A due settimane dalla riapertura dei confini di Nassib e Quneitra, Damasco annuncia l’intenzione di fare altrettanto con quelli orientali, con Baghdad. Il paese tenta la via della normalizzazione, nonostante il mancato ritorno dei rifugiati e il nodo Idlib
della redazione
Roma, 1 novembre 2018, Nena News – A due settimane dalla riapertura dei valichi tra Siria e Giordania, Damasco è pronta a fare altrettanto con l’Iraq. La notizia è stata annunciata dal ministro dei Trasporti siriano, Ali Hammoud, in un’intervista all’agenzia russa Sputnik.
“Durante l’ultima visita del ministro degli Esteri iracheno in Siria – ha detto Hammoud – uno dei principali argomenti discussi è stato l’apertura del confine. La parte irachena ha promesso che sarà presto in grado di riaprire i valichi, noi siamo pronti”. I valichi orientali con il paese iracheno sono stati chiusi nel 2014, a seguito dell’avanzata dello Stato Islamico che a giugno portò in 24 ore all’occupazione di Mosul e nei mesi e gli anni successivi a quella di un terzo dell’Iraq. Lo scorso dicembre il premier iracheno al-Abadi aveva annunciato la sconfitta definitiva dell’Isis, seppur questo sia ancora presente con cellule in grado di colpire ancora con frequenza con brutali attentati terroristici.
Lo Stato Islamico è ancora presente anche in Siria, proprio lungo il confine orientale con l’Iraq, e seppur si tratti di sacche sempre più piccole Damasco parla di assenza di minacce alla sicurezza. Basta, aggiunge Hammoud, risolvere alcune questioni logistiche. E si spinge oltre, annunciando l’intenzione di far ripartire anche i servizi aerei internazionali dalla e per la Siria, attraverso la Aeroflot Russian Airlines: “Riteniamo che le ragioni per cui la compagnia fermò i voli sono ormai storia. Invitiamo la Aeroflot a ritornare in Siria e a diventare la prima compagnia internazionale a riprendere il suo lavoro qui”. Un’attività che dovrebbe accompagnarsi, nell’idea di Damasco, alla ristrutturazione e l’espansione dell’aeroporto internazionale della capitale.
Il governo siriano muove i suoi passi verso la normalizzazione del paese, dopo quasi otto anni di guerra. Che non è del tutto finita: l’esercito governativo ha ripreso il controllo della stragrande parte del territorio, fuori resta Idlib, la provincia nordoccidentale quasi del tutto occupata da gruppi islamisti e salafiti. Qualche mese fa l’offensiva finale su Idlib sembrava certa, ma è stata poi fermata dalla diplomazia internazionale e l’accordo con la Turchia. Ma quella porzione di territorio resta ancora un punto interrogativo, insieme al cantone di Afrin e l’ovest dell’Eufrate dove da agosto 2016 la Turchia ha dispiegato le sue truppe, occupandola e ponendola de facto sotto la propria autorità.
La Siria non è uscita dal conflitto, non del tutto. Se ormai i combattimenti sono quasi del tutto scomparsi, il paese resta privo di cinque milioni di cittadini, rifugiati all’estero, e dei sette milioni di sfollati interni ancora la maggioranza rimane fuori dai propri villaggi e le proprie comunità. La ricostruzione, infine, è ancora lontana. Per questo a metà ottobre era stata salutata con grande entusiasmo la riapertura del valico di frontiera di Nassib con la Giordania che aveva messo fine allo stop totale del commercio degli ultimi tre anni.
Al valico di Nassib si è aggiunto anche quello di Quneitra, frontiera a sud che sbocca sul Golan siriano occupato da Israele nel 1967, con Tel Aviv che non è intervenuta dando la sua “benedizione”, o meglio la sua rinuncia a fare del sud della Siria un proprio hub privo della presenza sia siriana che iraniana. Nena News