Le proteste dovute a una nomina politica nella famosa università sono diventate una battaglia per i diritti LGBT che ha messo paura ai membri della comunità
di Alex MacDonald Middle East Eye
Roma, 5 marzo 2021, Nena News – Potrebbe non essere chiaro come una serie di manifestazioni di studenti e docenti in seguito alla nomina governativa del nuovo rettore di una delle principali università turche possa finire col diventare una battaglia per i diritti LGBT.
Ma ecco cosa è successo. Centinaia di studenti dell’università di Bogazici a Istanbul sono già stati arrestati in seguito alla decisione, presa a gennaio dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan di nominare Melih Bulu, un ex candidato parlamentare del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), attualmente al governo, come rettore dell’università.
Tuttavia, una disputa riguardo un’opera d’arte di protesta e riguardo la presa di posizione verbale pro-LGBT da parte degli studenti di Bogazici ha visto la questione tramutarsi in una guerra culturale, lasciando molti attivisti LGBT con la paura di un contraccolpo conservatore nel mezzo della diffusione della retorica omofoba. Havin Ozcan, un attivista curdo per i diritti LGBT e studente a Bogazici, è stato arrestato dopo aver partecipato a una manifestazione per la nomina del rettore a inizio gennaio.
“Durante l’azione, la polizia ha usato gas e proiettili di plastica. A mezzanotte, hanno fatto incursione a casa mia con fucili a lunghe canne e mi hanno sottoposto a violenza verbale a sfondo sessuale”, ha raccontato al Middle East Eye. Mentre erano in arresto, lui e altri attivisti sono stati perquisiti e sottoposti a ulteriori abusi, incluse offese omofobe. “I poliziotti mi hanno minacciato di stupro”, ha riferito Ozcan. Diversi altri attivisti LGBT di Bogazici, come Yildiz Idil Sen e Azad Aksoy, sono stati arrestati e sottoposti ad abusi. Nel frattempo la bandiera arcobaleno LGBT è diventata onnipresente nelle proteste, insieme alla rabbia, originariamente dovuta all’interferenza governativa, che si è estesa verso altre questioni.
Nonostante l’Università di Bogazici dal 1992 tenesse informali elezioni interne per selezionare i candidati rettori, nel 2016 – dopo il tentato colpo di stato di luglio – il governo ha usato lo stato di emergenza per cambiare il processo di selezione del rettore, dandone il potere al presidente turco.
“Istigare il popolo all’odio”
La nomina di Bulu, in contrasto con una lunga tradizione di elezioni interne, ha suscitato la paura che il governo stesse cercando di espandere la propria influenza sulle istituzioni che erano prima devotamente indipendenti, riproponendo mosse simili per centralizzare il potere in altri aspetti della società turca. Tra il materiale apparso tra i manifestanti c’era un’opera d’arte di uno studente che raffigurava la Kaaba alla Mecca insieme a dei simboli LGBT e ad alcune figure mitologiche persiane. L’immagine è stata usata dal governo e dai suoi sostenitori, che l’hanno denunciata in quanto offensiva nei confronti dell’Islam. Venerdì, il procuratore capo del pubblico ministero di Istanbul, ha annunciato di aver concluso l’indagine circa l’opera d’arte e ha riferito che avrebbe richiesto che sette studenti – due dei quali sono al momento in arresto – ricevano una condanna da uno a tre anni di prigione in seguito all’accusa di “istigazione pubblica all’odio e all’ostilità”. L’atto d’accusa recita: “L’azione in questione, andando oltre una mancanza di rispetto e un ripudio astratti, è stata compiuta per mostrare un comportamento ostile a un segmento della società o per rafforzare tale comportamento”.
Dal punto di vista di Ozcan, i tentativi da parte del governo di suscitare risentimento nei confronti delle persone LGBT facevano parte di un inasprimento più ampio contro l’opposizione, sfruttando i sentimenti di sospetto diffuso e i pregiudizi contro la comunità. Ozcan afferma che, avendo un background curdo, capisce bene le diverse identità minoritarie e i tentativi, spesso intersecati, di reprimerle.
