Solo un terzo degli elettori ha votato alle amministrative, con un picco di astensionismo del 97% come forma di protesta. A sette anni da quella primavera araba che da qui investì Maghreb e Medio Oriente, la popolazione tunisina sembra sempre più lontana dalle istituzioni. Ma non lontana dalla politica intesa nel senso più puro del termine
di Francesca La Bella
Roma, 8 maggio 2018, Nena News - Le elezioni amministrative tunisine si sono concluse con percentuali di voto bassissime. Il presidente dell’Alta Autorità indipendente per le elezioni (Isie), Mohamed Tlili Mnasri, ha annunciato domenica sera che l’affluenza ha raggiunto sul territorio nazionale il 33,7%. Il tasso più basso è stato registrato nella circoscrizione di Tunisi I (26%), mentre il più alto nella circoscrizione di Monastir (47%).
Secondo quanto riportato da Agenzia Nova solo 1.796.154 degli aventi di diritto su un totale di 5.369.862 elettori si sarebbero, dunque, recati alle urne e il movimento islamico Ennahda sarebbe rimasto, in base agli exit poll pubblicati da Sigma Conseil, primo partito con il 27,5% dei voti. Il partito laico di Nidaa Tounes, invece, si assesterebbe al secondo posto con il 22,5% seguito dal Fronte popolare al 5,3% e da Attayar al 4,9%.
Nonostante la vittoria netta delle due forze politiche principali, i dati elettorali, che verranno resi ufficiali non prima di mercoledì, non sarebbero da considerare, neanche per i vincitori, confortanti. Secondo quanto dichiarato sempre ad Agenzia Nova dal giornalista e scrittore tunisino Soufiane Ben Farhat, Ennahda, è passata da 1,4 milioni di voti nel 2011, a 950 mila voti nel 2014 fino a raggiungere i circa 450 mila voti delle ultime elezioni mentre Nidaa Tunes avrebbe registrato un calo di circa 1 milione di voti dal 2014 ad oggi. Dati che, messi in relazione con l’alta percentuale di astensione, rendono evidente un diffuso senso di disillusione rispetto alle prospettive di cambiamento attraverso il meccanismo elettorale.
Questa distanza tra il governo e la popolazione si era già resa evidente durante i mesi passati. Il paese è stato attraversato da manifestazioni e scioperi e la chiusura della campagna elettorale non sembra aver posto fine alle proteste. Le promesse elettorali di maggiori servizi ed investimenti nel sociale rischiano, infatti, di scontrarsi con i vincoli di bilancio nazionali. La sfida principale sarà quella di riuscire a far combaciare le aspettative degli elettori con i fondi delle amministrazioni locali in un paese in cui le decisioni sono fortemente centralizzate e il governo di Tunisi è bloccato dagli accordi di risanamento dei conti pubblici voluti dal Fondo Monetario Internazionale.
Per quanto una nuova legge preveda che alcuni processi decisionali vengano gradualmente trasferiti a livello locale, non è ancora chiaro come funzionerà nella pratica e come le amministrazioni locali potranno emanciparsi dalle politiche di contenimento della spesa imposte a livello nazionale.
Sotto questa luce deve essere letta la vicenda di Ennahal. I residenti della città nel municipio di Chnenni-Ennahal, nel governatorato di Gabes, hanno scelto di boicottare in massa il voto di domenica e il tasso di astensione in questa località di 1.458 elettori ha raggiunto oltre il 97%. Secondo quanto dichiarato da Yahia Moussa, attivista della società civile di Ennahal, ad Agence Tunis Afriqe Press il boicottaggio sarebbe conseguenza della sistematica marginalizzazione del comune e della creazione di un distretto municipale distaccato da Gabes. Un esempio questo, per quanto marginale ed estremamente legato a specifiche dinamiche territoriali, di come l’astensione a queste elezioni amministrative sia stata utilizzata come segnale politico e come mezzo di pressione sul Governo e sulle amministrazioni locali.
Mancanza di fiducia e disillusione, ma anche voglia di far sentire la propria voce di opposizione a partiti che, nonostante la bassa affluenza, festeggiano la vittoria ancor prima dei risultati ufficiali. Gli stessi sentimenti che possiamo ritrovare nel reportage del giornalista Tarek Amara per la Reuters: dichiarazioni festose di Ennhada e Nidaa Tunes, bassa affluenza ai seggi, votanti anziani e giovani nei cafè a discutere della mancanza di lavoro. A sette anni da quella Primavera Araba che, partendo dalla Tunisia, investì Maghreb e Medio Oriente, la popolazione tunisina sembra, dunque, sempre più lontana dalle istituzioni per quanto non lontana dalla politica intesa nel senso più puro del termine.
Francesca La Bella è su Twitter @LBFra