Il leader di Hezbollah ha dichiarato che lo “la caduta dello Stato Islamico di Iraq e Siria è inevitabile” e ha invitato gli israeliani a “chiudere gli aeroporti e porti nella Palestina Occupata” perché saranno colpiti dai missili dei combattenti sciiti. Ieri, immediate le risposte dei qaedisti di an-Nusra (“la vera battaglia in Libano deve ancora iniziare”) e del Ministro dei Trasporti israeliano Katz (“se ci attaccano, raderemo al suolo il Libano”)
di Roberto Prinzi
Roma, 5 novembre 2014, Nena News – I qaedisti di an-Nusra non hanno impiegato molto tempo a rispondere al leader di Hezbollah, Sayyed Hasan Nasrallah, che lunedì, in una rara apparizione pubblica, aveva detto che il suo movimento sta vincendo in Siria e che “la caduta dello Stato Islamico di Iraq e Siria è inevitabile”
E’ stato proprio il leader Abu Mohammed al-Jolani a occuparsi della faccenda. Ieri, intervistato da una emittente del gruppo jihadista, al-Jolani non ha usato giri di parole: “la vera battaglia in Libano deve ancora iniziare e quella che verrà sarà così amara che Hasan Nasrallah si morderà le mani per il rimorso di ciò che ha fatto ai sunniti”. “Il Fronte an-Nusra a Qalamoun – ha aggiunto in modo inquietante – ha sorprese nascoste per il partito iraniano [come i jihadisti chiamano Hezbollah, ndr]”.
Una minaccia, quella qaedista, che viene solo poche ore dopo che il leader del “Partito di Dio”, in una rara apparizione pubblica lunedì in occasione della festa sciita dell’ ‘Ashura’, aveva sostenuto che i jihadisti saranno sconfitti nella regione. Nasrallah ha affermato che l’attuale agitazione in Medio Oriente è “politica” e non “settaria”. “Rappresentare il conflitto in corso come una battaglia tra sciiti e sunniti è un grosso errore” ha poi ribadito ieri in un discorso televisivo. Il capo di Hezbollah ha quindi invitato ad abbassare i toni dello scontro: “Mi rivolgo agli sciiti della regione: dovete capire che i sunniti non sono i nostri nemici. Non siamo in guerra con loro”. E poi: “E ai sunniti della regione dico: gli sciiti non sono in guerra con voi. Noi combattiamo insieme i gruppi fondamentalisti come lo Stato Islamico di Iraq e Levante (Isil)”.
Da circa due anni i miliziani di Hezbollah combattono in Siria contro le forze di opposizione al regime del Presidente Bashar al-Asad. Una ingerenza, quella dei combattenti sciiti, duramente criticata da diverse forze politiche libanesi che accusano il “Partito di Dio” di essere responsabile degli attentati terroristici che dilaniano il “Paese dei Cedri”. Attacchi brutali compiuti da gruppi jihadisti (come an-Nusra e l’Isil) nei quartieri meridionali di Beirut e ai check point militari a confine con la Siria. Alle esplosioni bisogna poi aggiungere i duri scontri che insanguinano la Valle della Bekaa dove il movimento sciita ha un forte sostegno.
Nei suoi discorsi di lunedì e martedì Nasrallah ha voluto offrire il ramoscello d’ulivo anche agli arci-rivali del Movimento “Futuro” guidati Sa’ad Hariri. Il capo sciita li ha lodati per l’atteggiamento costruttivo assunto durante la recente crisi a Tripoli e li ha invitati a iniziare un dialogo. “Divergiamo su molte questioni e differiamo nelle nostre analisi sia locali che regionali. A volte siamo nemici e rivali, ma la nostra religione ci insegna a ringraziare e a lodare chi ha a cuore il bene nazionale – ha detto Nasrallah che poi ha aggiunto – negli ultimi giorni i nostri alleati di coalizione ci hanno detto è giunta l’ora in cui si instauri un dialogo tra noi e il Movimento Futuro. Noi siamo pronti a farlo”. Parole apprezzate, sebbene accolte dai suoi oppositori con qualche riserva. “Non c’è alcun dubbio che le osservazioni di Nasrallah siano positive quando prova a ridurre le tensioni tra sciiti e sunniti”, ha dichiarato al quotidiano libanese “The Daily Star” il parlamentare del “Futuro” ‘Ammar Houri. Tuttavia, ha detto che il suo blocco [Alleanza 14 Marzo, ndr] ha bisogno di tempo per valutare la sua offerta.
