Da Istanbul a Gerusalemme, da Tunisi ad Algeri, nonostante le misure di contenimento della pandemia, le donne hanno marciato e organizzato eventi. Le richieste sono le stesse: eguaglianza di genere, fine delle violenze, contrasto a sistemi di potere patriarcali
della redazione
Roma, 9 marzo 2021, Nena News – Nonostante la pandemia e le misure di contenimento adottate nei vari paesi della regione, ieri le donne hanno manifestato nella giornata internazionale della donna. Gli slogan sono simili, le richieste le stesse: eguaglianza di genere, diritti reali, indipendenza economica, contrasto alla logica patriarcale dietro buona parte delle società – e i sistemi di potere – di Medio Oriente e Nord Africa
Turchia
Centinaia di donne, come da tradizione, sono scese in piazza sfidando i divieti imposti dalle autorità (negli anni passati l’8 marzo è stato tra i giorni di mobilitazione più repressi dalle forze di polizia). “Giustizia per le donne”, uno degli slogan più gridati e scritti nei cartelli portati dalle manifestanti colorate di viola, il colore del movimento globale Non Una di Meno, in un paese che ha visto negli ultimi anni un’impennata di violenze di genere tra le mura domestiche e di femminicidi
Dal 2002 sono state uccise da uomini 6.732 donne, secondo il rapporto del partito di opposizione Chp. Solo 3.482 i centri in cui rifugiarsi in caso di violenze domestiche, meno di un posto letto ogni 10mila donne. 17mila le donne detenute. E poi c’è il gap economico: gli uomini guadagnano in media il 31% in più delle donne, in aumento rispetto al 2006 quando la differenza si attestava sul 12%.
Una crescita tanto preoccupante che ieri ne ha parlato lo stesso presidente Erdogan, annunciando la creazione di una commissione parlamentare che affronti la questione della violenza sulle donne. Diversa la visione delle opposizioni che accusano il governo dell’Akp e dell’Mhp di aver creato negli anni al potere un clima ostile, un clima patriarcale fondato sull’immagine della famiglia tradizionale e di ruoli di genere statici e arretrati.
Libano
Da una settimana in Libano sono riprese le manifestazioni contro il carovita, la classe dirigente incapace di gestire la crisi economica, la svalutazione della lira. Le donne sono fin dall’ottobre 2019, inizio della mobilitazione libanese, in prima fila. Ieri a Beirut hanno manifestato legando le due proteste, quella anti-governativa e quella per l’8 marzo.
Eguaglianza di genere, fine del sistema della kafala (il sistema di semi-schiavitù dei lavoratori e le lavoratrici migranti), lotta alla violenza di genere (1.600 i casi di abusi registrati nel 2020, in un paese da sei milioni di persone)
الآن من مسيرة #يوم_المرأة_العالمي: "بدنا نسقط رجال الدين بدن يفلّو"#أخبار_الساحة pic.twitter.com/YqtxbI69mY
— أخبار الساحة (@Akhbaralsaha) March 8, 2021
Tunisia
Le donne tunisine hanno manifestato sabato in vista dell’8 marzo. Al centro del presidio la richiesta al governo di aderire alla Convenzione internazionale del Lavoro n. 190, che permetterebbe di introdurre strumenti per ridurre il gap occupazionale e di condizioni lavorative tra donne e uomini.
Algeria
Protesta anche ad Algeri, dove il focus della mobilitazione ha riguardato il diritto di famiglia algerino, aspramente criticato dalle donne che lo considerano uno strumento per mantenerle dipendenti da mariti e padri. Adottato nel 1984 e riformato nel 2005, secondo le organizzazioni delle donne è incostituzionale perché viola il principio di eguaglianza tra cittadini: nello specifico, dicono le associazioni femministe, le donne sono ridotte a cittadine di serie B.
“Eguaglianza tra donne e uomini” lo slogan risuonato nel centro di Algeri, mentre il corteo marciava verso l’ufficio centrale delle poste, luogo di ritrovo del movimento Hirak che da due anni attraversa l’Algeria chiedendo la rimozione dell’intera classe dirigente.
Tra i temi al centro della manifestazione anche le violenze contro le donne: 75 i femminicidi nel 2019, oltre 40 nel 2020.
Les femmes manifestent à Alger.#8mars #Algeria pic.twitter.com/aYKXmBGdlo
— Aboubaker Khaled (@bobkhaled06) March 8, 2021
Palestina
A Gerusalemme, nel quartiere di at-Tur, la polizia israeliana ha compiuto un raid nel centro che stava organizzando una mostra di patrimonio culturale palestinese, abiti tradizionali femminili. Secondo quanto riportato dalle donne presenti, Iklas al-Syad – organizzatrice dell’evento per celebrare l’8 marzo e direttrice del centro delle donne di at-Tur – e la stilista Manal Abu Spaitan sono state detenute.
La polizia avrebbe confiscato anche dei vestiti tradizionali.
#ApartheidIsrael is so fragile and lacking in history and culture that it is threatened by a few dresses embroidered by indigenous #Palestinian women to celebrate our culture and tradition. This is in illegally occupied #Jerusalem, #Alquds. #settlercolonialism #Zionism #racism https://t.co/Fs1IXkFH9r
— Professor Kamel Hawwash كامل إسحق الحواش (@kamelhawwash) March 9, 2021