Gli aiuti alla “sicurezza” degli Stati Uniti all’Autorità Nazionale Palestinese hanno trasformato Ramallah in sub-appaltatore dell’occupazione e spianato la strada all’autoritarismo interno
di Alaa Tartir – Al Jazeera
Ramallah, 7 dicembre 2016, Nena News – Intellettuali e attivisti criticano regolarmente l’ingente quantità di fondi – 3.1 miliardi di dollari – che gli Stati Uniti fanno transitare a Israele ogni anno. Recentemente il presidente Usa Barack Obama ha riconosciuto a Israele 38 miliardi di dollari in aiuti militari per i prossimi 10 anni, il più grande singolo impegno di assistenza militare nella storia statunitense. Con il presidente eletto Donald Trump, che di certo continuerà se non aumenterà questa quantità, le critiche sono destinate a crescere.
Tuttavia gli aiuti militari a Israele non sono l’unico modo in cui gli Usa sostengono l’occupazione israeliana della Palestina. Gli aiuti statunitensi ai palestinesi, una media di 400 milioni di dollari l’anno dal 2008 che si dividono tra sostegno al budget all’Autorità Nazionale Palestinese e assistenza a progetti civili, in ultima istanza supportano l’occupazione israeliana.
Negli ultimi due decenni gli Stati Uniti sono stati secondi solo all’Unione Europea in donazioni a Cisgiordania e Striscia di Gaza, con oltre 5 miliardi su un totale di 30 in aiuti. Questi fondi sono stati per lo più girati al settore della sicurezza dell’Anp. Metà dei dipendenti pubblici palestinesi sono impiegati nella sicurezza. Ogni anno il settore riceve un miliardo di dollari di budget dall’Anp e il 30% circa degli aiuti internazionali.
Dal 2005 gli Stati Uniti, tramite l’ufficio della United States Security Coordinator (Ussc) per Israele e i Territori palestinesi, hanno lavorato per professionalizzare e potenziare l’efficacia delle forze di sicurezza dell’Anp come parte del progetto di costruzione dello Stato (sotto occupazione) per la Palestina. Eppure il principale cardine di questo progetto è stato il radicamento della collaborazione alla sicurezza tra Anp e Israele.
Che l’Anp e Israele lavorino insieme sulla sicurezza significa che una sostanziosa parte degli aiuti al settore della sicurezza dell’Autorità Palestinese serve sia a Israele che alla Palestina. Ricerche mostrano che almeno il 78% degli aiuti internazionali ai palestinesi finiscono nell’economia israeliana.
Gli aiuti Usa rendono più facile e economico a Israele la sicurezza per le sue colonie – illegali secondo il diritto internazionale e agli occhi del mondo e degli Stati Uniti. La presenza di coloni israeliani nei Territori Occupati palestinesi è anche una violazione del diritto internazionale. Gli aiuti dunque compromettono la sicurezza dei palestinesi finanziando gli interessi del loro occupante. “Collaborazione” sotto occupazione in realtà significa dominio dell’oppressore.
Vale la pena ricordare le parole dell’ex capo dell’Uscc, il generale Keith Dayton, che elogiò “i nuovi uomini palestinesi” che aveva creato addestrando le forze di sicurezza dell’Anp. Dayton celebrava l’abilità dei nuovi palestinesi di bloccare sollevazioni di massa, notando che ora puntano le loro pistole non contro Israele ma contro i “nemici reali” – quei palestinesi che resistono all’occupazione di Israele.
Gli aiuti alla sicurezza alla Palestina inoltre trasformano l’Anp in un sub-appaltatore dell’occupazione israeliana. Basta che chiediate a qualsiasi giovane palestinese della Cisgiordania che ha provato a protestare contro l’uccisione da parte di Israele di migliaia di civili a Gaza nel 2014 ed è stato fermato dalle forze dell’Anp. La grande maggioranza dei palestinesi rifiuta la posizione del presidente Mahmoud Abbas per cui il coordinamento alla sicurezza con Israele è “sacra”.
Un residente del campo profughi di Jenin in Cisgiordania mi ha detto: “Non ho problemi con il coordinamento alla sicurezza se fosse reciproco. Ma è solo dominio. Quando l’Anp potrà chiedere a Israele di arrestare un colono per proteggere la sicurezza del popolo palestinese, allora sarà diverso”. Un residente del campo profughi di Balata a Nablus ha aggiunto: “Il coordinamento alla sicurezza mina la nostra sicurezza e esternalizza [il ruolo di occupante] alle forze di sicurezza dell’Anp”.
I campi di Balata e Jenin sono regolarmente presi di mira dalle forze dell’Anp addestrati dagli Usa per “indurre legge e ordine” attraverso operazioni di sicurezza. L’ultimo round si è svolto una settimana fa con circa 2mila uomini entrati a Balata, portando a duri scontri.
Inoltre come mostra la mia ricerca, questi aiuti “securitari” hanno reso l’Anp sempre più autoritaria e, come alcuni analisti hanno precisato, hanno segnato il sentiero verso uno Stato di polizia. Sia Amnesty International che Human Rights Watch hanno documentato che l’uso eccessivo di forza da parte della sicurezza dell’Anp così come gli assalti commessi dalla polizia in Cisgiordania. L’Anp inoltre limita la libertà di espressione così come la partecipazione e la mobilitazione.
Infatti il 25 luglio due organizzazioni per i diritti umani europee hanno presentato una richiesta sulla base dell’articolo 15 all’ufficio del procuratore della Corte Penale Internazionale per avviare un’inchiesta sul crimine di torture “diffuse e sistematiche” di detenuti palestinesi commessi dalle forze dell’Anp in Cisgiordania. La richiesta invita il procuratore a considerare una possibile inchiesta.