Seppur “pacificata”, resta tesa la situazione a Tripoli nel nord del Paese. Da quando è divampata la guerra civile in Siria, la seconda città libanese è teatro spesso di scontri violenti tra i sostenitori del regime siriano di al-Asad e i suoi oppositori. Due settimane fa, in una conflitto a fuoco durato tre giorni consecutivi, sono morti 11 militari, 8 civili e una ventina di fondamentalisti islamici. C’è poi la questione dei 27 soldati rapiti da an-Nusra e “Stato Islamico” lo scorso agosto nella battaglia di Ersal a confine con la Siria. Tre prigionieri finora sono stati giustiziati (due di questi sono stati decapitati).
Da più di due mesi i familiari dei militari bloccano le strade cercando di richiamare l’attenzione dei politici locali sul tragico destino dei loro cari. Ma la classe politica, sorda e indifferente alle richieste dei suoi cittadini, appare più interessata ai giochi politici interni relativi all’elezione del Capo dello Stato (la carica è vacante da maggio) e all’estensione della legislatura (stamane è stata prolungata di due anni e mezzo con 95 voti a favore e 2 contrari) denunciata con forza dai cittadini. Una rabbia giusta e comprensibile quella dei familiari, ma inaccettabile quando ha dato vita a pogrom fascisti contro i rifugiati siriani visti tout court come “jihadisti” o come loro sostenitori. Un Paese, il Libano, che ospita in condizioni vergognose oltre un milione di siriani sfuggiti alle barbarie della guerra.
Siriani visti da molti come “nemici” anche perché “rubano il lavoro” (non suona a noi tutto ciò familiare?) perché i padroni e padroncini locali preferiscono sfruttare la manodopera a basso costo dei disperati siriani (anche dei bambini) che quella, altrimenti più remunerata, libanese. E poi c’è la crisi economica che strozza la classe media: da mesi insegnanti e sindacati sono in agitazione e chiedono un notevole aumento salariale. Una battaglia coraggiosa che finora non ha dato i risultati sperati perché, nelle sede istituzionali, nessuna forza politica sembra interessata a porre il tema del lavoro al centro della propria agenda politica.
Eppoi non sono mancate in questi ultimi quattro anni “scaramucce” con Israele.
Già, il “nemico” Israele. Nel suo discorso Nasrallah non poteva dimenticarsene.“La nostra lotta è contro i fondamentalisti [islamici] che vogliono annientare tutti coloro che non sono come loro ed Israele” ha detto ieri. Poche settimane fa un alto ufficiale dell’esercito israeliano aveva sostenuto che il “Partito di Dio”, in un eventuale conflitto con lo stato ebraico, avrebbe potuto colpire l’aeroporto di Ben Gurion vicino a Tel Aviv e il porto di Haifa. Il leader sciita ha ieri confermato queste parole. Rivolgendosi agli israeliani ha, infatti, dichiarato: “dovreste chiudere i vostri aeroporti e porti perché non c’è posto nella Palestina Occupata [Israele e i Territori Occupati palestinesi, ndr] dove i missili della resistenza non possono arrivare”.
Nasrallah ha poi mostrato i muscoli affermando che il suo movimento è forte nel sud del Libano e che il gruppo è pronto a combattere. “Israele sa – ha minacciato – che andare in guerra contro la resistenza avrà un caro prezzo perché siamo più determinati e forti e, inoltre, abbiamo maggiore esperienza [rispetto al conflitto del 2006, ndr]”. Una dichiarazione, quest’ultima, che pare essere presa sul serio anche da alcuni esponenti dell’esercito israeliano. Da mesi, infatti, non pochi alti ufficiali di Tel Aviv sostengono che le capacità militari del movimento sciita sono migliorate grazie all’“esperienza acquisita in Siria” e invitano il governo Netanyahu a prestare molta attenzione perché in un futuro attacco allo stato ebraico – giudicato però “non immediato” – Hezbollah potrebbe provare a conquistare le aree a nord di Israele e colpire vaste zone del Paese.
Ma il linguaggio bellicistico trova sempre in Israele ottimi sfidanti. E, infatti, alle minacce di Nasrallah ha prontamente risposto il Ministro dei Trasporti, Yisrael Katz. Riguardo al possibile lancio di missili sul territorio israeliano, Katz ha sgombrato il campo da ogni equivoco: “per fugare qualunque dubbio a riguardo, Nasrallah il cordardo sbruffone dovrebbe sapere che questa è una opzione che non esiste” ha scritto sul suo account Facebook. E poi, con la solita pacatezza di toni per cui si contraddistingue il governo israeliano di estrema destra, ha aggiunto: “se questo scenario si dovesse materializzare, raderemo al suolo il Libano! Noi lo riporteremo al periodo medioevale e [Nasrallah] sarà sepolto sotto le pietre”. Ai posteri l’ardua sentenza. Nena News