Il presidente spera nell’instabilità per riportare il paese al voto e recuperare il consenso perduto. Le opposizioni tentano la via della coalizione senza l’Akp: i kemalisti presentano la road map anti-Erdogan.
della redazione
Roma, 17 giugno 2015, Nena News – Il traballante risultato delle elezioni turche non ha ancora trovato uno sbocco politico. Il crollo di 10 punti dell’Akp, partito del presidente Erdogan, che ha comunque ottenuto la maggioranza relativa con il 40.87% dei voti, fa sperare i partiti di opposizione che non perdono occasione per mettere i bastoni tra le ruote del sultano.
Ieri il capo del Partito Repubblicano del Popolo (Chp), Kemal Kilicdaroglu, ha prospettato la formazione di una coalizione di governo “che goda del 60%” dei seggi parlamentari estromettendo del tutto l’Akp: “Se coinvolgeremo tutti i segmenti della società e invieremo messaggi positivi, allora prenderemo misure importanti per la pace nel paese. Dopo le elezioni è emerso un equilibrio del 40% contro il 60%”. Ovvero il 40% dell’Akp contro il 25% del Chp, il 18% del Partito Nazionalista (Mhp) e il 13% del Partito Democratico del Popolo (la sinistra pro-kurda dell’Hdp). Tradotto in seggi, all’Akp ne vanno 258 su 550, al Chp 132 e a Mhp e Hdp 80 a testa.
I kemalisti, che ben poco hanno fatto per presentare alternative concrete allo strapotere di Erdogan, sembrano convinti di poter formare un blocco parlamentare anti-Akp. Stesso dicasi per l’Hdp, la vera sorpresa di questa tornata elettorale, un partito progressista capace di far entrare in parlamento la minoranza kurda saltando l’ostacolo del 10% imposto dal governo. Giovedì scorso l’Hdp ha espressamente chiarito di essere pronto a tutte le opzioni nella formazione di una coalizione di governo, eccezion fatta per l’Akp: “Spingere la Turchia verso elezioni anticipate in questo momento non aiuta – aveva detto qualche giorno fa il leader dell’Hdp Demirtas – Crediamo che la Turchia debba continuare sulla via di una coalizione”.
Il Chp ha presentato, due giorni fa, in conferenza stampa la propria road map: 14 punti per impedire al nemico Erdogan di accaparrarsi poteri che non gli spettano. Avendo come stella polare la Costituzione: la creazione del principio di legalità; nuove leggi sull’etica in politica; la creazione di uno stato sociale fondato su un welfare solido; la separazione del ruolo di presidente da quello di attore politico; una rinnovata politica estera; la fine della repressione delle voci critiche e della stampa indipendente; l’indipendenza del potere giudiziario.
Ma le alternative non abbondano: all’orizzonte si prospetta o un governo di minoranza o una coalizione di maggioranza. Ma una coalizione di governo sembra una possibilità ancora indefinita. E se mai ci si giungerà è probabile che duri poco. Ne è convinto Erdogan (nuove elezioni “sono inevitabili”) secondo il quale né Akp né Chp riusciranno a formare l’esecutivo entro i 45 giorni dal voto previsti dalla Costituzione. Soprattutto dopo la chiusura dei nazionalisti dell’Mhp che nei giorni scorsi hanno ripetuto di non voler entrare in un governo al fianco dell’Hdp: “L’Mhp non entra nella stessa borsa con i serpenti – ha detto il vice segretario, Semih Yalcin – Hanno sulle mani il sangue dei nostri soldati, dei nostri poliziotti e dei nostri civili”. La posizione dei nazionalisti non è delle più comode: da una parte vorrebbero liberarsi di Erdogan, dall’altra temono che aprire ai kurdi possa riportare al centro dell’agenda politica nazionale la pace con il Pkk.
Dalla decisione finale dell’Mhp dipenderà buona parte dei piani delle opposizioni e del presidente. La possibilità di ritornare alle urne non dispiace al presidente, convinto che uno stallo politico convincerà la popolazione a scegliere ancora una volta per la stabilità che l’Akp ha garantito in un decennio di potere quasi assoluto. E il suo ruolo di controllore, da presidente, è un appoggio fondamentale ai piani del partito: il 14 giugno Erdogan ha già messo le mani avanti, affermando che prima chiederà al “suo” premier Davutoglu di formare il governo; se non dovesse riuscirci la palla passerà al Chp e, nel caso di un altro fallimento, si aprirà la porta al voto anticipato. Che, secondo alcuni sondaggi, favorirebbe proprio l’Akp.
“L’Akp ha perso il 10% dei voti ottenuti nel 2011 e la maggioranza parlamentare. Un colpo letale al ‘sistema presidenziale’ che Erdogan vorrebbe per sé con una costituzione su misura – spiega in un editoriale su Al Monitor il giornalista turco Mustafa Akyol – Eppure è probabile che Erdogan abbia perso solo una battaglia, ma non la guerra. Le elezioni del 7 giugno hanno messo la parola fine all’egemonia dell’Akp ma anche aperto la strada ad un’era di incertezza. Se i partiti non si accorderanno, si tornerà al voto e l’Akp potrà dire all’elettorato: Senza noi al potere, il paese è nel caos”. Nena News
Pingback: TURCHIA. Il sogno proibito del sultano Erdogan: tornare alle urne - VoxPopuli.org