La rimozione dei fatti di Gerusalemme resta qualcosa di scioccante. Si poteva pensare che dati gli eventi tumultuosi dell’anno passato – dal movimento Black Lives Matter alla pandemia da Covid-19 che hanno rivelato un’America decrepita e iniqua – i media mainstream statunitensi avrebbero cambiato rotta
di Azad Essa – Middle East Eye
(Traduzione a cura di Valentina Timpani)
Roma, 11 maggio 2021, Nena News – Nell’ultima settimana, alcuni coloni ebrei con un forte accento di Brooklyn sono stati ripresi mentre si facevano largo, con fare da bulli, nelle case dei palestinesi del quartiere di Sheikh Jarrah, nella parte occupata di Gerusalemme Est. “Se non sarò io a rubare casa tua, lo farà qualcun altro”, ha detto un colono a Mona al-Kurd, una donna palestinese la cui casa era stata invasa, in un video che è diventato poi virale.
Anche la polizia israeliana è stata vista mentre prendeva d’assalto il quartiere, interrompendo con violenza le veglie, picchiando e soffocando attivisti che conducevano dei sit-in in segno di protesta contro lo sgombero dei rifugiati palestinesi che vivono in quella zona, molti dei quali affronteranno lo sfratto nei giorni a venire. Sui social media, gli attivisti online hanno condiviso l’hashtag #SaveSheikhJarrah nel tentativo di attirare l’attenzione internazionale e di assicurarsi che il mondo sia testimone dell’ennesimo crimine israeliano.
Che sia chiaro: una pulizia etnica è attualmente in atto nel quartiere a predominanza palestinese, sotto gli occhi di tutto il mondo. Ma per i media mainstream americani, è come se non stesse succedendo assolutamente nulla. In questo universo parallelo, il tentativo feroce e illegale di sgomberare i palestinesi dalle loro case, e le azioni violente delle forze israeliane per fermare le manifestazioni contro una recente ingiunzione che sostiene gli sfratti, sono stati accolti da un silenzio assordante.
Dando una veloce occhiata al New York Times, alla Npr, alla Cnn e al Time Magazine non si trovano tracce degli eventi degli ultimi giorni. Ci si continua, invece, a concentrare soprattutto sull’incapacità di Israele di formare un governo. Nei casi in cui gli sfratti e le violenze inflitti ai residenti di Sheikh Jarrah sono stati coperti – per esempio dall’Associated Press – la questione viene inquadrata come una disputa quasi commerciale tra due parti e descritta come una “battaglia legale di lunga durata” tra palestinesi e coloni, evitando per convenienza di sottolineare che per il diritto internazionale, i tribunali di Israele non hanno l’autorità di far stabilire dei civili nel territorio palestinese occupato, mentre lo sgombero di famiglie palestinesi contravviene ai fondamenti del diritto umanitario internazionale.
Come dimostrano gli attacchi, che vanno avanti da molto tempo, nei confronti delle famiglie del quartiere, la storia di Sheikh Jarrah va al cuore dell’interminabile progetto israeliano di colonizzazione della terra e di espulsione dei palestinesi, o come l’hanno descritta i palestinesi: una continuazione della Nakba del 1948.
Il quartiere di Sheikh Jarrah include circa 3.000 rifugiati che sono stati rimossi con la forza dalle loro case originarie che si trovavano in altre parti di quella che era la Palestina storica nel 1948. A partire dai primi anni Settanta, i palestinesi di questo quartiere hanno combattuto contro una serie di organizzazioni di coloni ebrei che hanno presentano azioni legali che affermavano che la terra appartenesse a loro. Dozzine di palestinesi sono stati cacciati fuori dal quartiere e rimpiazzati dai coloni israeliani.
L’impasse e le proteste attuali sono arrivate dopo che i tribunali israeliani l’anno scorso hanno ordinato lo sfratto di più di una dozzina di famiglie palestinesi dal quartiere residenziale.
Considerando i modi con cui i media mainstream statunitensi hanno storicamente coperto l’occupazione israeliana della Palestina – che sia l’uso del termine “scontri”, anche quando masse israeliane hanno marciato al grido di “Morte agli arabi”, come hanno fatto il mese scorso, o il tracciare false equivalenze nel livello di violenza tra gli occupanti e gli occupati, o la giustificazione costante della violenza israeliana come “autodifesa”, anche nel bel mezzo di un’invasione – la mancanza di copertura degli eventi a Sheikh Jarrah non sorprende del tutto.
Si tratta, dopotutto, degli stessi media che ancora scelgono di elogiare il successo della campagna vaccinale contro il Covid-19 da parte di Israele, che continua però a negare completamente le sue responsabilità legali nei confronti delle vite dei palestinesi che vivono sotto il suo controllo.
Eppure, la rimozione dei fatti di Sheikh Jarrah resta qualcosa di scioccante. Si poteva pensare che dati gli eventi tumultuosi dell’anno passato – dal movimento Black Lives Matter alla pandemia da Covid-19 che hanno rivelato un’America decrepita e iniqua – che i media mainstream statunitensi avrebbero cambiato rotta, ripensando la loro complicità, o almeno analizzando la falsità americana. Ma, a quanto pare, sono rimasti indifferenti.
Parte del problema è che non c’è nessuno che chiede conto a Israele. Gli attivisti della società civile palestinese hanno lanciato un appello alla Corte Penale Internazionale affinché includa gli sfratti a Sheikh Jarrah come parte delle indagini in corso, ma sia Israele che gli Stati Uniti hanno respinto il diritto della CPI di chiedere conto a Israele.
Su Sheikh Jarrah, il governo statunitense ha rifiutato di condannare le azioni dei coloni sponsorizzate dallo Stato. Mercoledì, diversi legislatori americani hanno chiesto al Dipartimento di Stato di rompere il silenzio. La rappresentante Marie Newman, per esempio, ha chiesto che il Dipartimento di Stato “condanni immediatamente queste violazioni del diritto internazionale dato che i Palestinesi vengono rimossi con la forza dalle loro case a Gerusalemme Est”.
Giovedì, un portavoce ha riferito al Middle East Eye che il Dipartimento di Stato è “profondamente preoccupato”. “Come abbiamo detto costantemente, è fondamentale evitare passi unilaterali che aggravino le tensioni o che ci allontanino ancora di più dalla pace, ciò include gli sfratti, l’attività di insediamento e la demolizione delle case” ha aggiunto il portavoce.
Le Nazioni Unite sono state ugualmente blande sulle questione. Anche la loro leadership si è mostrata appena capace di reiterare la propria posizione ripetuta frequentemente che “tutte le attività di insediamento, inclusi gli sfratti e le demolizioni, sono illegali per il diritto internazionale”.
Nel frattempo, la realtà dei fatti continua a cambiare. Oggi, domani, gli sfratti continueranno; altre vite saranno distrutte, altre case saranno portate via. E pare che i media mainstream statunitensi siano ben consapevoli che se non ci sono conseguenze per l’espulsione dei palestinesi dalle loro case, sicuramente non ce ne sono per l’eliminazione sui media di questi crimini.