Nuova sfida del presidente: l’ottomano dovrà essere obbligatorio nelle scuole per avvicinare i giovani al proprio passato. Insorge l’opposizione: è una mossa reazionaria volta a rovesciare le riforme laiche di Ataturk
di Giorgia Grifoni
Roma, 11 dicembre 2014, Nena News - I suoi oppositori lo chiamano già “il sultano della nostra era”. E dopo aver fatto costruire un nuovo palazzo presidenziale da mille e una notte costato circa 500 milioni di dollari, dichiarato a più riprese che le donne non sono uguali agli uomini e ritagliato uno spazio sempre più ampio all’Islam nella vita pubblica turca, il presidente Recep Tayyip Erdogan prepara un nuovo strappo alla tradizione laica della Turchia avviata da Ataturk: nelle scuole si tornerà a insegnare la lingua ottomana. Senza se e senza ma.
Il neopresidente, eletto ad agosto con il 52 percento dei voti, ha emesso la sua sentenza su un dibattito che va avanti dalla scorsa settimana, da quando cioè il Consiglio Nazionale dell’Educazione turco ha concluso la riunione quadriennale sulle riforme che dovrebbero essere introdotte per migliorare l’istruzione pubblica: tra queste, oltre alla possibilità di inserire l’insegnamento della religione, c’era anche quella di rendere obbligatorio lo studio dell’ottomano – che già è facoltativo negli istituti pubblici – nei licei.
Subito i detrattori dello stato secolare si sono scagliati contro la deriva islamista, nascosta da neo-ottomanismo, che sta prendendo la Repubblica voluta da Ataturk dopo la presa del potere dell’AKP di Erdogan. La polemica è andata avanti per giorni, fino a quando lunedì scorso il presidente turco non ha espresso la propria opinione sull’argomento: “Ci sono persone – ha detto Erdogan in una riunione del Consiglio religioso della Turchia – che non vogliono che l’ottomano venga insegnato o appreso. Ma indipendentemente dal fatto che lo vogliano o no, l’ottomano verrà insegnato e appreso in questo Paese”.
Ed è stato allora che la polemica si è infuocata. “Doveste dispiegare tutto il vostro esercito, non potrete mai forzare mia figlia a fare lezione di ottomano”, ha detto politico dell’opposizione Selahattin Demirtas, il cui partito HDP ha combattuto per i diritti dei 15 milioni di curdi turchi, tra cui l’istruzione nella loro lingua madre che è ancora vietata. “La preoccupazione di Erdogan – ha chiarito Akif Hamzacebi, portavoce della principale corrente di opposizione, il CHP, in Parlamento – non è insegnare la lingua ottomana. Il suo vero obiettivo è un regolamento di conti con il secolarismo e la Repubblica“. “Erdogan ha aggiunto – vuole davvero far rivivere l’alfabeto arabo in Turchia”.
La lingua parlata a Istanbul nei secoli del dominio ottomano - un’antica forma di turco scritta in caratteri arabi e persiani – è stata abolita dal primo presidente della repubblica di Turchia, Ataturk, nel 1923, e sostituita con una forma più semplice e moderna del turco veicolata dall’alfabeto latino e arricchita da prestiti stranieri. Per i fautori del suo ritorno tra le materie obbligatorie, conoscere la scrittura araba potrebbe facilitare la lettura e l’apprendimento del Corano, nonostante turco ottomano e arabo classico siano molto diversi tra loro. Ma c’è anche chi, come il giornalista Semih Dih sulle colonne del quotidiano Hurriyet, crede che un revival della lingua ottomana nelle scuole potrebbe aprire un mondo nuovo nello studio della letteratura e della storia.
“Renderla (la lingua ottomana, ndr) più accessibile in maniera facoltativa – scrive Dih – ha un senso. La Turchia ha un grande bisogno di persone che vengano preparate a leggere la scrittura ottomana, visti i milioni di documenti che sono nascosti in attesa di essere decifrati e utilizzati dai ricercatori moderni. Ma spingere il turco ottomano nella gola dei ragazzi delle scuole superiori sulla base di argomentazioni ideologiche non ha alcun senso”.
Intanto il ministro dell’Educazione Nabi Avci cerca di smorzare i toni, sottolineando che le decisioni prese durante l’incontro del Consiglio Nazionale dell’Istruzione sono solo delle raccomandazioni, e giurando che “nel corso della storia della nostra Repubblica, solo il 2 percento delle decisioni prese dal Consiglio è stato poi implementato dal Ministro”. Erdogan, comunque, sembra seriamente intenzionato a proseguire nella sua battaglia per il superamento del secolarismo di Stato.
Un gesto significativo è stato quello di spostare la sede del palazzo presidenziale fuori Ankara, svuotando la Cankaya scelta da Ataturk e da molti considerata ancora il simbolo della Turchia moderna e progressista, per costruire la sua “Casa Bianca” personale spremendo al massimo le casse dello Stato. Oltretutto, la nuova dimora presidenziale è situata su un terreno in cui Ataturk aveva creato la sua fattoria nella foresta, donata allo Stato dopo la sua morte: un’area sottoposta a vincoli, su cui a marzo era piovuto un ordine del Tribunale per arrestare i lavori. E che il nuovo “sultano” ha ignorato. Nena News