Le variabili esterne sembrano destinate a mutare nel breve periodo e nelle prossime settimane potremmo assistere ad un’evoluzione della situazione libica e ad un riassestamento degli equilibri a favore delle regioni orientali
di Francesca La Bella
Roma, 23 gennaio 2017, Nena News - L’attuale situazione libica presenta caratteri di difficile interpretazione. Per quanto molti elementi contribuiscano ad un quadro di incipiente mutamento, sembra persistere una generale impasse della politica interna. Numerosi sono sicuramente gli eventi che hanno attraversato le ultime settimane come l’autobomba esplosa a poca distanza dall’appena riaperta ambasciata italiana a Tripoli, il tentato colpo di Stato a Tripoli o l’ultimo attacco statunitense sotto amministrazione Obama alle postazioni dello Stato Islamico nell’area limitrofa a Sirte. Parallelamente si è assistito alla crescente presenza sulla scena politica internazionale del generale dissidente Khalifa Haftar che, oltre ad aver avuto importanti incontri al vertice come quello con il presidente russo Vladimir Putin, ha cavalcato l’onda di sfiducia nei confronti del premier Fayez al Sarraj dichiarando che chi si è schierato con il Governo di Accordo Nazionale (Gna), come l’Italia, ha sbagliato parte della storia. Benché questi eventi abbiano una rilevanza in sé, essi non costituiscono, però, un significativo mutamento della situazione sul terreno. Possono, invece, essere letti come parti di un quadro in lenta preparazione che potrebbe portare, per la prima volta dopo anni, ad un reale mutamento della situazione libica.
Nei mesi passati, infatti, molti sono stati gli eventi che hanno cambiato il contesto d’area in cui la situazione libica si inserisce, andando a rafforzare la posizione del generale Haftar e di Tobruk. Nuovi finanziatori, tra cui la Cina, si sono affacciati al mercato libico andando a portare i propri fondi nella regione Cirenaica e molti attori internazionali hanno espresso il loro appoggio in maniera più o meno palese per il Governo di Aquila Saleh di stanza a Tobruk. Attraverso il sistema di alleanze tessuto da Haftar con il sostegno egiziano e l’enorme potenziale contrattuale dato dal controllo della mezzaluna petrolifera, il Generale sembra essere riuscito, progressivamente, a riconquistare la legittimità perduta con gli accordi di Skhirat. La vittoria di Tripoli contro lo Stato Islamico a Sirte e la presenza degli Stati Uniti al fianco del Gna hanno, però, ritardato il collasso del Governo internazionalmente riconosciuto, permettendo ad Al Sarraj di rimanere alla guida del Paese nonostante la palese debolezza.
Le variabili esterne sembrano, però, destinate a mutare nel breve periodo e, grazie alla mediazione/direzione egiziana, potremmo assistere nei prossimi mesi ad un radicale mutamento della situazione interna libica. Il neo-presidente Trump, a differenza del suo predecessore, potrebbe scegliere di avallare la strategia russa ed egiziana, sostenendo la non-ingerenza ed Haftar. In questo senso diventa significativo l’incontro tenutosi questo sabato al Cairo a cui hanno partecipato i Ministri degli Esteri di Egitto, Tunisia, Algeria, Ciad e Niger oltre a rappresentanti libici, il Segretario generale della Lega Araba Ahmed Abul-Gheit, l’inviato dell’Unione Africana Jakaya Kikwete e l’inviato speciale Onu per la Libia Martin Kobler. Durante il decimo incontro dei Paesi confinanti con la Libia, il messaggio è stato univoco e indirizzato a porre fine ai negoziati per iniziare a lavorare per una soluzione del conflitto. Il Ministro degli Esteri egiziano ha, inoltre, ribadito la contrarietà ad una soluzione militare e il sostegno all’accordo di Skhirat. Un passaggio importante in quanto non viene negata la valenza del tentativo di unità nazionale, ma si mette, anche se non esplicitamente, in dubbio la guida di questo processo, aprendo ad un dialogo preferenziale con Tobruk.
Nelle prossime settimane potremmo, dunque, assistere ad un’evoluzione della situazione libica e ad un riassestamento degli equilibri a favore delle regioni orientali, ma questo non deve far pensare che un semplice mutamento al vertice possa portare la stabilità statuale persa dopo la caduta di Muhammar Gheddafi. Per quanto Tobruk, sostenuto diplomaticamente e finanziariamente a livello internazionale e solido sul proprio territorio, possa avere la capacità di allargare la propria sfera di influenza al di fuori dei confini della Cirenaica e prendere la guida del Paese, molti gruppi come le milizie di Misurata potrebbero scegliere di non avallare il progetto del Generale, creando nuove falle nella sicurezza del Paese. Nonostante questo, se davvero Haftar dovesse riuscire a prendere la guida del Paese, il mutamento sarebbe radicale. Da un lato, la relazione Libia-Egitto ne uscirebbe enormemente rafforzata con immediate ricadute positive su entrambi i mercati, in particolare nel settore degli idrocarburi. Dall’altro, la lotta contro le fazioni islamiche diventerebbe ancor più cruenta e non farebbe distinzione tra ciò che è Stato Islamico e ciò che non lo è, creando i presupposti per una repressione di ampio raggio sul modello egiziano.
Francesca La Bella è su Twitter @LBFra