La ong statunitense sostiene che indire delle elezioni quest’anno è sbagliato perché le autorità locali non possono garantire la libertà di adunarsi e quella di espressione. Le Nazioni Unite, invece, parlano di “massima priorità”. Da Parigi, intanto, Sarkozy si difende dalle accuse di illeciti: “Tutte bugie”
della redazione
Roma, 22 marzo 2018, Nena News – La Libia non dovrebbe indire delle elezioni quest’anno perché il Paese è troppo violento e le autorità locali non possono garantire la libertà di adunarsi e quella di espressione, elementi essenziali per potere andare alle urne. A dirlo è stata ieri la ong Human Rights Watch (HRW).
“La Libia oggi non potrebbe essere più lontana dal garantire il rispetto della legge e dei diritti umani per non parlare poi delle condizioni richieste per convocare delle libere elezioni” ha detto in una nota Eric Goldstein, vice direttore di HRW per il Medio Oriente e il Nord Africa. “Le autorità – ha aggiunto Goldstein – devono garantire la libertà di riunione, di associazione e di parola a tutti coloro che partecipano alle elezioni”. Una precondizione fondamentale poi per andare alle urne, continua la ong statunitense, è poi che la magistratura possa risolvere le dispute. Ma ciò non avviene in Libia dove il sistema giudiziario è “sul punto di collassare”.
Di diverso avviso è però l’Onu e i vari attori locali che con le urne vogliono cercare di risolvere l’impasse in cui si trova il fragile governo di unità nazionale. Le Nazioni Unite, che lo hanno sponsorizzato nel 2016, sono favorevoli a indire nuove elezioni entro quest’anno qualora ci fossero le necessarie condizioni legislative e di sicurezza. A ribadire questa posizione è stato ieri l’inviato Onu nel Paese, Ghassan Salame. Parlando al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’alto diplomatico internazionale ha detto che “libere e credibili elezioni” in Libia nel 2018 sono “una massima priorità”.
Il processo di registrazione per il voto è iniziato lo scorso dicembre anche se non è stata finora stabilita una data per le (eventuali) elezioni. Né, tantomeno, è chiaro con quale ordine avverranno le elezioni locali, parlamentari e presidenziali. Nonostante le tante incognite su una possibile votazione, le Nazioni Unite sottolineano come l’alto processo di registrazione per il voto (più di 2,4 milioni di persone si sono iscritte nel Paese per votare alla commissione elettorale) sia una “prova” del desiderio dei libici di recarsi alle urne. Non sono dello stesso avviso i diversi analisti che invece sottolineano come questi numeri non si tradurranno necessariamente in un’alta affluenza elettorale a causa delle precarie condizioni di sicurezza. Nella sola ultima settimana, infatti, si sono continuati a registrare scontri sanguinosi tra opposte fazioni armate nelle città di Sabha (a sud) e a Derna (ad est).
Di Libia è stato costretto a parlare ieri l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, sotto inchiesta per un caso di corruzione. Il quotiano francese Le Figaro riferisce che l’ex leader transalpino ha detto ai magistrati che le accuse di fondi illeciti libici per la sua campagna elettorale del 2007 sono solo “bugie” che hanno reso la sua vita un “inferno” e che gli hanno causato la sconfitta alle presidenziali del 2012. Secondo gli inquirenti francesi, Sarkozy è sospettato di corruzione passiva, un reato che, se provato, potrebbe costargli fino a 10 anni di carcere.
La magistratura francese indaga sulle dichiarazioni di un faccendiere che dice di aver portato cinque milioni di euro da Tripoli a Parigi tra la fine del 2006-inizio 2007 per consegnarli a Claude Guéant, tra i fedelissimi dell’ex presidente. Sarkozy trascinò in guerra nel marzo del 2011 prima gli Stati Uniti, poi l’Inghilterra e anche l’Italia con il consenso dell’allora capo di stato Giorgio Napolitano, del Pd, e infine di Silvio Berlusconi il cui governo diede il via libera ai bombardamenti aerei italiani. Nena News