A riferirlo è il portavoce del presidente Erdogan. Tuttavia, secondo un ufficiale del governo, è “estremamente improbabile che nessun risultato verrà fuori dai negoziati in corso tra le due parti”
di Roberto Prinzi
Roma, 12 aprile 2016, Nena News – Riconciliazione tra Israele e Turchia? Possibile, ma solo se sarà tolto l’assedio a Gaza. Questo, in sintesi, il messaggio del portavoce del presidente turco Erdogan, Ibrahim Kalin. “Quello che succede a Gaza è inaccettabile, l’occupazione israeliana deve terminare” ha detto ieri Kalin sottolineando la grave situazione umanitaria nel piccolo lembo di terra palestinese. A dividere principalmente le due parti è la richiesta turca di mandare una nave per rifornire di energia la Striscia che soffre di lunghe ore di black out ogni giorno a causa dell’assedio imposto dallo stato ebraico nove anni fa. Una proposta, finora, sempre rigettata con forza dal governo Netanyahu.
Di “ostacoli” che dividono le due capitali ha parlato anche un ufficiale turco al quotidiano filo governativo Daily Sabah. “Non concordiamo al 100%” ha detto il rappresentante del governo. Tuttavia – ha poi aggiunto - è “estremamente improbabile” che nessun risultato verrà fuori dai negoziati in corso tra Tel Aviv e Ankara”. “Nessuno vuole che questa situazione continui ancora più a lungo – ha rivelato la fonte al giornale turco – se Israele ci permette di mandare la nave per rifornire di energia il Mediterraneo orientale, i rispettivi ambasciatori ritorneranno a servire i due Paesi in men che non si dica”.
Israele e Turchia hanno una lunga storia di alleanza alle spalle. Ankara è stato il primo stato a maggioranza musulmana a riconoscere Israele nel 1949 [un anno dopo la fondazione di quest’ultimo, ndr]. I rapporti si sono però bruscamente interrotti il 31 maggio 2010 quando 9 cittadini turchi a bordo della nave Mavi Marmara – che tentava di rompere l’assedio dello stato ebraico su Gaza – sono stati uccisi da un commando israeliano. L’episodio sanguinoso aveva portato Ankara e Tel Aviv a richiamare i rispettivi ambasciatori e a ridurre la rappresentanza diplomatica nelle ambasciate dei due Paesi. L’ostilità tra turchi e israeliani aveva dato vita, in più di un’occasione, ad una guerra di parole in cui le due parti si accusavano reciprocamente per le loro politiche. A far infuriare le autorità israeliane, inoltre, vi è poi la libertà d’azione che Ankara concede ad Hamas (“terroristi” per lo stato ebraico) sul suo territorio nazionale.
Di riavvicinamento tra Turchia e Israele si parla ormai da tre anni. Un primo tentativo di porre fine alle divergenze tra i due paesi fu promosso dal presidente Usa Barack Obama nel marzo del 2013. Per non far indispettire troppo l’alleato statunitense, il premier Benjamin Netanyahu decise di chiedere ufficialmente scusa per le vittime della Mavi Marmara. Ma chi pensò che quello poteva segnare un nuovo inizio nelle relazioni tra i due Paesi si sbagliò di grosso: per mesi, infatti, la situazione restò in stallo. Un passo in avanti fu registrato solo nel dicembre del 2013 quando la Turchi abbassò le sue richieste di compensazione per le vittime della Mavi Marmara. Nel febbraio 2014, secondo alcuni media, Tel Aviv ha offerto 20 milioni alle famiglie delle vittime turche. Qualche mese dopo (aprile 2015) l’allora premier turco Recep Tayyep Erdogan dichiarava in una intervista televisiva che l’intesa sarebbe stata imminente. L’annuncio, però, non sarebbe stato seguito dai fatti nemmeno quella volta. Un passo in avanti verso il disgelo è stato compiuto lo scorso giugno in un vertice a Roma tra il direttore generale del ministero degli esteri israeliano Dore Gold e il sottosegretario Feridun Sinirlioglu.
La notizia non è stata mai confermata da nessuna delle due parti, ma da allora annunci di una intesa “ormai prossima” si sono ripetuti con costanza. A far riavvicinare gli ex-alleati è stata soprattutto la questione siriana e le conseguenze dell’intervento diretto russo nel Paese arabo. I dissidi tra Turchia e Russia (con la prima che sostiene le fazioni ribelle e la seconda che è schierata con al-Asad) hanno creato un problema di non piccolo conto ad Ankara che dipende fortemente dalle risorse di gas russo. “Ankara ha bisogno di fonti alternative di energia nel caso in cui la Russia si rivolga all’Iran” ha detto l’analista turco Ankarali Jan sul portale Middle East Eye. Jan è però convinto che tra Turchia e Israele presto ritornerà il sereno. “L’obiettivo del partito Akp [la compagine politica di Erdogan e dal 2002 alla guida del Paese, ndr] è stato sin da subito quello di stabilire rapporti con lo stato ebraico. Persino prima di salire al potere, l’ex presidente Gul e Erdogan ebbero rapporti con la lobby israeliana negli Usa”.
L’eventuale riavvicinamento tra Turchia e Israele mostra quanto la retorica di Erdogan pro-Palestina sia solo frutto di un cinico calcolo politico: utilizzare la causa palestinese, molto sentita a livello popolare, solo per accreditarsi come leader del mondo sunnita. Al di là delle dichiarazioni bellicose, frutto principalmente di propaganda politica che di effettivo ostracismo, i rapporti tra israeliani e turchi non sono mai stati del tutto interrotti, ma sono proseguiti sottobanco lontani dal clamore mediatico.
Ad esprimere forte contrarietà a qualunque normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi è l’organizzazione Ihh che nel 2010 organizzò quella che si rivelà la tragica Flottilla diretta a Gaza. “Una delle prime richieste di tutti i partecipanti, di tutte le famiglie e dei membri della Mavi Marmara – spiega il direttore dell’Ihh Huseyn Oruc – fu allora la fine dell’assedio sulla Striscia. Ora questo punto non rientra nei negoziati e Israele dice che mantenere il blocco è un loro diritto”. “Pertanto – conclude Oruc - se l’accordo ci sarà senza questa clausola sarà inaccettabile“. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir
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