Ieri esplosioni contro i convogli avevano sospeso il trasferimento dei miliziani. Hezbollah: inclusi nell’accordo anche i villaggi di Fua e Kefraya e le città di Madaya e Zabadani. Ad Idlib, provincia controllata dall’ex al-Nusra, continuano ad arrivare jihadisti e armamenti
della redazione
Roma, 17 dicembre 2016, Nena News – Terza tregua in pochi giorni: è stato raggiunto questa mattina l’accordo per la ripresa dell’evacuazione di miliziani arroccati ad Aleppo est per anni. Ad al Jazeera un ufficiale delle opposizioni ha parlato della ripresa a breve del trasferimento a bordo di autobus e ambulanze.
Conferma anche Hezbollah, il movimento sciita libanese che combatte al fianco del governo: l’accordo trovato oggi riguarderà anche 4mila civili dai due villaggi sciiti Fua e Kefraya, nella provincia di Idlib. Le due comunità erano state inserite nel precedente accordo su pressione dell’Iran e già ieri l’ex al-Nusra, che le controlla, aveva dato il proprio assenso all’evacuazione dei feriti. Secondo Hezbollah sarebbero parte dell’accordo anche le città di Madaya e Zabadani, al confine con il Libano, che da mesi subiscono un doppio assedio: controllate all’interno dai gruppi armati e assediate all’esterno dal governo.
Ieri mattina il secondo accordo era stato rotto da una serie di violazioni: alcuni miliziani hanno tentato di uscire portandosi dietro armi pesanti mentre esplosioni colpivano i convogli in uscita dai quartieri orientali, conducendo alla sospensione dell’evacuazione. Subito erano partite accuse incrociate: secondo i gruppi armati, a colpire sarebbero state le milizie sciite straniere che appoggiano il governo; secondo Damasco ad attaccare gli autobus sono stati i miliziani contrari all’accordo. Perché ad Aleppo la guerra non finisce: se le truppe governative controllano ormai la quasi totalità della zona orientale, restano sacche di miliziani armati, legati ai gruppi che non hanno aderito alla tregua, a partire dalla fazione leader, l’ex al-Nusra. E non sono pochi: si parla di circa 6mila miliziani.
I qaedisti, che pochi mesi fa hanno cambiato “brand” per rendersi meno attaccabili creando Jabhat Fatah al-Sham, sarebbero ancora in città. Come sono a Idlib, la provincia nord occidentale che controllano da oltre un anno e dove vengono portati da mesi tutti i miliziani che accettano accordi di evacuazione con il governo. Una situazione che, già nell’immediato futuro, non potrà che condurre ad una maggiore organizzazione del fronte jihadista, ormai assolutamente preponderante all’interno del composito fronte di opposizione.
Armi e miliziani ammassati in una zona circondata da territorio sotto il governo, un’enclave senza collegamenti diretti con le altre zone di scontro, ma da cui partono azioni e attacchi verso il resto del paese. Un territorio che è inoltre a poca distanza dalla Turchia, il paese che più di altri ha sostenuto e sostiene il fronte islamista anti-Assad facendo passare armamenti e nuovi adepti. Non a caso la Turchia – mediatrice della tregua – sta imbastendo campi di tende al confine nord siriano dove dice di accogliere anziani, bambini e malati, ma che è un probabile punto di incontro dei miliziani evacuati. A gestire le operazioni è l’Esercito Libero Siriano, da subito sponsorizzato da Ankara e oggi braccio alle operazioni anti-kurde del governo turco che nel nord della Siria procede chirurgicamente alla distruzione dell’unità di Rojava.
Al momento dopo tre giorni di operazioni, sarebbero tra 6-9mila le persone evacuate da Aleppo est. Oltre la metà sono miliziani, il resto malati portati via con le ambulanze e familiari dei “ribelli”. Sono ancora migliaia invece i civili che attendono di uscire dalle zone orientali, in attesa di autobus e ambulanze, per strada al freddo. Alcuni si spostano a piedi, altri in auto, in fuga da quartieri devastati dove manca tutto: cibo, acqua, medicinali, un inferno di missili e bombe che ha accompagnato Aleppo dal 2012 e intensificatosi negli ultimi mesi dalle controffensive dei “ribelli” e le offensive del governo.
Ben poco resta dell’Aleppo che fu, la capitale commerciale del paese, una bellezza unica e una ricchezza senza eguali. La sofferenza della sua popolazione è stata sfruttata per anni dalle due parti in conflitto che hanno usato i civili come scudi umani alle operazioni militari ma anche come paravento per la propaganda bellica. Districarsi tra le notizie contradditorie che arrivano da Aleppo è nella pratica impossibile. Di certo c’è la devastazione fisica, sociale ed economica di una città-gioiello. Nena News