Con un comunicato il governo di Manama ha rivendicato il possesso di alcune aree attualmente sotto il controllo di Doha. La dichiarazione è solo l’ultimo attacco di un Governo che cerca di capitalizzare la crisi creatasi con il Qatar per un potenziamento del proprio potere dentro e fuori dai confini nazionali
di Francesca La Bella
Roma, 8 novembre 2017, Nena News – Per quanto la notizia non riscuota più le attenzioni degli analisti internazionali, la crisi scoppiata alcuni mesi fa con la marginalizzazione del Qatar e la creazione di due blocchi mediorientali contrapposti non si è sopita e trova nuova forza in diatribe locali che potrebbero sembrare di secondo piano. Queste ultime sono, però, la spia di dinamiche di potere in veloce mutamento che avranno necessariamente un risvolto diretto sia sulle relazioni tra le Nazioni dell’area sia sulle sorti delle minoranze presenti nei diversi Paesi.
Esempio emblematico di questa situazione è la disputa territoriale che coinvolge Qatar e Bahrain. Con un comunicato pubblicato dall’agenzia di stampa nazionale Bahrain News Agency, il Governo di Manama, sabato scorso, ha rivendicato il possesso di alcune aree attualmente sotto il controllo di Doha. La legittimità delle rivendicazioni bahrainite viene fatta derivare sia da motivazioni storiche sia da condizioni contingenti. Secondo quanto affermato nel comunicato, infatti, le aree contese sarebbero state sottratte al Bahrain durante diverse fasi del ‘900 e Manama avrebbe soprasseduto dall’avviare azioni dirette alla ripresa dei territori in ossequio alle necessità di mediazione all’interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Ad oggi, però, le premesse sarebbero mutate drasticamente a causa dell’atteggiamento e del ruolo ricoperto nell’area dal Qatar.
Il comunicato, in tal senso, motiva la volontà di intraprendere delle azioni concrete con la necessità di tutelare la popolazione qatariota dalle scelte del suo stesso governo. Doha viene, infatti, accusata di aver supportato il terrorismo sostenendo forze ribelli all’interno di altre Nazioni, come nel caso dello stesso Bahrain, di aver riconosciuto la cittadinanza ad individui accusati di terrorismo nei loro Paesi di origine e di essersi legata a quello che viene considerato il principale supporter del terrorismo mondiale, l’Iran.
Ciò che il governo di Manama dimentica di ricordare è che la competenza territoriale di Doha sulle aree contese è stata sancita da una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 2001. Un organo sovranazionale rispondente a logiche impermeabili all’influenza di un Paese come il Qatar. Laddove sottolinea il sostegno del Qatar alle opposizioni bahrainite ed ai movimenti ricompresi nell’ampia definizione di “Primavera Araba”, vengono, inoltre, tralasciate le motivazioni delle mobilitazioni ed il radicamento sociale di singoli e gruppi mobilitatisi nel 2011 etichettando il tutto con lo stigma del terrorismo. In questo modo l’attacco a Doha diventa un attacco alle proprie opposizioni che, complici di potenze straniere, tenterebbero di sovvertire l’ordine interno mettendo in pericolo il bene comune del Paese.
Quest’ultima dichiarazione è, però, solo l’ultimo attacco al Qatar di un governo che cerca di capitalizzare la crisi creatasi per un potenziamento del proprio ruolo. Nella stessa ottica devono, infatti, essere letti sia l’arresto di due presunte spie qatariote in territorio bahrainita sia la minaccia di non partecipare al Consiglio di Cooperazione del Golfo di dicembre se dovesse essere confermata la presenza di Doha. Nonostante la presa di distanza di molti Paesi dal Qatar con l’espulsione dei suoi ambasciatori e il blocco dei commerci, intorno al Paese del Golfo si è creata un’area di sostegno che ne sta, anche se solo in parte, preservando il ruolo internazionale.
Gli stessi Stati Uniti, dopo un iniziale sostegno incondizionato alle scelte saudite, hanno continuato a rifornire di armi e investimenti Doha. Parallelamente la volontà accentratrice dell’Arabia Saudita chiude i margini di movimento degli altri Paesi e se, alcune aree territorialmente più distanti e con un ruolo storico rilevante, come l’Egitto, mantengono proprie politiche indipendenti, i Paesi del Golfo rimangono schiacciati in questo conflitto. In questo senso, il Governo di Manama sembra voler sfruttare il residuo isolamento del Qatar per porre gli alleati davanti ad una scelta e acquisire rilevanza sia all’interno delle dinamiche del Golfo sia a livello più ampio.
Il riassestamento in atto non sembra, però, lasciare spazio ai protagonismi minori che, cercando di guadagnare il più possibile dal processo in corso rischiano di scatenare solo piccole guerre che indeboliscono loro stessi a favore a potenze d’area capaci di una visione d’insieme a lungo termine degli effetti del mutamento delle alleanze e delle strategie. Nena News
Francesca La Bella è su Twitter @LBFra