Nonostante scandali e leggi liberticide il Premier Recep Tayip Erdoğan supera il test elettorale e conferma, senza rinunciare alla sua arroganza, il suo peso politico presente e futuro.
AGGIORNAMENTO ORE 16
“Ci appelleremo oggi al Consiglio Supremo Elettorale per le centinaia di urne ad Ankara” ha detto poche ore fa all’AFP Aykan Erdemir del Partito Popolare repubblicano (CHO), il principale partito laico turco.
“Più di 1000 volontari stanno lavorando da più di 48 ore per controllare i risultati nelle sedi del partito. Abbiamo prove di irregolarità”. Secondo i risultati ufficiali, il sindaco del Partito di Giustizia e di Sviluppo (AKP), Melik Gokcek ha vinto con una maggioranza risicata (44,79% contro il 43,77%) sul candidato del CHP Mansur Yavas. Il Presidente del Consiglio Elettorale Supremo Sadi Guven ha affermato per ora che “questo è un processo legale. I cittadini e i partiti politici dovrebbero restare calmi”.
Il Premier Erdogan, leader dell’AKP, ha stravinto le municipali di domenica nonostante uno scandalo corruzione e le proteste popolari duramente represse dal governo turco. Le accuse di brogli giunte dall’CHO non sorprendono: da due giorni i social media hanno diffuso diversi casi di frode e “strani” black-out hanno avuto luogo in alcune aree del paese durante le operazioni di conteggio dei voti.
di Serena Tarabini
Istanbul, 1 aprile 2014, Nena News – La sera di domenica 30 marzo era impressionante vedere le strade del centro di Istanbul quasi deserte, le serrande abbassate, i pochi locali aperti quasi vuoti ma con le televisioni comunque accese e sintonizzate al susseguirsi di percentuali e cifre di voto : avveniva a Kasimpaşa, quartiere conservatore e feudo elettorale del Recep Tayip Erdogan, così come nelle vie della movida notturna che circondano Piazza Taksim, presidiata da tutto il giorno da diversi mezzi blindati e da centinaia di forze di polizia. E in questo clima mesto una stremata Istanbul ha accolto il risultato delle elezioni amministrative che hanno premiato nuovamente l’AKP, il partito islamico moderato di cui il Premier Erdoğan è il leader. Dopo un testa a testa iniziale come è accaduto anche ad Ankara, le due città hanno confermato la vittoria netta del partito di governo.
Il premier è apparso verso le 23, a scrutinio non ancora terminato, dal balcone della sede di partito, in compagnia della sua famiglia affiancato dal figlio Bilal, quello a cui nelle intercettazioni diffuse un mese fa intimava di spostare ingenti somme di denaro presenti in casa.
E quando ancora i dati definitivi non erano stati annunciati ha commentato la sua vittoria con un atteggiamento che va dall’Unto di Dio, in questo caso di Allah, all’angelo sterminatore. “Mi ha creato Allah e amo questi 77 milioni perché li ha creati Allah”. “Questa nazione è la speranza della comunità musulmana” sono solo alcune delle frasi rivolte al suo elettorato religioso. “Questa è la seconda guerra di indipendenza del paese, il nemico è Gülen, entreremo nella sua tana”
Sono invece minacce quelle riservate ai “traditori del popolo”, ovvero i seguaci del movimento che fa capo all’Imam Gülen, suo ex alleato. Secondo il premier Gülen è fautore di uno stato parallelo e mira a destituirlo tramite indagini orchestrate e prove false tramite la presenza dei suoi sostenitori nella magistratura e nella polizia. Un potere che Erdoğan ha cominciato a smantellare a suon di rimozioni e trasferimenti, e che, comunque, non ha avuto influenze sul voto popolare.
Come sembra non avere avuto un ricaduta elettorale lo “Spirito di Gezi”. Lo sconforto è pesante fra le tante persone che in questi mesi hanno consapevolmente messo a rischio la loro sicurezza per scendere in piazza e chiedere più democrazia. A Istanbul è stata persa anche la Municipalità di Beyoğlu, quella dove si trovano Piazza Taksim e Gezi parkı e luogo di residenza di molta di quella borghesia istruita che, opponendosi al progetto di distruzione del parco, diede il via alle rivolte. L’HDP, la coalizione fra il partito filo kurdo e alcune forze della sinistra radicale – lo schieramento che almeno in termini ideali rappresentava un segnale di cambiamento – ha superato di poco il 4%.
Volendo dare un’occhiata ai risultati generali, rispetto alle elezioni amministrative precedenti , si può dire che per le principali forze politiche il quadro non è cambiato. L’AKP è calato di soli 3 punti percentuali rispetto al voto amministrativo del 2009 e mantiene il dominio assoluto sul cuore anatolico del paese; il CHP, Partito repubblicano del popolo e principale avversario, nonostante si sia alleata con gli ultranazionalisti del MHP non è riuscita a conquistare Ankara. Per il resto ha mantenuto la sua distribuzione nelle parti occidentali del paese. Leggermente meglio sono andati sia gli ultranazionalisti e il BDP, Partito della democrazia e della pace, che contende all’AKP l’est profondo del paese a maggioranza kurda.
L’opposizione denuncia moltissime irregolarità: un numero più elevato del solito, nell’ordine delle migliaia, di verbali di contestazione di voto, la comparsa di numerose schede già contrassegnate, il black out in 40 province che ha ostacolato il conteggio dei voti. Per quanto fra i delusi i brogli siano una certezza, le manifestazioni di protesta sono rimaste isolate.
Nel frattempo c’è da chiedersi seriamente come si tradurrà questa nuova abbuffata di voti in termini di scelte politiche e modalità di governo da parte di un personaggio che nonostante le indagini per corruzione che toccano membri del suo esecutivo, le intercettazioni che lo riguardano personalmente, la riprovazione internazionale per l’uso della forza nelle manifestazioni di piazza e l’oscuramento dei social media, ha dalla sua parte 46% del paese. Una legittimazione che rende ancora più fattibile la sua intenzione, mostrata in altre occasioni, di forzare le istituzioni attraverso interventi legislativi e disciplinari.
Intanto le presidenziali dell’agosto di quest’anno ritornano ad essere un traguardo possibile e nelle politiche del 2015 sarà un personaggio con la quale si dovrà fare i conti soprattutto se riuscirà a cambiare le leggi e ricandidarsi nuovamente come primo ministro. Tutto fa pensare che non sia intenzionato ad abbandonare presto il potere che detiene da 11 anni.
Nonostante il morale sia basso e le previsioni per il futuro buie, non bisogna dimenticare che una parte di questo paese non è più la stessa dopo i fatti di Gezi park e continuerà a dare filo da torcere a un premier lontano dagli standard di democrazia che una nuova Turchia reclama. Nena News