Nasce tra i palestinesi all’estero un nuovo progetto, il Congresso per un Percorso Alternativo, nove punti di programma, il rigetto degli strumenti della vecchia politica e del negoziato fine a se stesso e due obiettivi: ritorno dei rifugiati e Palestina unita
di Anna Maria Brancato
Roma, 16 novembre 2020, Nena News – Se si considera il punto di vista palestinese, le ultime vicende politiche non fanno che confermare il crescente isolamento del popolo palestinese, lasciato solo ad affrontare la morsa dell’occupazione militare israeliana. La classe dirigente, infatti, non ha saputo tutelare i diritti basilari del proprio popolo e ha preferito più volte cedere alle false promesse degli accordi internazionali e alla trappola della collaborazione con l’occupante. Sperando, forse, che questo atteggiamento avrebbe in qualche modo mitigato l’indole espansionista e coloniale dello Stato di Israele.
Non è il caso di dilungarsi qui nell’analizzare i rapporti tra colonizzato e colonizzatore e di come il colonizzatore sia riuscito a sfruttare la classe politica borghese palestinese dandole l’illusione di poter godere di determinati privilegi legati alla propria posizione, ma tenendola completamente in disparte nel reale processo decisionale. Un processo decisionale che, quindi, si rivela appannaggio del colonizzatore, a danno ma con il consenso più o meno esplicito del colonizzato.
La risposta al continuo accerchiamento della classe dirigente palestinese e alla sfiducia che questa impotenza ha generato nelle masse, arriva proprio dalla diaspora (shatat, in arabo). Rifugiati, intellettuali, attivisti palestinesi che vivono in ogni parte del mondo, dall’Europa all’America Latina, hanno deciso di organizzarsi ed esprimere il proprio dissenso verso questa classe politica che non li rappresenta e che, in linea con la volontà dell’occupante, ha nel tempo dimenticato i suoi concittadini sparsi per il mondo.
Stanchi di doversi appigliare a una lontana e poco verosimile “riconciliazione” con l’occupante, stanchi anche di assistere da lontano alla umiliazione e alla demoralizzazione del proprio popolo, i palestinesi in diaspora hanno deciso di dare vita a un progetto, è il caso di dire “rivoluzionario”, che si propone prima di tutto il superamento e la cancellazione degli errori strategici della classe politica palestinese a partire dalla Conferenza di Madrid del ’91 fino a oggi, e la ripresa di un progetto nazionale palestinese basato su due concetti fondamentali:
1) il riconoscimento di una Palestina unita e unitaria senza distinzione tra territori occupati nel 1948 o nel 1967;
2) l’importanza dell’implementazione del diritto al ritorno per ogni palestinese, come punto di partenza nella ricerca di una soluzione giusta alla questione palestinese.
Cambiamento pare essere la parola d’ordine di questo nuovo movimento che ha deciso di adottare la denominazione imponente e importante di Congresso per un Percorso Alternativo Palestinese. La nuova organizzazione, dall’orientamento sicuramente democratico e progressista, non vuole essere né confusa con, né associata alle realtà partitiche già esistenti, proprio per non essere trascinata nelle stesse vecchie dinamiche che si propone di ribaltare.
E in qualità di entità ideologicamente indipendente, si rivolge indistintamente a tutte e tutti i/le palestinesi, puntando particolarmente sui giovani, che rischiano altrimenti di perdere il contatto con la propria storia, le proprie tradizioni e la propria terra d’origine.
L’obiettivo dei suoi fondatori è intanto quello di creare un dibattito e una coscienza alternativa, dentro e fuori il popolo palestinese e dentro e fuori i confini della Palestina.
Riaccendere il dibattito politico è infatti essenziale per superare lo stallo, l’immobilità e l’incapacità che caratterizza l’attuale dirigenza, raccogliendo e incanalando il malcontento di tutti quei palestinesi che non sentono di appartenere a nessuna fazione in particolare.
Un cambiamento e una rivoluzione radicale rispetto al discorso già esistente, ben visibili anche a una prima lettura dei nove punti programmatici del movimento. Nessun riferimento a questioni religiose o identitarie; nessun riferimento esplicito a un linguaggio che possa essere direttamente ascrivibile ad alcuna realtà partitica. La lotta palestinese è guardata nella sua unicità e unitarietà come lotta di un popolo che pone come priorità delle sue azioni il raggiungimento dell’autodeterminazione in una patria libera dall’occupazione; un popolo che rimanda a un secondo momento la necessità di affrontare le normali differenze insite in una società che si presuppone democratica e plurale.
Risulta evidente, invece, il sentimento internazionalista e anti-imperialista che caratterizza il Congresso per un Percorso Alternativo Palestinese. Indubbiamente segno della maturità e della consapevolezza politica dei suoi fondatori, capaci di analizzare la propria questione come tassello fondamentale all’interno della lotta più ampia per l’autodeterminazione di tutti gli oppressi e per la liberazione da ogni forma di colonialismo. Un movimento ancor più rivoluzionario se si pensa che proviene proprio da una diaspora che non trova spazio, né fisico né politico, nella propria terra originaria e che però, da lontano, non rinuncia a far sentire la propria voce reclamando la propria esistenza e i propri diritti.
Consapevoli di come sia ancora un work in progress, sicuramente la nascita del movimento costringerà tutti e tutte i/le palestinesi a discuterne, nel bene e nel male, e in questo caso il primo obiettivo dei fondatori potrà essere dichiarato raggiunto: non far morire la discussione attorno all’ingiustizia subita dal popolo palestinese e contribuire a creare un attaccamento e una coscienza politica soprattutto nelle nuove genereazioni di palestinesi in diaspora, molti dei quali non hanno ancora mai potuto vedere la propria terra d’origine.
Il Percorso Alternativo, intanto, fissa già la data e il luogo del suo primo congresso: Ottobre/Novembre 2021 a Madrid, città simbolo dell’inizio del cosiddetto “processo di pace” che ancora oggi, a quasi trent’anni da quella data storica, trascina evidenti i segni del suo fallimento. Nena News