Nena News intervista il giornalista israeliano David Sheen: “Politici, accademici, rabbini istigano la popolazione all’odio verso il palestinese. Il legame tra governo e gruppi estremisti è strettissimo”.
di Sonia Grieco e Giorgia Grifoni
Roma, 10 ottobre 2015, Nena News - “Morte agli arabi” è uno slogan che ricorre sempre di più nelle strade di Israele. Scritto sui muri, gridato alle manifestazioni degli estremisti ebraici, messo in pratica da gruppi di “teppisti” contro palestinesi a caso. Le cronache degli ultimi giorni, ma non solo, parlano di un’esplosione di violenza in Israele e nei Territori occupati originata da un atto palestinese al quale risponde la rabbia israeliana: l’accoltellamento dei coniugi Henkin a Gerusalemme per mano di un ragazzo palestinese, il rapimento e l’uccisione dei tre giovani coloni lo scorso anno in Cisgiordania.
Ma quasi nessuno fa notare che, accanto a un conflitto ormai normalizzato, il razzismo nei confronti dei palestinesi ha assunto una dimensione ed una traiettoria allarmanti, tanto da trasformarsi in vera e propria “arabofobia” che lo stato sembra non voler arginare. Lo spiega David Sheen, giornalista e documentarista israeliano di origini canadesi, ospite della fondazione Lelio Basso a Roma per una conferenza, promossa da AssopacePalestina, dal titolo “Israele oggi, tra violenza e razzismo”.
Atti vandalici ai danni di strutture palestinesi, come chiese, moschee e abitazioni e aggressioni fisiche a persone vanno di pari passo con attacchi a coppie miste scanditi da termini come “genocidio” e “olocausto” e intimidazioni a quegli ebrei israeliani che affittano appartamenti ai palestinesi. Manifestazioni di gruppi di “estremisti della supremazia ebraica” che non vengono vietate dalle autorità, una giustizia che troppo spesso dimentica di fare il proprio lavoro quando gli autori dei crimini sono ebrei israeliani. E tutt’intorno i discorsi dei rabbini che invitano a “non fare il lavoro di Hitler” mischiandosi con non ebrei, dei politici che invocano la “vendetta” sui palestinesi e accademici che danno la loro benedizione alla “guerra totale” contro Gaza.
Il quadro tracciato da Sheen è quello di una società che, a detta dei sondaggi, “è sempre meno disposta a condividere il proprio spazio con i non-ebrei”, impregnata di un odio verso il palestinese che vede il suo apice negli ultimi cinque anni con la rielezione di Benjamin Netanyahu. Proprio lui, spiega il giornalista, è colpevole di aver alimentato la violenza con i suoi discorsi e di non aver arginato i gruppi di “estremisti della supremazia ebraica”. Gruppi di cui il governo, conclude Sheen, si servirebbe per attuare le sue politiche nei Territori palestinesi occupati. Nena News