Situazione tesa al confine tra Turchia e Siria dove ieri i soldati di Ankara hanno detto di aver ucciso 11 “terroristi” delle Ypg. Usa e Mosca protestano, ma Erdogan rincara la dose: “agiremo così finché ci minacciano”. Lo “Stato islamico” rivendica l’attentato di ieri a Baghdad (almeno 3 i morti)
della redazione
Roma, 29 aprile 2017, Nena News – Resta molto alta la tensione al confine tra Turchia e Siria dove proseguono ormai da tre giorni gli scontri tra i soldati turchi e le Unità di protezione popolare curde (Ypg). Secondo la versione dell’esercito, le violenze di ieri sono iniziate quando i combattenti delle Ypg hanno iniziato a sparare alcuni razzi verso una postazione militare nel distretto turco di Ceylanpinar (nella provincia meridionale di Sanliurfa). Di fronte a “questa aggressione”, l’esercito avrebbe prontamente risposto uccidendo 11 “terroristi”.
La risposta turca giungeva nelle stesse ore in cui il presidente Recep Tayyip Erdogan avvisava da Istanbul che la Turchia avrebbe fatto “tutto ciò che è necessario [per fermare gli attacchi]” e che tali misure continueranno “finché non cesseranno le minacce [contro di noi]”. Erdogan ha poi ribadito che il suo Paese non permetterà mai la creazione di uno stato curdo nel nord della Siria.
La situazione nell’area è precipitata questa settimana quando i jet di Ankara hanno compiuto una serie di raid aerei in chiave anti-curda in Siria e Iraq. In un comunicato, l’esercito ha fatto sapere che i raid sono stati compiuti per “impedire al [partito dei lavoratori del Kurdistan] Pkk di mandare armi, terroristi, esplosivi e ammonizioni in Turchia” aggiungendo che l’operazione è stata condotta “all’interno delle norme del diritto internazionale”.
Ankara considera i combattenti delle Ypg un “gruppo terroristico” collegato al Pkk, formazione di sinistra contro cui le autorità turche si scontrano quasi ininterrottamente dal 1984 (oltre 40.000 le vittime del conflitto, per lo più curde). Ma qui sorge il problema: gli Usa, partner turco della Nato, considerano invece le unità curde del Rojava come alleate chiave nella battaglia contro l’autoproclamato Stato Islamico (Is) in Siria. Non sorprende, dunque, la rabbia del Dipartimento di stato Usa che, in nota ufficiale, si è detta “molto preoccupata” per i raid turchi iniziati martedì che sono stati condotti “senza un adeguato coordinamento né con gli Stati Uniti né con la più ampia coalizione internazionale [anti-Is]”.
Sulla questione è intervenuta mercoledì anche la Russia che con il suo ministro degli Esteri Lavrov ha definito gli attacchi turchi “inaccettabili” e ha invitato entrambe le parti belligeranti alla tregua. Di fronte al fuoco incrociato di Washington e Mosca, Ankara si è difesa sostenendo di aver avvisato entrambi gli alleati prima di attaccare.
La situazione resta tesissima: tre blindati battenti bandiera stelle e strisce ieri pattugliavano l’area tra le cittadine di Darabasiyah e Ras el-Ein dove mercoledì si sono registrati violenti scontri tra l’esercito turco e le Ypg. Secondo l’Afp, insieme ai carrarmati americani vi erano anche veicoli armati che trasportavano forze curde.
Nel vicino Iraq, intanto, l’Is ha rivendicato un attentato-bomba compiuto ieri notte a Baghdad. Nell’attacco sono rimasti uccisi 4 poliziotti (altre fonti parlano di 3 vittime). 8 i feriti. Secondo la ricostruzione fornita dalle forze di sicurezza locali, l’auto, imbottita di esplosivo, si è fatta saltare in aria all’ingresso di una stazione di polizia nel quartiere Karrada di Baghdad. Nonostante stia subendo da mesi gravi perdite in Iraq e in Siria, l’autoproclamato “califfato” continua con una certa costanza a colpire la capitale irachena. Lo scorso luglio un attentato kamikaze con un camion bomba ha ucciso più di 300 persone nello stesso quartiere teatro dell’attacco di ieri. Nena News