La stampa israeliana rende noto il piano votato dal governo Netanyahu domenica: 5mila dollari al Rwanda per ogni richiedente asilo deportato. Così il premier prova a scavalcare la Corte Suprema
della redazioneRoma, 22 novembre 2017, Nena News – La vita di un migrante africano, di un richiedente asilo, in Israele vale 5mila dollari. Quelli che saranno girati al Rwanda perché accetti i rifugiati presenti oggi in territorio israeliano e minacciati di deportazione. A dare i numeri è l’emittente tv israeliana Canale 10: l’operazione di deportazione comincerà nelle prossime settimane, prevedrà anche un “pocket money” al migrante di 3.500 dollari e – aggiunge il quotidiano Haaretz – dovrebbe escludere donne e bambini.
Per anni, fino alla costruzione del muro e delle barriere di divisione con l’Egitto, Israele è stato meta di migliaia di rifugiati africani, fuggiti per lo più da Eritrea e Sudan in cerca di rifugio da guerre, fame e persecuzioni: oggi sono 40mila, di cui 27.500 eritrei e 7.800 eritrei. Vivono in condizioni pessime, quasi del tutto privati della possibilità di presentare domanda d’asilo (dal 2009 solo 10 rifugiati hanno ricevuto lo status di rifugiato, secondo l’Unhcr), con in mano solo un foglio che ne attesta un generico diritto di protezione – a scadenza – e impossibilitati a ricevere servizi dallo Stato. Non possono lavorare e quelli che vengono assunti in nero ricevono stipendi risibili.
Da tempo Israele prova a liberarsene, violando la convenzioni internazionali sui rifugiati e sfruttando la rabbia dei quartieri, come quelli a sud di Tel Aviv, dove i rifugiati africani si concentrano. La destra di governo e quella esterna al parlamento cavalca e, anzi, accende il disagio economico delle classi basse gettando la colpa della miseria e del degrado sui migranti. Riuscendoci: da anni ormai si assiste a manifestazioni anti-rifugiati e ad aggressioni fisiche.
Poche settimane fa la stampa israeliana aveva dato la notizia di una soluzione individuata dal governo Netanyahu per deportare i richiedenti asilo, senza dover passare per la revisione della legge del 2014 bocciata dalla Corte Suprema. Quella legge prevedeva la consegna di 3.500 dollari a chi se ne va volontariamente (15mila quelli che avrebbero già accettato) o la prigione di Holot, centro di detenzione nel deserto, per chi rifiutava. Ma l’Alta Corte si è messa di traverso: deportazioni vietate se i paesi in cui sono diretti non li vogliono.
Da qui l’idea del premier Netanyahu: inviarli in un paese terzo con cui stringere un accordo di deportazione. Quel paese pare essere il Rwanda a cui andranno 5mila dollari per ogni migrante accettato. Si parla anche dell’Uganda, con cui i vertici israeliani hanno discusso l’ultima volta a settembre a New York, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Denaro e più generali aiuti economici, soprattutto in campo agricolo, per “liberare” Israele da quelli che definisce “infiltrati”.
Domenica il governo israeliano ha votato la chiusura del centro di detenzione di Holot, dove vivono oggi oltre mille rifugiati. Dovrebbe definitivamente chiudere a marzo e chi vi “risiede” sarà costretto a scegliere se andarsene volontariamente in un paese africano o finire in una prigione israeliana.
“Come membro della Convenzione sui Rifugiati del 1951, Israele ha l’obbligo legale di proteggere i rifugiati e altre persone bisognose di protezione internazionale”, protesta l’agenzia Onu Unhcr. Che negli anni passati ha già calcolato le deportazioni illegali: tra dicembre 2013 e giugno 2017, Israele ha deportato almeno 4mila persone, tra sudanesi ed etiopi, tra Rwanda e Uganda. Nena News