Il capo del comando militare centrale statunitense svela al Senato che solo una manciata di ribelli armati e guidati da Washington starebbe combattendo in Siria. Ora il programma di addestramento va ridimensionato. L’ennesima sconfitta siriana dell’amministrazione Obama
della redazione
Roma, 17 settembre 2015, Nena News - Lo scorso agosto, la Casa Bianca annunciava minacciosa che avrebbe difeso i “ribelli siriani” da lei addestrati da qualunque attacco, anche se a farlo fossero state le truppe governative. Oggi, invece, viene fuori che c’è ben poco da difendere: un centinaio di reclute, a detta del Sottosegretario alla Difesa Christine Wormuth. In realtà, sul campo, a combattere sotto la guida di Washington ci sarebbero “forse quattro, cinque ribelli”.
E’ la clamorosa rivelazione fatta ieri dal generale Lloyd Austin, capo del comando militare centrale statunitense, alla Commissione dei Servizi Armati del Senato. Alla domanda su quanti uomini stesse realmente addestrando in Siria l’esercito Usa, la risposta di Austin è stata chiara: “Si tratta di un piccolo numero. Quelli che sono in battaglia…saranno quattro o cinque”. Troppo pochi per quel mezzo miliardo investito dagli Stati Uniti nell’opposizione anti-Assad dall’inizio del conflitto in Siria, troppo scarsi per continuare con le stesse regole di ingaggio.
Il generale Austin lo aveva annunciato prima di snocciolare i numeri: “Allo stato attuale – ha dichiarato ieri in Senato – con un ritmo più lento del previsto, gli obiettivi iniziali di formazione sono irrealistici”. Obiettivi che comprendevano la formazione, l’equipaggiamento e la protezione di circa 5.400 miliziani anti-Assad che Washington, lo scorso maggio, giurava avrebbe messo insieme. Il primo lotto di combattenti era entrato in scena lo scorso agosto nel nord della Siria per contrastare le milizie dell’Isis: meno di 60 uomini attaccati subito dal fronte al-Nusra, la maggior parte catturata o uccisa, il resto fuggito.
Che l’addestramento Usa non fosse il più allettante per la ribellione siriana, schiacciata nel nord del Paese tra esercito governativo, fronte al-Nusra e milizie dell’Isis non è una novità: a marzo, ad esempio, il gruppo Harakat Hazm, riccamente finanziato e supportato da Washington per tre anni in chiave anti-Assad, annunciava il suo scioglimento, decretando ancora una volta il fallimento della politica Usa di sostegno di certi gruppi di ribelli che non sembrano godere di molto supporto tra la popolazione locale. Sfiancato da cocenti sconfitte e la perdita di molti uomini, il gruppo si arrendeva agli islamisti di al-Nusra e cedeva la base militare 46 di Aleppo, usata come proprio quartier generale: una delle tante brigate del cosiddetto Esercito Libero Siriano che negli anni è stata annientata dai gruppi jihadisti, evidentemente meglio pagati da certe petromonarchie del Golfo, oppure vi si è incorporata.
Ora si parla di cambiamento urgente di strategia: lo hanno detto alcuni funzionari Usa alla Reuters, rivelando che è in corso una revisione che potrebbe ridurre notevolmente il programma. Lo ha confermato anche il Sottosegretario alla Difesa Wormuth ieri in Senato: il Pentagono starebbe considerando opzioni che includono ridimensionamento degli obiettivi del programma per inserire piccoli numeri di ribelli addestrati dagli Stati Uniti nelle unità più grandi nel nord della Siria. Questo, secondo le rivelazioni fatte alla Reuters, creerebbe una forza “abilitante”, che potrebbe integrarsi con altri gruppi di combattenti allineati all’Occidente oppure potrebbe aiutare a “chiamare” i raid Usa contro il cosiddetto Califfato.
Un’ennesima sconfitta per l’amministrazione Obama, che continua a tenere il piede in una guerra che non riesce a gestire. Ma soprattutto un ricco bottino per i Repubblicani, umiliati dal respingimento della mozione da loro proposta contro l’accordo sul nucleare con l’Iran: il senatore Jeff Sessions, repubblicano dell’Alabama, ha semplicemente decretato “il totale fallimento” della politica Usa in Siria. Più arzigogolato è stato invece il senatore McCain, vecchio rivale di Obama e presidente della Commissione dei Servizi Armati del Senato, che ha condannato la campagna del presidente Usa contro l’Isis: “A un anno dall’inizio di questa campagna – ha detto ieri – sembra impossibile affermare che (lo Stato islamico) stia perdendo e che stiamo vincendo. E se non stai vincendo in questo tipo di guerra, si stanno perdendo”. Nena News
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