Almeno 25 gli arresti, tra questi diversi leader del movimento islamico in Cisgiordania. Dinamiche simili alle consultazioni del 2006 quando l’esercito israeliano incarcerò oltre 560 membri del partito. Intanto l’Olp lavora su Gerusalemme est: elezioni cancellate se i palestinesi della Città Santa non potranno andare alle urne
della redazione
Roma, 13 aprile 2021, Nena News – Le elezioni palestinesi si avvicinano e si ripresentano dinamiche molto simili a quelle delle consultazioni del 2006: l’esercito israeliano ha arrestato lunedì notte 25 palestinesi, tra cui diversi membri di Hamas e l’ex prigioniera politica Mona Qa’dan, arrestata già cinque volte e rilasciata nel 2016 dopo 40 mesi. A darne notizia è il Palestinian Prisoner Society.
Tra gli arrestati, ci sarebbero anche il membro e capo della Palestinian Scholars League di Hamas Mustafa Shawer e il parlamentare Omar al-Qawasmi. Gli arresti sono avvenuti a Gerusalemme est e in diverse città della Cisgiordania, Hebron, Betlemme, Jenin, Ramallah e Al-Bireh. Non è la prima volta che accade nelle ultime settimane: l’esercito israeliano ha incarcerato anche candidati alle legislative del 22 maggio. Provocando la reazione di Hamas che parla di “tentativo di fermare il corso delle elezioni”. Come accadde 15 anni fa quando, prima del voto, Israele arrestò oltre 560 leader e membri del movimento islamico.
Già all’inizio di marzo, il quotidiano israeliano Haaretz aveva riportato di intimidazioni da parte dei servizi segreti interni israeliani, lo Shin Bet a palestinesi membri di Hamas, contattati per fare loro pressioni in vista del voto: meglio non candidarsi, il messaggio dello Shin Bet secondo Haaretz, pena l’arresto. Non solo il partito che governa Gaza: a finire nel mirino anche membri di Fatah, come Adel Abu Zneid, leader del partito a Gerusalemme est, e il candidato. Ghada Abu Rabi, entrambi detenuti per poche ore la scorsa settimana durante un evento in un hotel di Gerusalemme est.
Sullo sfondo sta un voto atteso – non si va alle urne da 15 anni – e che ha già provocato più di un terremoto dentro le leadership partitiche. Se Hamas è dato primo dai sondaggi alle legislative, la candidatura di Marwan Barghouti alle presidenziali del 31 luglio ha sparigliato le carte. Primo secondo i sondaggi tra 36 diversi candidati alla carica di presidente, preoccupa Fatah e Hamas, ma anche Israele che lo detiene da 2002 e lo ha condannato a cinque ergastoli.
Tanto che non sono pochi quelli che temono un rinvio, l’ennesimo, del voto per impedire la vittoria di Barghouti che alle legislative si è presentato insieme al nipote di Yasser Arafat, Nasser Qudwa, ex membro del Comitato esecutivo di Fatah, cacciato dal partito dal presidente Abu Mazen poche settimane fa.
Una delle possibili vie d’uscita per giustificare un rinvio potrebbe essere il voto a Gerusalemme est. Ieri con un comunicato congiunto i partiti membri dell’Olp hanno fatto sapere che “non ci saranno elezioni senza Gerusalemme”. Il riferimento è all’impedimento che Israele pone allo svolgersi della consultazione tra i palestinesi della Città Santa. Da decenni Israele tenta di impedire, con arresti per lo più, lo svolgersi di attività politica a Gerusalemme est, nonostante sia riconosciuta dal diritto internazionale occupata militarmente al pari di Gaza e Cisgiordania e nonostante gli stessi Accordi di Oslo del 1993 prevedano lo svolgersi del processo elettorale palestinese in città.
L’Olp sta ancora attendendo una risposta dalle autorità israeliane in merito. Al momento ci sono solo le parole del ministro della Difesa israeliano Gantz che ieri sera ha detto che Tel Aviv “non intende interferire nelle decisioni politiche palestinesi”, per poi aggiungere però che “non lavorerà con Hamas, un’organizzazione terroristica che tiene in ostaggio la popolazione di Gaza”. Nena News