Tuttavia questo uso della forza da parte dell’Anp impallidisce contro quella di Israele, l’attore che ha il vero monopolio dell’aggressione e la violenza nei Territori Palestinesi dato che è l’occupante militare e la somma autorità. In effetti la maggior parte degli aiuti Usa alla Palestina non solo ostacola gli sforzi palestinesi verso la propria libertà dall’occupazione israeliana, ma ha anche promosso l’autoritarismo dell’Anp.
Gli aiuti per controllare i confini e rafforzare la sicurezza interna porterebbero a benefici se la Palestina fosse uno Stato sovrano o se il processo di pace si stesse effettivamente svolgendo. Ma nelle attuali condizioni di conflitto e oppressione i politici devono trovare prima la via verso una risoluzione giusta.
Il sostegno statunitense all’Anp attraverso gli aiuti alla sicurezza inoltre pone un carico economico pesante sulle spalle dei palestinesi, visto che il budget e le risorse scarse sono prosciugati dal settore della sicurezza. Il denaro potrebbe essere speso in infrastrutture, educazione e servizi sociali invece che mantenere i salari degli insegnanti ad un livello così basso da spingerli nelle piazze in una delle più vaste proteste di massa in Palestina negli ultimi anni.
Dobbiamo anche guardare seriamente a come questi aiuti vengono allocati. Un rapporto recente del Geneva Center for the Democratic Control of Armed Forces (Dcaf), ancora non pubblicato ma che ho potuto visionare, fornisce statistiche poco note che quantificano il settore della sicurezza dell’Anp.
Il rapporto del Dcaf mostra che ci sono 83.276 membri delle forze di sicurezza in Cisgiordania e Gaza. Secondo tutti gli standard internazionali è un numero molto alto, con un rapporto di 1 a 48 sulla popolazione totale. In Afghanista, altro paese in conflitto, è di 406 poliziotti ogni 100mila persone, secondo i dati Interpol, e di 5.8 soldati attivi ogni mille persone secondo i dati dell’International Institute for Strategic Studies.
Usando gli stessi dati negli Stati Uniti il rapporto è di 260 poliziotti per 100mila abitanti e 4.6 soldati attivi per mille persone. Eppure in Palestina un alto rapporto di personale di sicurezza non ha alcun senso non fornendo migliore sicurezza ai palestinesi. La principale fonte di insicurezza palestinese è l’occupazione israeliana che è sostenuta dal settore della sicurezza dell’Anp.
Degli 83.276 membri delle forze di sicurezza, 65.463 ricevono lo stipendio dall’Anp e 17.813 dal governo de facto di Hamas a Gaza, mostra il rapporto. L’Anp, che sopravvive degli aiuti internazionali, paga i salari a 31.913 impiegati in Cisgiordania e 33.550 a Gaza. Non solo l’Anp spende quasi un terzo del suo budget totale della sicurezza , un miliardo di dollari, ma il 78% dei 261 milioni previsti per il settore della sicurezza è andato in stipendi.
Inoltre andrebbe notato che al personale della sicurezza pagato dall’Anp al momento è impedito di lavorare per Hamas a causa del conflitto tra Cisgiordania guidata dall’Anp e Gaza guidata da Hamas (sebbene Israele resti l’attuale potere occupante per entrambe le enclavi). L’Anp paga oltre 40 milioni di dollari ogni mese per mantenere i suoi impiegati a Gaza, in sua assenza. Questi “assenti” sono costati qualcosa come 4.8 miliardi di dollari all’Anp negli ultimi 10 anni. Né funzionari dell’Anp né leader di Hamas hanno affrontato questa questione; al contrario continuano a mantenere la divisione politica che tanto ha danneggiato la lotta palestinese per la libertà e l’uguaglianza nell’ultimo decennio.
Secondo il rapporto del Dcaf, l’Anp ha 223 generali e Hamas 80. A confronto l’esercito Usa ha 410 generali in totale (di cui 110 nella marina, 36 nei marine e 131 nell’aviazione). Sicuramente, anche nel migliore scenario di un settore della sicurezza che effettivamente la garantisce ai palestinesi, questa proporzione deformata non ha alcun senso.
I dati del rapporto sono preziosi non solo perché rari ma anche perché mostrano ai politici la necessità di valutare criticamente l’efficacia di questo flusso di aiuti. Le statistiche del Dcaf dovrebbero essere considerate per ripensare la politica riguardanti gli aiuti alla Palestina se gli Usa fossero seri nel voler raggiungere la pace nella regione.
Questo ripensamento non dovrebbe portare a meno aiuti alla Palestina o ad abbandonare il settore della sicurezza dell’Anp, questo aumenterebbe solo gli alti tassi di disoccupazione in Cisgiordania e Gaza. Dovrebbe, invece, riconfigurare i doveri delle forze di sicurezza così da poter sfidare la politica che favorisce la sicurezza di Israele a quella dei palestinesi e da renderle più responsabili nei confronti del popolo palestinese che vorrebbero servire.
Qualcuno potrebbe dire che modificare gli aiuti in questo modo porterebbe a maggiore violenza tra palestinesi e israeliani e tra i palestinesi stessi. Non succederà se sarà sostenuto da una reale sforzo per raggiungere una pace giusta, compresa la fine immediata dell’occupazione militare. La verità è che occupazione militare e ruolo autoritario non porteranno mai la sicurezza. Un migliore stanziamento degli aiuti insieme all’investimento su una pace giusta è il percorso verso una reale e sostenibile sicurezza.
Traduzione a cura della redazione di Nena News