La decisione, presa dal ministro dell’Istruzione Gallant, giunge a una settimana di distanza dal duro attacco del direttore della ong israeliana B’Tselem che aveva definito Israele uno stato d’apartheid
della redazione
Roma, 19 gennaio 2021, Nena News – La vendetta è servita. Ieri il ministro dell’istruzione israeliano Gallant ha ordinato di impedire alle scuole di ospitare organizzazioni che trattano i soldati israeliani “con disprezzo e definiscono Israele uno stato d’apartheid”. L’annuncio di Gallant giungeva poco dopo la protesta alla Knesset dei membri del partito di destra Likud (quello del premier Netanyahu) contro Hagai el-Ad per l’invito ricevuto da quest’ultimo a parlare via Zoom agli studenti di una scuola di Haifa. La scorsa settimana el-Ad, direttore dell’ong umanitaria israeliana B’Tselem, aveva definito Israele “stato d’apartheid”.
La direttiva del ministero dell’istruzione afferma che per chi usa per lo stato israeliano “nomi falsi e dispregiativi” o lo definisce “d’apartheid” non sarà consentito “l’ingresso nelle istituzioni educative israeliane”. La disposizione riprende nei fatti legge passata nel 2018 che vietava a “Breaking the Silence” (organizzazione di ex soldati che denunciano le pratiche dell’occupazione israeliana nei Territori palestinesi) di visitare le scuole per denunciare la violazione nei diritti umani compiuta dall’esercito di Tel Aviv in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.
La decisione del ministero dell’Istruzione è stata criticata dall’organizzazione Adalah che ha chiesto a Gallant di annullare la sua decisione su al-Ed. “Il ministro – ha scritto l’ong che si occupa dei diritti della minoranza araba in Israele – non ha autorità legale per impedire alle organizzazioni umanitarie di incontrare gli studenti semplicemente perché hanno criticato la definizione d’Israele come stato sionista, per la sua continua occupazione dei territori palestinesi o perché lo definiscono un regime d’apartheid”.
Nonostante il divieto di Gallant emesso domenica, el-Ad di B’Tselem è comunque riuscito a parlare agli alunni della scuola di Haifa. Il quotidiano Haaretz riferisce che la scuola aveva invitato anche Nave Dromi (un’editorialista di destra) e due avvocati per parlare dell’occupazione israeliana in Cisgiordania. In una nota, l’istituzione scolastica ha fatto sapere che crede nel “pluralismo, nella libertà di espressione e opinione”. “Da anni – si legge in un suo comunicato – presentiamo ai nostri studenti varie opinioni relative all’intero spettro politico”.
B’Tselem è in prima linea nel denunciare le violazioni contro i palestinesi, nel documentare le demolizioni delle loro case e l’espansione delle colonie ai loro danni. La scorsa settimana, in un articolo pubblicato sul britannico The Guardian, el-Ad ha scritto: “Chiamare le cose con il loro nome – apartheid – non è un momento di disperazione: piuttosto è un momento di chiarezza morale, un passo di un lungo cammino guidato dalla speranza”.
Sempre la settimana passata, l’organizzazione aveva pubblicato anche un rapporto in cui definiva Israele uno stato d’apartheid dal fiume Giordano al mar Mediterraneo, evidenziando come gli israeliani abbiano gli stessi diritti politici e lo stessa possibilità di accedere ai servizi sia se vivono dentro Israele che nella Cisgiordania occupata. “Cosa che è invece negata ai palestinesi”, ha commentato l’ong che ha sottolineato come “l’attuale Israele e i Territori palestinesi sono organizzati secondo un solo principio: avanzare e cementificare la supremazia di un solo gruppo – gli ebrei – sopra un altro, i palestinesi”. “Geograficamente, demograficamente e fisicamente parlando – afferma ancora il rapporto della ong – il regime permette agli ebrei di vivere in un’area contigua in cui si hanno pieni diritti, tra cui quello dell’autodeterminazione, mentre i palestinesi vivono in unità separate e godono di meno diritti”. “Questo – conclude B’Tselem – qualifica questo regime come uno d’apartheid,