La formazione alleata dell’Esercito libero siriano vuole Saja al-Dulaimi, ex-moglie del “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi arrestata dalle autorità libanesi nel novembre scorso, assieme ad altre quattro prigioniere. L'”emiro” di Qalamoun al-Shami concede una visita di tre ore ai familiari degli ostaggi e minaccia Hezbollah in diretta tv
della redazione
Roma, 20 luglio 2015, Nena News – Tre soldati rapiti un anno fa in cambio di cinque affiliate di al-Nusra nelle carceri libanesi. E’ l’offerta fatta da Abu Malek al-Shami, il cosiddetto “emiro” di Qalamoun leader della formazione integralista operante in Siria e legata ad al-Qaeda, alle autorità di Beirut in un’intervista rilasciata sabato sera al canale libanese MTV.
Al-Nusra, che tiene in ostaggio 25 soldati libanesi da ormai un anno, non ha chiesto il rilascio di una persona qualunque: vuole Saja al-Dulaimi, ex-moglie del “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi, ora sposa di uno dei leader dell’organizzazione, arrestata a novembre con una delle sue figlie nella cittadina libanese di Arsal dopo che era entrata in Siria con documenti falsi. La donna, una delle 150 rilasciate dalle prigioni siriane a marzo dello scorso anno in un accordo di scambio con 13 suore catturate a Maalula da al-Nusra, è considerata una “figura di potere” all’interno dell’organizzazione di stampo qaedista.
Subito dopo l’arresto della donna, il gruppo jihadista aveva ucciso uno dei soldati rapiti nel sanguinoso attacco dell’agosto 2014, quando centinaia di miliziani avevano fatto irruzione nella cittadina di frontiera di Arsal sequestrando una trentina tra soldati e poliziotti e lasciando sul terreno 42 civili, 17 soldati e un numero imprecisato di miliziani uccisi. Tre soldati erano stati decapitati subito dal gruppo qaedista e pochi altri rilasciati: il resto è rimasto per mesi ostaggio del difficile negoziato tra Beirut e al-Nusra.
Prima Nusra aveva chiesto – tramite la mediazione del Qatar – la liberazione di alcuni suoi detenuti; poi, complice l’arrivo dell’inverno e le conquiste di Assad sul versante siriano, aveva cambiato strategia, tentando disperatamente di negoziare un “corridoio umanitario” dalle montagne frontaliere ai campi di rifugiati intorno ad Arsal in cambio dei militari rapiti. Poi l’uccisione di un altro soldato, che aveva abbassato il numero degli ostaggi a 25, di cui – secondo l’AFP – 16 si troverebbero nelle mani di al-Nusra mentre il resto in quelle dell’Isis.
Alle famiglie dei soldati, che da mesi protestavano contro l’inefficienza dello Stato nel far liberare i propri cari, sabato scorso è stata data una flebile speranza: una visita di tre ore agli ostaggi in una grotta nelle montagne di Qalamoun, durante la quale è stata registrata l’intervista ad al-Shami in cui si chiede lo scambio di prigionieri. Una visita unica nel suo genere, cui probabilmente non farà seguito alcun accordo nell’immediato. Alle difficoltà oggettive di negoziare con i gruppi jihadisti, infatti, si aggiunge la profonda divisione delle forze politiche locali, con una delle fazioni principali del Paese dei Cedri, Hezbollah, contraria al negoziato con i tagliagole islamisti e sempre più impegnata al fianco del regime di Damasco nella lotta ai gruppi ribelli siriani.
E proprio a Hezbollah si è rivolto al-Shami ai microfoni di MTV, quando ha minacciato di invadere i villaggi della valle della Bekaa in rappresaglia all’intervento del Partito di Dio nel conflitto siriano. “Credete che le famiglie delle vittime siriane – ha dichiarato ai microfoni dell’emittente – rimarranno in silenzio? State trascinando il Libano nell’abisso. Entreremo e ci vendicheremo sui villaggi sciiti”. Una minaccia facilmente realizzabile, mentre è in corso la sanguinosa battaglia che vede impegnati esercito siriano e Hezbollah nella riconquista di Zabadani, ultimo avamposto della ribellione anti-Assad al confine con il Libano. Nena News
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