L’oceanica folla riversatasi a Yenikapı sembra aver tramutato un giorno di festa in nome della democrazia in una kermesse nazionalista dai toni nostalgici di un passato tutt’altro che moderato
di Francesco Pongiluppi
Roma, 10 agosto 2016, Nena News – Il fallito golpe ai danni dell’attuale establishment ha rafforzato, in queste settimane di giubilo islamo-nazionalista, tanto l’immagine del suo draconiano leader quanto quei sentimenti conservatori già tristemente noti nella storia politica turca. Se già la celebrazione della “democrazia” ha visto esclusi i rappresentanti del Hdp – il partito che alle ultime elezioni ha raccolto oltre cinque milioni di voti tra le minoranze e gli ambienti progressisti del paese – la dialettica e la scenografia offerte dalla regia di Yenikapı ritraggono orizzonti ben lontani da una riconciliazione nazionale pluralistica e inclusiva.
Sebbene la compartecipazione all’evento degli altri due partiti d’opposizione segnali un processo conciliativo intrapreso dal governo turco – passo sottolineato con enfasi dallo stesso Erdoğan- allo stesso tempo ritrae una maggioranza poco incline a qualsivoglia compromesso.
La partecipazione del Chp e del Mhp alla manifestazione di Yenikapı può essere vista in due modi. Da una parte, vi è la volontà di non lasciar monopolizzare la piazza a Erdoğan e di non rischiare dunque di perdere ulteriori elettori; il leader del Akp basa infatti attualmente la sua dialettica su temi particolarmente cari ai due partiti, dalla lotta al Pkk alla riabilitazione dei quadri militari kemalisti, fino all’affermazione del paradigma nazionalista.
Dall’altra vi è la consapevolezza, da parte di questi due soggetti politici, di poter galleggiare in quanto forza d’opposizione, ovvero poter curare il proprio giardino senza dover costruire un valido progetto alternativo al governo: progetto funzionale, questo, al sistema democratico del Paese con cui Erdogan può legittimare il suo potere all’estero.
La caccia alle streghe in corso in Turchia tra arresti, licenziamenti e confische, lascia infine sul piatto un’importante torta, quella della rete “gulenista”, un network con radici in ogni settore economico del Paese. Non vi è alcun dubbio che tra i finanziatori del Chp e del Mhp ci siano cordate di imprenditori pronti a tutto di fronte a una così ghiotta occasione. Il “dolce” da spartirsi è composto da una miriade di soggetti economici che operano dal settore formativo a quello produttivo e finanziario. Il rischio che la maglia clientelare con cui il sistema Akp ha costruito il suo dominio politico ed economico possa allargarsi, è estremamente alto.
L’apparente conciliazione tra Akp, Chp e Mhp nella congiunta partecipazione alla manifestazione di Yenikapı, dunque, ha regalato alla Turchia l’immagine di un Paese ancora pesantemente ancorato a logiche settarie e slogan nazionalisti. Quest’immagine vede la propria sintesi nell’emarginazione del partito Hdp nell’occasione appena citata.
D’altronde, come leggere l’analogia espressa da Erdoğan tra il sentimento dei manifestanti “pro-democrazia” e la conquista turca di Costantinopoli del 1453? Era forse quella una guerra di Liberazione? Il turcologo obietterà argomentando l’importanza nella cultura turca di tale evento. Discorso legittimo, se si considera la “cultura turca” come sincrasi di oralità, letteratura e folklore, probabilmente. Ma sulla cultura politica di una repubblica che celebra la “vittoria” della democrazia non dovrebbe esserci spazio per tali analogie, soprattutto in un Paese che ha al suo interno una minoranza, quella romea e grecofona, diretta discendente dei bizantini sconfitti nel 1453. Una minoranza che nel Novecento tra conflitti, politiche razziali e pogrom, ha visto il suo numero diminuire da qualche milione a qualche migliaio di individui. E poco importa se in piazza erano presenti anche le autorità greco ortodosse del Paese.
È lo stesso Erdoğan a complimentarsi con i cittadini accorsi in piazza apostrofando l’oceanica folla come un’unica nazione, tek millet, in barba ai tanti colori che dipingono un territorio che dalla Tracia fino alla Mesopotamia ha per secoli ospitato una miriade di diverse culture.
A confermare che il momento per una riconciliazione politica -ma anche storica- tra le tante anime della Turchia non sia ancora arrivato, ci pensano gli elettori del Akp. È di queste ore un suggestivo quanto agghiacciante leitmotiv in circolazione tra i social network, costituito da un poster raffigurante l’immagine di guerrieri ottomani con tre date simbolo della costruzione della “nazione turca”: 1453, anno della Conquista di Costantinopoli; 1915, anno dello sterminio delle minoranze cristiane d’Anatolia; infine 2016, l’anno della rinascita della tek millet. Nena News