Teheran denuncia Washington per violazione del trattato di amicizia del 1955. Tra un mese il verdetto dell’Aia. La Repubblica Islamica prova a fermare l’emorragia di compagnie straniere spaventate dalle sanzioni di Washington
della redazione
Roma, 27 agosto 2018, Nena News – La goccia che ha fatto traboccare il vaso non è stato il ritiro di Total dal progetto multimiliardario del South Pars, la richiesta era stata consegnata a fine luglio. Ora si concretizza: l’Iran chiederà alla Corte Internazionale di Giustizia di ordinare agli Stati Uniti di cancellare le sanzioni che la Casa bianca ha reintrodotto in questo ultimo mese. E Washington dovrà rispondere domani.
La denuncia di Teheran si basa sulla violazione del trattato di amicizia del 1955 tra i due paesi, firmato all’epoca dal presidente statunitense Einsenhower e il primo ministro Hossein Ala. Il trattato definiva rapporti economici e consolari a due anni dal golpe che fece cadere Mohamed Mossadeq e posto fine alla nazionalizzazione del petrolio, spauracchio per le potenze occidentali che orchestraronò il colpo di Stato.
Secondo l’articolo 23 del trattato “ogni disputa tra le parti contraenti e l’interpretazione dell’applicazione del trattato dovranno essere sottoposte alla Corte di Giustizia internazionale”. L’accordo non è stato mai stracciato, nemmeno nel 1979, anno della rivoluzione khomeinista e della rottura dei rapporti bilaterali tra i due paesi. E nemmeno quando Washington ci presentò di fronte alla Corte, lo stesso anno, durante la crisi degli ostaggi all’ambasciata americana di Teheran. All’epoca il tribunale ordinò l’immediato rilascio degli ostaggi, riferendosi anche al trattato di amicizia, confermandone dunque la validità. Lo stesso accadde dieci anni dopo quando 290 persone a bordo di un aereo civile iraniano furono uccisi dall’attacco compiuto da una nave da guerra statunitense.
La mossa non è nuova, dunque, e ha riguardato anche le ultime ondate di sanzioni: già due anni fa la Repubblica Islamica minacciò di fare lo stesso perché, a un anno dalla firma dell’accordo sul nucleare iraniano tra Iran e 5+1 gli Stati Uniti non avevano ancora sbloccato i due miliardi in asset iraniani. Ora si aspetta la contromossa statunitense: secondo fonti interne, Washington affermerà che la corte Onu non ha giurisdizione nella disputa e che il trattato non ha più validità. Tra un mese dovrebbe arrivare il verdetto, che però non ha alcun potere vincolante.
La guerra fredda tra Iran e Stati Uniti, dunque, prosegue: lo scorso 7 agosto, a tre mesi dall’uscita degli Usa dall’accordo sul nucleare, TRump ha introdotto nuove sanzioni: divieto di usare il dollaro per le transazioni, divieto di commercio di metalli e macchine prodotte in Iran, blocco dell’export di tappeti e cibo iraniano, divieto di acquisto di aerei e parti di aerei statunitensi ed europei. E altre ne entreranno in vigore a novembre con nel mirino le esportazioni di greggio e il settore energetico iraniano.
L’amministrazione Trump insiste nelle pressioni, su spinta degli alleati regionali, Israele e Arabia Saudita, provocando danni seri all’economia iraniana. A tre anni dalla firma dell’accordo sul nucleare, con decine di contratti internazionali rimasti in sospeso, l’Iran sta vivendo una serie crisi economica. Che si aggrava a ogni ondata di sanzioni perché spaventa le compagnie internazionali che avevano visto nel mercato iraniano un’occasione da non perdere.
Ultima in ordine di tempo è stato il gigante francese Total: la scorsa settimana si è ritirata dal contratto da 4,8 miliardi di dollari per lo sviluppo del bacino di gas naturale South Pars – che Teheran condivide con il Qatar – considerato il più grande al mondo. Total aveva chiesto di essere esentata dalle sanzioni Usa (lo ha fatto perché possiede negli Usa 10 miliardi di dollari di asset e perché il 90% delle sue operazioni sono coperte da banche americane) per poter procedere, ma non ha ottenuto la necessaria autorizzazione.
I timori di Total sono condivisi da altre compagnie (Peugeot, Renault, Deutsche Telekom, Deustche Banke e Daimler hanno già sospeso i propri investimenti nel paese) e ha poco sono serviti gli appelli europei: Bruxelles ha ribadito l’intenzione di proseguire con l’implementazione dell’accordo e invitato con forza le compagnie europee a portare avanti i contratti firmati. Nena News
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