Presenti solo le piattaforme di Mosca e del Cairo. La Turchia chiede alle milizie alleate di partecipare, in ballo la ridefinizione di zone di influenza e ricostruzione del paese
della redazione
Roma, 29 gennaio 2018, Nena News – Si apre oggi a Sochi, in Russia, la conferenza sul dialogo per la Siria. Tra boicottaggi e adesioni, l’iniziativa lanciata dal presidente Putin – alternativa alle conferenze Onu di Ginevra e prosieguo del percorso tracciato ad Astana – ha come obiettivo dichiarato il lancio di un congresso nazionale, a cui prendano parte governo, opposizioni, società civile, comunità etniche e confessionali.
Tra i mille delegati attesi, oltre alla delegazione del governo di Damasco e rappresentanti del partito Baath, c’è anche Staffan de Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria e mandato in Russia dal segretario generale Guterres, “convinto che il Congresso costituirà un importante contributo al rilancio dei colloqui” svizzeri. Ci saranno anche i rappresentanti delle cosiddette piattaforme di Mosca e del Cairo, ovvero una parte delle opposizioni molto più vicina alle posizioni della Russia.
Non ci saranno i gruppi islamisti che hanno posto come condizione il cessate il fuoco nella provincia occidentale di Idlib, zona controllata dai jihadisti e da settimane oggetto della controffensiva governativa, e hanno rimesso il negoziato alle conferenze ginevrine. E non ci sarà l’Alto Comitato per i Negoziati, ombrello delle opposizioni voluto dall’Arabia Saudita, che sabato ha votato con 26 voti a favore su 36 per il boicottaggio della conferenza perché considerata uno strumento per svuotare il ruolo Onu e per mantenere al potere il presidente Assad. Assente anche la delegazione curda di Rojava, a causa dell’aggressione turca in corso contro Afrin.
La Russia va comunque avanti, interessata a rafforzare ulteriormente il proprio ruolo di negoziatore della crisi siriana. Ma le contraddizioni sono palesi: il dialogo resta un’utopia, mancando le principali forze di opposizione e soprattutto mancando ancora, a sette anni dall’inizio della guerra civile, una definizione comune di “opposizione legittima”. Di quelle rimaste sul terreno, le più potenti e militarmente efficaci restano le milizie islamiste, legate a doppio filo ad Al Qaeda e attive a ovest, schiacciate dentro i confini della provincia di Idlib da una serie di accordi siglati in questi anni con Damasco. E quelle “moderate” o sono politicamente sparite, non più riconosciute dai siriani come legittime alternative, o sono alla mercè degli sponsor internazionali, a partire dall’Esercito Libero Siriano oggi impegnato a distruggere il confederalismo democratico curdo a Rojava su ordine di Ankara.
Le contraddizioni sono esplosive: insieme a Russia e Iran, la Turchia è parte del processo di Astana e sponsorizza i colloquidi Sochi, tanto da aver fatto pressione sui gruppi di opposizione alleati perché si presentassero nella città sul Mar Nero. Accettando anche la permanenza di Assad, almeno all’inizio: tra i focus della conferenza stanno la fine delle sanzioni contro la Siria ma anche e soprattutto la ricostruzione del paese, un business enorme a cui i vari attori bellici della crisi guardano con interesse sia per interesse economico sia per la partecipazione alla ridefinizione di aree di influenza. Nena News