A sette anni dall’inizio della guerra civile, la Libia si prepara al voto nel 2018. Il futuro ha però ancora molte incognite e le possibilità di uscita dalla crisi e di soluzione pacifica della guerra non sono elevate
di Francesca La Bella
Roma, 21 febbraio 2018, Nena News - Il 17 febbraio ricorreva l’anniversario della rivoluzione libica. L’anniversario di quel sommovimento che, appoggiato dalle forze internazionali, portò alla caduta di Muhammar Gheddafi e del suo governo e che diede inizio alla lunga guerra civile che ancora oggi insanguina il territorio libico.
Le piazze di tutte le principali città si sono riempite di manifestanti e in occasione delle celebrazioni in molti hanno preso parola sulle prospettive politiche a sette anni dall’inizio di quel processo. Il futuro ha, però, ancora molte incognite e, nonostante sia stata pianificata entro la fine del 2018 l’indizione delle elezioni di primo ministro e parlamento, le possibilità di uscita dalla crisi e di soluzione pacifica della guerra non sembrano essere elevate.
Dal punto di vista elettorale, la campagna è ancora agli inizi. Secondo quanto comunicato ai media nazionali, a mezzanotte del 15 febbraio la Commissione Elettorale Nazionale ha chiuso il processo di registrazione degli aventi diritto al voto raggiungendo un totale di 2,4 milioni di elettori registrati. Al totale mancano, però, ancora i libici residenti all’estero per i quali la scadenza di registrazione cade alla fine di febbraio.
Nel mentre è iniziato il dibattito sulle possibili candidature. E’ notizia di pochi giorni fa che Aquila Saleh, presidente del parlamento libico con sede a Tobruk, ha affermato la candidabilità sia di Khalifa Haftar sia di Saif al Islam Gheddafi. Nel primo caso, il generale dovrebbe svestire l’abito militare per poter concorrere alle elezioni mentre, per quanto riguarda il secondo, la concessione della grazia permette al figlio del colonnello Gheddafi di riottenere tutti i diritti per l’elettorato passivo.
La candidatura di Fayez al Sarraj sembra, invece, scontata nonostante i risultati poco soddisfacenti del suo governo e la palese impossibilità di trovare un accordo con le forze avversarie anche nelle fasi più difficili della lotta alla Stato Islamico.
Le differenze tra i diversi candidati e le divisioni tra i partiti non possono essere fatte rientrare nella normale contesa politica elettorale e numerose problematiche potrebbero portare a un posticipo o un annullamento della tornata elettorale. L’inviato Onu Ghasan Salame avrebbe, a tal proposito, espresso i suoi dubbi sulla capacità dei partiti libici di andare alle urne. Prima delle votazioni una nuova legge elettorale dovrebbe essere preventivamente approvata dalla Camera dei Rappresentanti in consultazione con l’Alto Consiglio di Stato, come prescritto dall’accordo politico libico di Skhirat.
Il raggiungimento di questo obiettivo potrebbe, però, incontrare diversi ostacoli. La resistenza di Tobruk rispetto ad un Governo di Accordo Nazionale mai riconosciuto, la volontà di Haftar di arrivare al momento delle elezioni forte di conquiste politiche e territoriali così come le reticenze del Gna e di Sarraj ad aprire spazi di dibattito con le altre forze politiche potrebbero incidere negativamente su questo processo. Allo stesso modo, la discesa in campo di Saif al Islam Gheddafi apre alla possibilità di un ritorno sulla scena politica dei gruppi ancora fedeli al colonnello che dal processo “rivoluzionario” sono usciti indeboliti, ma non distrutti.
A riprova delle evidenti difficoltà di mediazione tra le parti si può portare l’esempio del tentativo egiziano di riunificazione delle forze armate libiche. L’iniziativa, che mira a delineare la struttura dell’esercito unificato libico, dopo numerosi incontri tra gli ufficiali di Tripoli e Tobruk sembra essere quasi giunta a conclusione, ma molti aspetti sono ancora indefiniti: quale autorità avrà il controllo dell’esercito; la relazione tra l’istituzione militare e potere civile; la questione embargo; la capacità di tenuta dell’accordo in mancanza del controllo continuo di un partner straniero.
Il dibattito sulla creazione di un unico esercito libico apre anche un’importante finestra su un’altra delle principali problematiche che incideranno sul dibattito elettorale: le ingerenze straniere. Se l’Egitto si è fatto portatore di questa iniziativa e fin dagli inizi ha svolto un ruolo centrale nelle dinamiche interne libiche, anche altri Paesi hanno inciso e vorranno incidere sui caratteri della transizione libica.
Da un lato le forze interne cercano padrini stranieri a cui appoggiarsi per imporre con maggior vigore la propria posizione e mantenere le commesse commerciali necessarie per finanziare la guerra e i programmi di sviluppo interno. Dall’altro, in sette anni di guerra civile, le forze europee e alcune potenze internazionali come Stati Uniti, Russia e Cina hanno cercato di saldare nuove alleanze in un Paese centrale per flussi energetici, rotte migratorie ed equilibri d’area. In questo senso gli accordi firmati tra il Ministro degli Interni Marco Minniti e Al Sarraj sul controllo dei flussi migratori o la richiesta di Haftar a Mosca per la costruzione di una base russa nella Libia orientale sono pezzi dello stesso quadro che, saldandosi con le dinamiche interne, determinerà l’evoluzione del dibattito dei prossimi mesi. Nena News
Francesca La Bella è su Twitter @LBFra