Le implicazioni dei legami tra Boko Haram e Stato Islamico libico potrebbero aggiungere nuovi fattori di instabilità anche in Paesi dove minore è il radicamento di questo tipo di gruppi
di Francesca La Bella
Roma, 15 ottobre 2015, Nena News- Un anno dopo essere stato dichiarato morto dal comando militare nigeriano, il leader di Boko Haram (ora ISWA, Islamic State of Western Africa Province), Abubakar Shekau, sarebbe stato localizzato all’inizio di questo mese in una delle provincie meridionali della Libia. Secondo fonti di sicurezza del Ciad, il dirigente militare dell’organizzazione nigeriana, si troverebbe, dunque nel territorio libico dove, a fronte di un contesto di instabilità e permeabilità dei confini, avrebbe trovato rifugio in una fase di minore capacità di movimento del proprio gruppo in patria.
La notizia segue di qualche mese l’annuncio dell’arrivo tra Sirte e Derna di un contingente di ISWA. Secondo diverse fonti giornalistiche e militari, tra luglio ed agosto, dopo aver attraversato il territorio del Niger, circa 200 militanti sarebbero giunti in Libia per schierarsi al fianco dello Stato Islamico libico in una logica di rafforzamento della partnership strategica tra i due gruppi. A seguito dell’adesione del movimento nigeriano al network del Califfato ad inizio anno, i legami e tra i due gruppi sarebbero diventati sempre più solidi: una collaborazione su più fronti che spazierebbe dal commercio di armi all’avvio di operazioni coordinate laddove gli obiettivi di azione coincidono nell’ottica di un coordinamento tra le diverse realtà presenti nell’area. In questo senso le forze di sicurezza algerine avrebbero anche le prove di una collaborazione di ISWA con i militanti di MUJAO (Movement for Unity and Jihad inWest Africa ) nel nord del Niger, al confine con la Libia. Il gruppo, distaccatosi nei primi mesi di quest’anno da AQIM (Al Qaeda nel Maghreb Islamico) e dal suo leader Mokhtar Belmokhtar, a causa dell’adesione alla causa dello Stato Islamico, avrebbe, infatti, trovato una convergenza di pratiche e di obiettivi con il movimento nigeriano ed entrambi avrebbero goduto della facilità di movimento data dall’azione delle ramificazioni dello Stato Islamico in Libia: porosità dei confini, maggiore accesso alle armi, minore controllo statuale.
Già ad aprile, durante una lunga intervista sulla rilevanza della presenza dello Stato Islamico in Libia, il Ministro degli Esteri libico Mohammed al Dairi sottolineava come, a fronte di circa 5000 militanti del gruppo jiahadista, ci fossero le prove di un continuo ingresso di membri di altri gruppi, tra i quali anche i militanti di ISWA, che, in territorio libico, trovavano le condizioni necessarie per addestrarsi e creare le basi per una rete di relazioni politiche e militari. Allo stesso modo, alcuni analisti sottolineano come, a fronte dell’indebolimento di ISWA all’interno del territorio nigeriano a causa delle politiche di controllo del Governo nazionale, la scelta di “emigrazione” verso altri Paesi possa portare alla diffusione delle pratiche del gruppo a Paesi come il Niger e il Ciad e come queste possano diventare ancor più distruttive grazie al supporto logistico dei gruppi libici.
A questo proposito non vi è alcuna prova di un coinvolgimento dello Stato Islamico libico negli attentati degli scorsi giorni in Camerun e Ciad, ma diviene evidente la capacità di ISWA di varcare i confini nigeriani, colpendo su vasta scala anche nei Paesi limitrofi e il supporto esterno, in questo senso, acquista una valenza significativa. Un dato che po’ aiutare a comprendere meglio la dimensione del fenomeno, viene fornito dai servizi immigrazione nigeriani. Secondo le stime dell’organo, tra gennaio 2014 e marzo 2015, circa 23000 persone avrebbero lasciato il Paese e che un buon numero di essi avrebbe scelto il trasferimento per unirsi a gruppi jihadisti del Nord Africa e del Medio Oriente, Libia ed Iraq in particolare. Per quanto le percentuali di militanti fuoriusciti dal Paese non sia verificabile, il trend di migrazione successivo ad una fase di interventismo statale che, nella prima metà dell’anno, ha portato ISWA a perdere circa il 30% dei propri soggetti attivi, sarebbe provato da varie fonti tra le quali forze di sicurezza straniera, droni di monitoraggio dei confini ed inchieste giornalistiche.
I legami tra ISWA, IS ed altri gruppi dell’area, per quanto provati solo in maniera parziale, aprono ad una discussione sulla capacità di questi gruppi di farsi portatori di un messaggio ampio e capace di ricalibrarsi a seconda del contesto. In quest’ottica, alcuni analisti leggono la trasformazione di Boko Haram, gruppo fortemente caratterizzato dal proprio background nazionale, in ISWA, come passaggio verso una maggiore flessibilità del movimento rispetto a variabili ambientali esterne, sull’esempio del modello di Califfato proposto da Al Baghdadi in Siria ed Iraq e diffusosi in buona parte del Medio Oriente e del Nord Africa. Le implicazioni di questa ramificazione potrebbero aggiungere nuovi fattori di instabilità anche in Paesi dove minore è il radicamento di questo tipo di gruppi, aprendo a nuovi panorami di disequilibrio difficili da immaginare.