“Ci schieriamo contro il sistema fascista dominato dagli uomini. Il governo è nutrito da questo sistema, in questo modo cercano di distruggere la nostra resistenza al loro regime moralista-reazionario prendendoci di mira per primi”, ha affermato. “Questo potere politico islamico sta cercando di distruggerci sfruttando i valori religiosi della società”.
Restrizioni e pressione
Una delle prime mosse di Bulu dopo aver preso in carico il rettorato è stata quella di chiudere il circolo di studi LGBTI+ di Bogazici.
Nonostante abbia sostenuto in seguito alla chiusura dell’organizzazione di essere in realtà qualcuno che “difende i diritti e le libertà degli individui LGBT”, questa mossa ha fatto ulteriormente arrabbiare molti nel campus. I sondaggi riferiscono che una minoranza in crescita in Turchia (in particolare nella parte della popolazione più giovane) vede l’omosessualità come qualcosa di accettabile, e la questione è divenuta sempre più importante tra molti partiti politici e attivisti, liberali e di sinistra. Con il montare delle proteste a Bogazici, il governo e i suoi sostenitori si sono lanciati sull’immagine della Kaaba per denunciare l’intero movimento studentesco.
Il ministro degli interni Suleyman Soylu ha riportato su Twitter l’arresto di “quattro fanatici LGBT” in seguito alla manifestazione, descrivendoli come “degenerati”. Il tweet è stato poi segnalato per il contenuto d’odio. L’ultimo scontro per i diritti LGBT va avanti presumibilmente da aprile 2020 quando Ali Erbas, capo del Direttorato degli Affari Religiosi della Turchia, ha denunciato in un sermone l’omosessualità definendola un “tipo di male” che “porta malattie e corrompe generazioni”.
Da allora, c’è stato un flusso quasi costante di indignazione da parte dei conservatori in Turchia per l’importanza percepita dell’ “ideologia” LGBT nel paese. Tra le varie controversie c’è stata la decisione di Netflix di cancellare lo scorso anno la produzione di una serie turca che aveva nel cast un personaggio gay, non avendo ottenuto il permesso da parte del governo di filmarla. Nel frattempo, a giugno, il rivenditore di articoli sportivi francese Decathlon è stato preso di mira da una campagna di boicotaggio dei media turchi dopo che aveva affermato di supportare la comunità LGBT.
Secondo Kaos GL, l’organizzazione turca per i diritti LGBT, il 2020 ha visto la pubblicazione di più di 2000 articoli di notizie ritenuti diffamatori, un salto del 40% rispetto al 2019. Nonostante una volta Erdogan abbia apparentemente provato a supportare la protezione dei diritti delle persone LGBT, la retorica anti-LGBT del governo è diventata sempre più forte e la libertà degli attivisti di manifestare si è ristretta. Ciò probabilmente si vede ancora di più nel continuo divieto del Pride di Istanbul, che c’è stato per la prima volta nel 2003 ed è continuato ogni anno fino a che è stato vietato nel 2016 in seguito ad alcune minacce da parte di gruppi di estrema destra. “Le comunità, gli individui e le organizzazioni LGBTI sono sottoposte a un’enorme quantità di restrizioni e di pressione”, ha riferito Milena Buyum, attivista di Amnesty International, al MEE. “Il divieto generale di tutti gli eventi LGBTI ad Ankara non è di molto tempo fa, è andato avanti per due anni”, ha detto. “Il Pride di Istanbul è stato vietato dal 2016, così come è stato vietato a Smirne e in altri posti, c’è stata quindi una regressione nella sfera pubblica per quanto riguarda l’organizzazione e la visibilità delle persone LGBTI”.
