L’ira del premier per la decisione di Ramallah di chiedere l’ingresso in 15 agenzie Onu. Stop ai rapporti tra ministri e funzionari israeliani e palestinesi. Esclusa dal divieto la capo negoziatrice Livni.
dalla redazione
Gerusalemme, 9 aprile 2014, Nena News – Netanyahu ferma tutto. Dopo l’incontro di ieri tra Tzipi Livni e Saeb Erekat, i capi negoziatori israeliano e palestinese, il primo ministro israeliano stamattina ha ordinato di sospendere ogni tipo di comunicazione e cooperazione con l’Autorità Palestinese. A monte, secondo Netanyahu – “la grave violazione palestinese degli accordi dietro il processo di pace”, ovvero la decisione di Ramallah di riavviare le procedure per entrare di diritto in 15 diverse agenzie delle Nazioni Unite.
Una decisione scaturita dallo stop israeliano alla liberazione dell’ultimo gruppo di prigionieri palestinesi previsto per fine marzo e parte delle precondizioni dettate a luglio dello scorso anno per l’avvio dei negoziati.
L’ordine riguarderebbe i funzionari governativi, i direttori dei dipartimenti ministeriali e i ministri che mantengono contatti di alto livello con gli ufficiali palestinesi, mentre sarebbero esclusi la stessa Tzipi Livni e coloro che si occupano di “cooperazione di basso livello”. Ovvero, possono proseguire sia il negoziato in corso che le comunicazioni relative alla sicurezza, ma sono bloccati tutti i rapporti relativi a questioni amministrative e civili. Il primo commento da parte di Ramallah giunge per bocca di Mohammed al-Madani, braccio destro del presidente Abbas: “Se fosse vero, questa decisione è un errore. È impossibile rompere i legami tra israeliani e palestinesi. Dobbiamo continuare ad avere relazioni normali per giungere ad una pace giusta e definitiva”.
Secondo fonti vicine al premier, la sfuriata sarebbe giunta dopo le dichiarazioni di alcuni funzionari palestinesi e statunitensi in merito all’incontro svoltosi ieri: “Ci sono ancora differenze tra le posizioni israeliana e palestinese e gli statunitensi stanno compiendo grandi sforzi per superarle”, aveva commentato un ufficiale dell’ANP. “Restano delle distanze ma entrambe le parti si sono impegnate a restringerle”, aveva aggiunto la portavoce del Dipartimento di Stato americano, Jen Psaki. Ma soprattutto a far infuriare il premier sarebbe stata la dichiarazione del segretario di Stato Kerry che aveva imputato lo stallo del negoziato all’annuncio del primo aprile di costruzione di 700 nuove unità abitative per coloni a Gerusalemme Est.
Il meeting d’emergenza di ieri non si era certo concluso sotto buoni auspici: il processo di pace non è mai decollato, intramezzato da decine di morti palestinesi per mano israeliana, dalla continua espansione delle colonie a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, e ora dal rifiuto di liberazione dei detenuti e dai tentativi palestinesi di entrare nelle agenzie Onu. Ieri il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, si era detto pronto a tornare al tavolo del negoziato solo se l’ANP avesse bloccato le procedure di riconoscimento della Palestina come membro delle 15 agenzie: “I palestinesi devono pagare un prezzo”, aveva detto Lieberman. Nena News