Secondo il Centro siriano per la ricerca politica, il bilancio delle vittime del conflitto siriano sarebbe pari a 470mila e non 250mila come sostiene l’Onu. A Monaco, intanto, il Segretario Usa Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov provano a riattivare i negoziati di pace. Ma l’Arabia saudita si dice pronta ad inviare le truppe
della redazione
Roma, 11 febbraio 2016, Nena News – La tragedia siriana potrebbe avere numeri ancora più terribili di quelli riportati finora dall’Onu. A rivelarlo è oggi uno studio compiuto dal Centro siriano per la ricerca politica (Scpr). Secondo il Scpr, le vittime del conflitto siriano sarebbero 470.000 (per l’Onu sono 250.000 morti) e supererebbero perfino quelle causate dall’occupazione occidentale dell’Iraq nel 2003 stimate in 261.000 da diverse organizzazioni internazionali. Circa l’11,% della popolazione siriana – sottolinea il rapporto – è stata o uccisa o ferita.
“Siamo certi di questi dati perché usiamo metodi di ricerca rigorosi – ha detto al quotidiano britannico The Guardian l’autore dello studio, Rabie Nasser. “Le morti indirette – ha affermato Nasser – saranno ancora maggiori in futuro, nonostante la maggior parte delle ong e le Nazioni Unite le ignorino”. I dati inquietanti, però, non finiscono qui. Scpr sostiene che il 45% della popolazione ha dovuto lasciare la proprie casa e la speranza di vita nel Paese si è abbassata notevolmente passando dai 70 anni del 2010 ai 55,5 del 2015.
Chi sopravvive, poi, non se la vede meglio: sono quasi 14 milioni i siriani che non hanno mezzi necessari per sopravvivere. L’economia è del tutto collassata. “Nel 2015 l’economia siriana è diventata ancora più frammentata perché è dominata dai vari gruppi combattenti” scrive il rapporto. “Ogni gruppo sta costruendo le sue proprie entità ed istituzioni economiche dove le risorse vengono redistribuite per servire i propri fini, per creare incentivi e conquistare la fedeltà di un ristretto gruppo di seguaci e non per soddisfare i bisogni e le aspirazioni di un popolo” scrive il documento. Alla base del crollo sociale ed economico, secondo il Scpr, vi è il fallimento della politica: “L’assenza di un dialogo nazionale dove tutti i partiti siriani possono partecipare – e quindi l’intera popolazione – ha aggravato lo stato socio-economica aggravando la crisi economica”.
A rendere sempre più insostenibile la situazione in Siria è il fatto che i combattimenti non conoscono tregua e la cessazione delle ostilità sembra essere una chimera. I jet russi, supportati da milizie iraniane, dai lebanesi di Hezbollah e da truppe governative, continuano ad attaccare la città di Aleppo la cui parte orientale è sotto il controllo ribelle dal 2012. Le violenze in corso in città hanno costretto alla fuga decine di migliaia di persone verso il confine turco. Secondo stime fornite dall’opposizione siriana che non possono essere tuttora verificate, da quando sono iniziati i bombardamenti di Mosca sulla città le vittime sarebbero già 500, tra cui decine di civili.
Laddove la guerra continua a passo veloce a mietere vittime e distruzione, la diplomazia arranca. Oggi a Monaco il Segretario di Stato Usa John Kerry e la sua controparte russa Sergei Lavrov incontreranno i ministri degli esteri delle 17 nazioni del gruppo di contatto per la Siria in un vertice che Kerry ha descritto come “il momento della verità” per il processo di pace. Gli Usa vogliono il cessate il fuoco e un corridoio umanitario nelle città ribelli poste sotto assedio dalle forze del presidente siriano Bashar al-Asad minacciando un non ancora chiaro “piano B” qualora le trattative dovessero fallire.
Ma se da un lato Kerry parla di pace, dall’altro attacca la Russia: “Non c’è dubbio che le azioni russe ad Aleppo e nella regione stiano rendendo molto più complicato sedersi al tavolo [delle trattative] ed avere una conversazione seria” ha detto ieri alla stampa. A dargli man forte è anche Brett McGurk, l’inviato speciale Usa per la lotta contro il cosiddetto Stato Islamico (Is) secondo il quale “la campagna di bombe russe sta direttamente aiutando i jihadisti”. Sullo sfondo l’interventismo bellico saudita: ieri Riyadh si è detta pronta a inviare truppe in Siria, eventualità che cancellerebbe ogni possibilità di dialogo aprendo al conflitto regionale.
Noncurante degli attacchi, la Russia dichiara di avere “nuove idee” che possono dare nuova linfa ai negoziati. Ma accanto alla partita diplomatica, Mosca continua a giocare quella militare, soprattuto nella provincia di Aleppo. Ad approfittare delle bombe russe e dell’avanzamento nell’area dell’esercito di al-Asad sono i combattenti curdi-siriani che oggi hanno annunciato di aver conquistato l’aeroporto militare di Menagh strappandolo dalle mani dei ribelli siriani. I curdi del cantone di Afrin, a sud della città ribelle di Azaz, hanno conquistato di recente diversi villaggi nella zona favoriti dal ritiro delle forze di opposizione siriana che sentono sempre più il fiato sul collo delle truppe di Damasco giunte ormai a soli 25 chilometri dal confine turco (per prima volta dopo due anni e mezzo). Di fronte alle azioni belliche di Damasco e dei suoi alleati, i ribelli minacciano: “Se non terminano gli assedi posti dal governo e i raid aerei, alla ripresa dei negoziati di pace a Ginevra il 25 febbraio non ci saremo”. Nena News
Dalle città assediate i ribelli devono consentire, da subito, l’evacuazione dei civili.
Chi non lo consentisse dovrà essere passatoper le armi alla fine dell’assedio.
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L’affermazione contenuta nell’articolo che qui riporto, “I jet russi, supportati da milizie iraniane, dai lebanesi di Hezbollah e da truppe governative, continuano ad attaccare la città di Aleppo la cui parte orientale è sotto il controllo ribelle dal 2012″, non rende l’idea di un’operazione militare atta alla liberazione della città dai “ribelli”, appunto, alla liberazione dei siriani dal terrorismo. Sembra quasi che la città sia sotto attacco dei jet russi, dell’esercito siriano etc.; cosa dovrebbero fare, perdere Aleppo, lasciarla nelle mani dei terroristi (e infine della Turchia)?!
Le bombe intelligenti non esistono e nonostante la Russia affermi che gli obiettivi siano solo “militari”, non si possono escludere morti civili, ma non ne abbiamo alcuna prova. E la cifra che viene riportata nell’articolo, 500 decessi, è stata comunicata dall’Osservatorio siriano per i d.umani (questo non viene detto), che abbiamo tutti imparato a conoscere come fonte di attendibilità nulla, perché portavoce di una delle parti in guerra.