“Protestare è un nostro diritto”
Un mucchio di studenti sono stati arrestati dall’inizio delle proteste il 4 gennaio. Secondo il sito di notizie Arti Gercek, almeno 41 manifestanti sono al momento agli arresti domiciliari , monitorati da etichette elettroniche alle braccia o alle gambe. Una studentessa di Bogazici, Gokce Babayigit ha riferito di aver scampato per un pelo l’ondata di arresti del 1 febbraio perché si era rifiutata di permettere alla polizia di controllarle la borsa prima della manifestazione e che era stata trattenuta per un’ora.
“Casa mia è molto vicina all’università e in questi giorni il nostro quartiere è pieno di polizia”, ha detto, parlando al MEE tramite WhatsApp. “Vogliono toccarci, perquisire le nostre borse senza un mandato ufficiale. Sappiamo che manifestare è un nostro diritto ma quando usiamo questo diritto veniamo picchiati e arrestati”. A partire da inizio gennaio il personale docente veglia fuori al rettorato, indossando tuniche accademiche e con le schiene voltate verso il palazzo. Sia i sostenitori che gli oppositori hanno paragonato le proteste alle manifestazioni del 2013 a Gezi Park, dove una protesta contro la distruzione di uno spazio verde a Istanbul divenne un movimento anti-governativo su scala nazionale.
Quel movimento, mentre si concentrava in parte su questioni economiche, governative e ambientali, rifletteva anche le grandi divisioni sociali in tutto il paese, dove l’atteggiamento nei confronti di sessualità, religione, genere e stile di vita è spesso qualcosa per cui si lotta. Babayigit, che è membro del gruppo Bagazici Women+ Solidarity, ha sottolineato che – anche se non erano fan di Bulu – era la modalità con cui lui è stato incaricato quello di cui si preoccupavano di più. “È fazioso, omofobo e tra i suoi articoli ci sono dei plagi”, ha spiegato riferendosi alle accuse rigurdo la sua tesi del 2003.
“Finita nel giro di sei mesi”
Bulu ha cercato di restare relativamente in silenzio da quando è esploso il dibattito, ha confermato solo che non si sarebbe dimesso dalla sua posizione e ha predetto che la crisi sarebbe “finita nel giro di sei mesi”. Lo stesso non può essere detto per altre figure politiche più anziane in Turchia. “Serpenti velenosi a cui bisognerebbe schiacciare la testa”, è come Devlet Bahceli, leader del Partito del Movimento Nazionalista (MHP) di estrema destra, ha descritto gli studenti manifestanti, in un tweet che è stato poi rimosso da Twitter. Le organizzazioni per i diritti umani e le potenze straniere, inclusa l’UE e gli USA, hanno denunciato questa retorica provocatoria, insieme ai commenti che prendevano di mira le persone LGBT.
“Gli studenti hanno l’assoluto diritto di esprimere il loro dissenso, manifestare, organizzare sit-in pacifici e far sentire la propria voce. Questo è ciò che accade quando si esprime il diritto alla libertà d’espressione” ha affermato Buyum di Amnesty International. “Stiamo assistendo a una repressione molto grave contro un movimento studentesco che esprime le sue richieste in modo calmo e pacifico e che sta vivendo la violenza della polizia e l’arresto e che in futuro affronterà azioni penali”. Nonostante i tentativi del governo di riprendersi la base di supporto contro i manifestanti, ci sono segnali che indicano che le sue argomentazioni non riescono ad aprirsi un varco. I sondaggi hanno suggerito che c’è un’ampia opposizione alle nomine “politiche” dei rettorati universitari, anche da parte dei sostenitori dell’AKP.
Anche Abdurrahman Dilipak, colonnista conservatore e sostenitore dell’AKP, è intervenuto il mese scorso suggerendo che la mossa per nominare Bulu stava “causando problemi alle sezioni del partito” e suggerendo che “il metodo di nomina venga riconsiderato”. Babayigit ha detto che il supporto per gli studenti visto in tutto il paese l’ha fatta sentire “orgogliosa, forte, più determinata” a continuare a protestare. “So che abbiamo ragione. La nostra protesta è pacifica e continuerà”, ha affermato. Nena News