriore aggravamento della crisi yemenita che, ad oggi, appare sempre più come terreno di conquista di interessi che trascendono dal mera questione nazionale. Nena News