Il villaggio nelle colline a sud di Hebron ha ricevuto domenica altri ordini di demolizione, dopo la sentenza della Corte Suprema che lascia a esercito israeliano e Civil Administration la decisione sul destino della comunità.
video e testo di Chiara Cruciati – foto di Raffaele Angius
Susiya, 14 maggio 2015, Nena News – Il villaggio di Susiya, baracche, tende e 250 anime, è di nuovo alle prese con i tentativi delle autorità israeliane – cominciati negli anni Ottanta – di trasferimento forzato della comunità. Dopo aver perso le proprie terre a favore di due colonie israeliane (di cui un sito archeologico), i residenti erano stati costretti a ricostruire le loro case in una piccola porzione del territorio originario. Dal 1986, anno della prima espulsione, ad oggi sono seguite demolizioni e distruzioni di case, tende, strutture agricole da parte dei bulldozer dell’esercito israeliano.
Ogni volta i residenti si sono rimboccati le maniche e sono ripartiti da zero. Alla tenacia hanno aggiunto la battaglia legale: documenti di proprietà alla mano hanno seguito l’intero iter giudiziario israeliano. Fino a dieci giorni fa, quando a sentenziare e mettere la parola fine alla lotta di Susiya è stata la Corte Suprema israeliana. Che ha deciso di non decidere: il tribunale ha lasciato a esercito e Civil Administration (ente israeliano che si occupa di gestire gli affari civili in Area C della Cisgiordania) di decidere della sorte di Susiya. Non hanno perso tempo: domenica scorsa i funzionari israeliani si sono presentati alla comunità con altri due ordini di demolizione che si aggiungono a quelli che pesano già sull’intero villaggio.
Ma Susiya non si arrende: forte del sostegno dei comitati popolari delle colline a sud di Hebron e di numerose organizzazioni per i diritti umani palestinesi e israeliane, la comunità fa appello ai media e al mondo perché volgano lo sguardo alla loro battaglia. Ieri a far visita ai 250 residenti sono stati i consoli di Francia, Belgio e Gran Bretagna. Nena News
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